sabato 28 giugno 2014
Matteo Renzi è chiamato alla prova dei fatti. Nei giorni degli incontri con i massimi leader europei il Premier ha dovuto dismettere i panni del comunicatore per vestire quelli, ben più scomodi, dello statista.
Di là dalle dichiarazioni ufficiali, bisognerà attendere che la polvere si posi in terra per vederci chiaro sugli effettivi risultati raggiunti. Ci vorranno, cioè, alcuni giorni per capire se il muro innalzato dalla signora Merkel e dall’establishment “eurocratico” di Bruxelles a difesa delle politiche di austerity intraprese dalla Ue sia destinato a tenere o se, invece, le incrinature provocate dagli esiti delle ultime elezioni riescano a farlo crollare, anche solo parzialmente.
Noi italiani dobbiamo sperarlo con convinzione perché se così non fosse, se le aperture annunciate dalla cancelliera tedesca dovessero rivelarsi soltanto fumo negli occhi, per il nostro Paese si metterebbe male. A quel punto non basterebbe la simpatia guascona di Renzi ad appagare le aspirazioni degli italiani. La situazione economica e sociale resta pesantissima, oltre ogni ragionevole ottimismo. Sono di questi giorni i numeri sull’occupazione forniti dal Centro studi di Confindustria che raccontano di un milione di posti di lavoro andati perduti dall’inizio della crisi. A questi ci permettiamo di aggiungere tutti quelli persi, e non sono pochi, dal circuito parallelo dell’economia sommersa. Senza fare gli ipocriti dobbiamo ammettere che se, in passato, il “sistema Italia” non sia esploso, nonostante i dati macroeconomici non fossero brillanti, è perché c’era una corrente carsica di produzione della ricchezza “nera” che ha contribuito, insieme a quella di superficie, a tenere in equilibrio le dinamiche sociali.
Di questo ne erano consapevoli tutti: la politica, la burocrazia, il Fisco, la Guardia di finanza e anche la Magistratura. Benchè non una vera e propria congiura del silenzio, è evidente che vi sia stato un gentlemen’s agreement volto ad evitare l’accanimento nell’azione di contrasto ad un fenomeno che resta espressione di illegalità. La motivazione in sé “nobile” di dare priorità alla difesa dell’ordine e della quiete sociale è stata la pezza cucita sul buco di molte coscienze. Ma la monodopera espulsa dal mercato “nero” del lavoro si è trasformata in una massa di “invisibili”, pronta a materializzarsi nel momento di implosione del meccanismo di tenuta della società civile. E il momento del “big bang” non è così distante.
Ora, se Matteo Renzi non dovesse riuscire a spuntare, in sede europea, decisioni certe in materia di flessibilità nell’interpretazione del patto di stabilità, saranno guai seri per tutti noi. Ancor di più, se non dovesse convincere gli altri partner che l’euro, nonostante le manovre della Bce, resta una moneta troppo forte per sistemi industriali, come tra gli altri quello italiano, che hanno bisogno di competere sul mercato globale per potere sperare di rilanciarsi, la tanto invocata crescita non ci sarà. I media, servitori a tempo pieno dei “poteri forti”, consapevolmente operano per oscurare la realtà. Si ostinano, ad esempio, a non raccontare di un fenomeno in crescita che si pensava fosse stato superato da molti decenni: l’emigrazione.
Oggi la crisi occupazionale delle giovani generazioni sta trovando una sua parziale soluzione mediante l’espatrio di nostri connazionali, che si muovono per assenza assoluta di prospettive di lavoro. Non si tratta esclusivamente di fuga di cervelli. Ormai a puntare la propra verso altri lidi sono anche quei ragazzi che hanno interrotto gli studi dopo il diploma. Per costoro lasciare il Paese significa la possibilità di crearsi altrove un reddito e, insieme, una prospettiva di vita fondata sulla dignità della persona. Quella medesima dignità che è stata cassata dalle politiche asfittiche dei nostri ultimi governi. Per una nazione civile si può concepire tradimento più grande verso i suoi cittadini? Matteo Renzi non ci è simpatico. Non riusciamo ad essere attratti dal suo fascino. Non condividiamo le idee di fondo, le strategie e le modalità d’approccio della sua politica. Tuttavia, non siamo autolesionisti. Abbiamo a cuore il futuro del nostro Paese. Per questa ragione, nella partita aperta nelle ultime ore a Bruxelles, siamo con lui, dobbiamo esserlo nel momento più difficile della nostra storia collettiva. Tertium non datur.
di Cristofaro Sola