Il “Soccorso Azzurro”
per le partite Iva

sabato 28 giugno 2014


Nell’ambito del Tribunale Dreyfus per le vittime della malagiustizia, il “Soccorso Azzurro” non poteva non occuparsi dei lavoratori autonomi, delle cosiddette partite Iva. Nei confronti di questi lavoratori, infatti, lo Stato italiano nel tempo ha perpetrato una vera e propria discriminazione rispetto ai lavoratori dipendenti pubblici e privati. Un’ingiustizia motivata dal pregiudizio, da un’errata concezione del lavoro d’impresa, da una deformazione addirittura culturale del nostro sistema burocratico e fiscale.

In Italia, se nella vita hai avuto la ventura di fare la libera professione, il commerciante, l’artigiano, il micro-imprenditore, insomma di inventarti da solo come sbarcare il lunario e produrre reddito per te, per la tua famiglia e per i tuoi collaboratori, sei automaticamente un evasore, perché ti fai la dichiarazione dei redditi da solo e non hai il sostituto d’imposta, sei erroneamente considerato un ricco o comunque un benestante e quindi un privilegiato, perché hai un tuo esercizio commerciale, una tua impresa o uno studio professionale e per questo la devi pagare.

Essere lavoratore autonomo in Italia è una condizione che genera, come riflesso incondizionato, la diffidenza da parte dello Stato e del suo esercito: la burocrazia e il fisco. La legislazione italiana, ispirata da questa deformazione culturale, ha prodotto un mostruoso groviglio di norme e regolamenti attuativi. Lo Stato-piovra ha moltiplicato i suoi tentacoli con innumerevoli centri di costo e livelli di potere burocratico; di fatto lo Stato italiano ha messo in ginocchio, come sudditi, chi vuole fare impresa. I pochi che riescono a produrre, nonostante lo Stato e la sua giungla, sono il bersaglio principale dell’Agenzia delle entrate che, attraverso una assoluta disparità di potere a suo favore, domina sulla vita e sulla morte di milioni di contribuenti italiani rei di avere una partita Iva.

A pagare per questa ingiusta discriminazione non sono le grandi imprese che succhiano il nettare dello Stato con i grandi appalti pubblici, o i superprofessionisti oramai consolidati, o i veri grandi evasori, ma i 3 milioni e mezzo di persone che si sono aperti una partita Iva per sopravvivere e che oggi sono i nuovi poveri, o comunque la parte meno garantita nel mondo del lavoro. Non sorprendono allora i dati offerti dalla Cgia di Mestre: nel 2013 il popolo delle partite Iva è crollato, dal 2008 al 2013 hanno cessato l’attività ben 400mila lavoratori indipendenti.

Quelli che resistono sono cittadini italiani che tirano la cinghia, lavorando sempre, senza ferie pagate, senza Tfr, senza ammortizzatori sociali e casse integrazioni, gente che non può guardare con serenità al proprio presente ma neanche al proprio futuro perché, anche sulla previdenza, per loro ci sono molte meno garanzie. Milioni di lavoratori che si alzano presto la mattina e che tornano tardi la sera e che ogni mese debbono inventarsi come resistere al fallimento. Qui non si stratta di metter contro i lavoratori autonomi ai dipendenti pubblici o privati, ma di tentare di eliminare un’assurda impostazione culturale, che si è tradotta in leggi, che, di fatto, hanno creato indigenza, sofferenza, fallimenti e, purtroppo, disperazione e suicidi. Già, perché a suicidarsi per la disperazione ed il fallimento economico sono nella stragrande maggioranza proprio i lavoratori autonomi.

Con il “Soccorso Azzurro” per le partite Iva il Tribunale Dreyfus vuole raccogliere episodi emblematici di vessazione dello Stato e del suo esercito - burocrazia e fisco - nei confronti di questi cittadini; accendere il faro sulla discriminazione subìta dalle partite Iva, in qualità di contribuenti, nei confronti del potere debordante dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia, ma anche dell’Inps in materia previdenziale. Con lo sguardo rivolto in primis ai partiti d’ispirazione liberale, vogliamo soprattutto offrire al legislatore soluzioni pragmatiche e riforme attuabili a costo zero, per liberare il collo dei lavoratori autonomi dal cappio dello Stato. Vogliamo contribuire a sradicare l’odioso pregiudizio statalista nei confronti dei lavoratori indipendenti, per restituire alla creatività imprenditoriale italiana, a cui si deve la gran parte del Prodotto interno lordo e dell’occupazione, il ruolo che merita.

L’obiettivo è quindi - non da ultimo - anche culturale: allo Stato non si chiedono prebende o favori, ma semplicemente il rispetto dovuto a chi produce reddito e posti di lavoro in Italia, in tempo di crisi.


di Andrea Bernaudo