Renzi e Berlusconi: due destini incrociati

sabato 5 luglio 2014


Qualcuno dice che Renzi e Berlusconi siano due facce della stessa medaglia: il primo ha avuto successo proprio nel momento in cui ha imitato lo stile comunicazionale del secondo, mentre quest’ultimo è crollato nei consensi quando si è avviluppato in contraddizioni e spaccature che hanno tipicamente sempre afflitto l’altra metà del campo. In ultima istanza, se Renzi ha vinto imitando Berlusconi, qualcuno potrebbe insinuare che le ultime elezioni europee le abbia vinte ancora Silvio sotto le mentite spoglie di Matteo. La tesi è affascinante e simpatica, ma cela una drammatica verità: avendo mutuato ognuno i vizi dell’altro, i destini dei due leader sono ormai tragicamente incrociati, tanto che ognuno rischia paradossalmente di fare la morte dell’altro.

La sinistra, che finalmente ha un front-man in grado di fare presa nel Paese e semplificare il campo in senso maggioritario, rischia di morire di promesse non mantenute; mentre il centrodestra, che teoricamente avrebbe il programma del 1994, rischia di morire lacerato da litigi, divisioni e contraddizioni perché non ha un volto nuovo in grado di fare sintesi (e Berlusconi sembra non bastare più).

La sinistra ha una faccia, Renzi, che si è imposta con il mito di un linguaggio nuovo, della velocità e delle cose concrete, ma dietro l’hashtag, lo slogan, le slides e l’annuncio c’è veramente poca ciccia e molte bugie cui è stato “#cambiato verso” trasformandole in verità.

Prendete la storia della flessibilità e della fantomatica concessione della Cancelliera tedesca, descritta come stregata dalle riforme italiane. Trattasi di una colossale bufala smentita dal testo delle raccomandazioni fatte all’Italia dal Consiglio Ue (controfirmate dal consapevole Renzi) e ribadita dalle dichiarazioni del gruppo nordeuropeo del Partito Popolare Europeo all’atto dell’insediamento del semestre italiano di Presidenza Ue. Nessuna flessibilità, l’Italia rispetti i patti.

Il nostro premier, invece, canta vittoria badando al suo rafforzamento personale e poco importa se ci vorrà una legge finanziaria da 20 miliardi di euro (10 miliardi per finanziare i famosi 80 euro, 5 miliardi per spese indifferibili come le missioni internazionali e altri 5 miliardi per abbassare il deficit) per tamponare le falle. La flessibilità non esiste e ciò comporta che se i dati macroeconomici (crescita, Pil, debito pubblico) vanno sotto le stime indicate nel Documento di Economia e Finanza, saranno necessari degli aggiustamenti per centrare i parametri imposti dai patti di stabilità. Ma il premier tace sull’argomento, spargendo ottimismo.

Per Renzi abbiamo il vento in poppa e che importa se per Confindustria il Pil crescerà dello 0,2 per cento (per l’Istat tra - 0,1 per cento e + 0,3 per cento) nel 2014 e dell’1 per cento nel 2015 (ampiamente sotto le previsioni del Governo), che importa se il nostro debito pubblico non fa che salire toccando il 135 per cento del Prodotto interno lordo (nei primi quattro mesi del 2014 è cresciuto quanto in quasi tutto il 2013), che importa se la crescita è zero (o forse ha il segno meno), che importa se la spending review è solo una slide e se i pagamenti della Pubblica amministrazione vanno con una lentezza imbarazzante: la gente applaude come le foche al circo, il capocomico fa ampi inchini e domani si vedrà.

Per ora tiriamo alle foche plaudenti (ma non a tutte) il pesciolino da 80 euro e diciamo pure che avrà effetti importanti sui consumi: basterà negare quanto afferma il rapporto del Centro Studi Confindustria, sperare che il disastro arrivi il più tardi possibile e trovare qualcuno cui dare la colpa. Gli italiani sono un popolo di distratti, perché altrimenti avrebbero dovuto chiedere al premier com’è possibile parlare di effetto 80 euro di fronte ad un’inflazione così bassa, a consumi che nel 2014 crescono dello 0,1 per cento e ad un tasso di mortalità degli esercizi commerciali così elevato (secondo Confcommercio, per ogni apertura ci sono due chiusure). Sono questi gli effetti benefici sui consumi? La disoccupazione aumenta al 12,6 per cento? Che ti frega, #cambiaverso! I pensionati italiani sono i più tartassati d’Europa e hanno visto la loro pensione svalutata del 7,5 per cento in tre anni? #senzapaura! Le imprese chiedono una riduzione fiscale e per tutta risposta ricevono l’obbligo del bancomat, con costi aggiuntivi per 5 miliardi l’anno? Problemi vostri, #lasvoltabuona! Insomma, un hashtag ci\lo seppellirà prima o poi.

Problema opposto, invece, sul versante Forza Italia: Berlusconi un programma ce lo avrebbe pure (è ancora attuale, rivoluzionario e con la garanzia di Antonio Martino), ma non si arrende al fatto che avrebbe bisogno di forze fresche pronte a tirare la carretta. È per questo che si ostina a circondarsi di cerchi magici, di “numeri due” rigorosamente cooptati e per questo servili e “senza il quid”, non accorgendosi che ciò contribuisce a sfaldare il centrodestra, creando da una parte la totale anarchia di soggetti che creano partitini all’insegna del “si salvi chi può” e dall’altra una corte dei miracoli che, con la scusa dell’affetto e della protezione, lo isola dal suo popolo commissariandone le scelte.

E così, in un momento in cui il Partito Democratico sublima la propria vocazione maggioritaria, nel centrodestra c’è chi vuole fare il centro (Alfano) e chi vuole fare la destra (Meloni) non capendo che sono concetti inadatti ad un mondo che si muove a velocità impressionanti e nel quale si sta o di qua o di là senza schemi tardo novecenteschi, odiosi e vecchi almeno quanto la parola “moderato”. Ovvio che ciò accada quando manca il manico ed implica che lo step successivo non possa che essere il “tutti contro tutti” all’interno del partito con annesso sbracamento sulla linea politica. Prendete ad esempio la vicenda sui diritti degli omosessuali: tutto inizia dallo strappo di Francesca Pascale e Vittorio Feltri, che decidono di aderire ad arcigay per esprimere simbolica vicinanza alle “battaglie in favore dell’estensione massima dei diritti civili e della libertà”.

Sono affezionato a Feltri, per cui non credo si tratti di una tattica molto poco “feltriana” per insinuarsi nel cerchio magico accucciandosi ai piedi del Cavaliere come afferma qualcuno. Credo piuttosto che si tratti di autentica convinzione liberale e di un modo tutto “feltriano” di scuotere il partito, favorire il dibattito e rompere le uova nel paniere del campo avverso rimediando magari qualche “vaffa” così da poter dimostrare che a sinistra ci si considera monopolisti dei diritti civili e professionisti poco inclusivi della libertà (a parole).

Fin qui nulla di male (anzi), se non fosse che Berlusconi, tirato per la giacchetta dalla fidanzatina, per istinto di protezione verso la di lei scelta ed ancora una volta senza consultare nessuno, abbia dichiarato che “quella dei diritti civili degli omosessuali è una battaglia che in un Paese moderno e liberale dovrebbe essere un impegno di tutti”. Questo è un gesto politico divisivo perché fatto non da Feltri o Pascale ma dal leader di un partito di centrodestra che finisce per trasformare Forza Gnocca in Forza Cristiano Malgioglio, così per capriccio. Battute da avanspettacolo a parte (e se ho offeso qualcuno me ne scuso), questo è un comunicato stampa che, se non fosse stato firmato da Berlusconi, sarebbe stato attribuibile a Vendola oppure a Paolo Ferrero, ma non al capo del centrodestra che così rischia di passare da Vladimir Putin a Vladimir Luxuria.

In ballo non ci sono i sacrosanti diritti delle coppie omosessuali, ma l’annullamento di una visione di centrodestra sul tema che si differenzi da quella di sinistra, ad esempio, allor quando si arriva ai matrimoni o alle adozioni. Una dichiarazione del genere equivale invece ad appiattirsi sulle posizioni della sinistra mentre, in un mondo fin troppo popolato da genitori 1 e 2 e da ignoti 1 e 2, i genitori bisogna che siano quanto più possibile noti (e di genere diverso) e che le coppie gay abbiano una forma di riconoscimento diverso dal matrimonio (che è altra cosa). Le dichiarazioni del Cavaliere denotano una confusione ed improvvisazione tipica di chi presta facilmente il fianco al malizioso, il quale si domanderà se Berlusconi parli ancora a nome suo o se sia imboccato da altri e quindi non più leader.

Così non va; sarebbe opportuno un minimo di ordine nel centrodestra, perché altrimenti il futuro è quello di non vincere mai, di vivere in balìa dei Rossi e Turigliatto di turno e di trovare qualcuno che, come Nanni Moretti, inviti a dire qualcosa di centrodestra senza equilibrismi sciatti.


di Vito Massimano