martedì 24 giugno 2014
Ecco un esempio di esame di maturità, ma anche di qualsiasi altro livello, che una vera scuola dovrebbe fare e non fa, ad ogni studente. L’insegnante parla: “Abbiamo due ore di tempo, e nessuno ci disturberà. Io sono pronto. Tu sei pronto?
Allora parlami di ciò che sai, di ciò che ti è piaciuto di più in questi anni, di ciò che pensi e speri di continuare a studiare, ad approfondire, a vivere, quando sarai uscito da questa Scuola. Oppure, se preferisci, parlami di ciò che non sai, di ciò che vorresti conoscere meglio, molto meglio di quanto siamo riusciti a dirti. Puoi farmi domande, e puoi fare pause, puoi leggere il libro e i libri che hai davanti. Sarei felice davvero di sapere che io, che noi, che questa Scuola, ti abbiamo dato il piacere di imparare. Dai.” La scuola italiana non ha insegnato ai docenti ad amare l’insegnamento e ha ridotto l’apprendimento alle umilianti prove che vediamo in questi giorni raccontate alle telecamere.
Ma stavolta non andremo avanti svolgendo un esempio di esame, un esempio di “come si potrebbe fare”. Così ecco la lezione che presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, rivolse a tutti gli studenti americani nel settembre del 2009. Una lezione d’amore, di scambio, una chiamata personale e collettiva. Un abbraccio. Un esame di maturità politica che mai, mai, un Capo di Stato o di Governo della Repubblica Italiana avrebbe potuto, può e potrà donare a tutti i cittadini italiani dai tre anni in su.
Obama disse: “So che per molti di voi questo è il primo giorno di scuola. E per chi è all’asilo o all’inizio delle medie o delle superiori è l’inizio di una nuova scuola, così un minimo di nervosismo è comprensibile. Immagino che tra voi ci siano dei veterani cui manca solo un anno per concludere gli studi, e quindi contenti. E, non importa a quale classe siate iscritti, qualcuno tra voi probabilmente sta pensando con nostalgia all’estate e rimpiange di non aver potuto dormire un po’ di più stamattina. So cosa vuol dire. Quando ero giovane la mia famiglia visse in Indonesia per qualche anno e mia madre non aveva abbastanza denaro per mandarmi alla scuola che frequentavano tutti i ragazzini americani. Così decise di darmi lei stessa delle lezioni extra, dal lunedì al venerdì alle 4,30 di mattina”.
E poi “(…) vi occorreranno la creatività e l’ingegno che vengono coltivati in tutti i corsi di studio per fondare nuove imprese che creeranno posti di lavoro e faranno fiorire l’economia. So che non è sempre facile far bene a scuola. So che molti di voi devono affrontare sfide tali da rendere difficile concentrarsi sui compiti e sull’apprendimento. Mi è successo, so com’è. Mio padre lasciò la famiglia quando avevo due anni e sono stato allevato da una madre single che lottava ogni giorno per pagare i conti e non sempre riusciva a darci quello che avevano gli altri ragazzi. Spesso sentivo la mancanza di mio padre. A volte mi sentivo solo e pensavo che non ce l’avrei fatta. Non ero sempre così concentrato come avrei dovuto. Ho fatto cose di cui non vado fiero e sono finito nei guai. E la mia vita avrebbe potuto facilmente prendere una brutta piega. Ma sono stato fortunato. Ho avuto un sacco di seconde possibilità e l’opportunità di andare al college e alla scuola di legge e seguire i miei sogni. Qualcuno di voi potrebbe non godere di questi vantaggi”.
Infine Obama si rivolse così agli studenti: “(…) quale sarà il vostro contributo? Quali problemi risolverete? Quali scoperte farete? Il presidente che verrà qui fra 20, 50 o 100 anni cosa dirà che avrete fatto per questo Paese? Le vostre famiglie, i vostri insegnanti e io stiamo facendo di tutto per fare sì che voi abbiate l’istruzione necessaria per saper rispondere a queste domande. Mi sto dando da fare per garantirvi classi e libri e accessori e computer, tutto il necessario al vostro apprendimento. Ma anche voi dovete fare la vostra parte. Quindi da voi quest’anno mi aspetto serietà. Mi aspetto il massimo dell’impegno in qualsiasi cosa facciate. Mi aspetto grandi cose, da ognuno di voi. Quindi non deludeteci, non deludete le vostre famiglie, il vostro Paese e voi stessi. Rendeteci orgogliosi di voi. So che potete farlo”.
Così parlò il ragazzo Barack Obama. Così vorremmo commuoverci ascoltando parole d’amore, direttamente dai banchi di scuola di questo nostro Paese.
di Girolamo Melis