sabato 14 giugno 2014
Con i recenti risultati elettorali abbiamo assistito all’esplosione del “fenomeno Salvini”. La buona performance della Lega gli ha fatto guadagnare l’appellativo di “specialista in miracoli”. Ha, infatti, impressionato il tentativo (riuscito) di rianimare il corpo piagato di un partito che, fino a qualche mese fa, era dato per morto. L’affermazione nelle urne deve aver attirato certamente l’attenzione del Cavaliere, il quale mostra sempre sincera ammirazione per i talenti.
Non è dunque un caso se più di un osservatore abbia ipotizzato per il segretario leghista un posto al canapo del palio del centrodestra, tra i purosangue sui quali Silvio Berlusconi voglia puntare. È un ballon d’essai? Può darsi. Tuttavia, bisogna riconoscere a Matteo Salvini il merito di aver centrato alcuni contenuti per il suo potenziale elettorato e di averli portati avanti con coerenza, fino in fondo. Uguale coerenza che, a essere sinceri, non si è vista dalle parti di Forza Italia. Inoltre, il giovane segretario è apparso molto lucido dal punto di vista organizzativo. È un punto a suo favore che vale doppio.
Se, quindi, si dovesse pensare al leader leghista in un’eventuale corsa per la guida della coalizione del centrodestra, a fianco di Berlusconi, la cosa non sarebbe campata in aria. Sarebbe però prematura nell’attuale momento politico, perché il popolo che si riconosce in Forza Italia non è pronto a metabolizzare, per farle proprie, tutte le scelte di cui Salvini si è fatto alfiere. È indispensabile che lui per primo comprenda di trovarsi all’imbocco di un sentiero stretto. Non si tratta solo di riformulare le parole d’ordine per renderle edibili a una platea tradizionalmente meno sanguigna di quella leghista. Il lavoro più importante riguarderà l’individuazione degli assiomi sui quali riconfigurare l’identità della destra politica nel nostro Paese. Non sarà impresa semplice.
Tuttavia, alcuni falsi problemi potranno essere superati con l’aiuto della grande esperienza maturata sul campo da Berlusconi. Altri, invece, richiederanno al movimento leghista, in tutte le sue articolazioni, l’apertura di una stagione di autentico revisionismo ideologico. Qualche esempio. Un nodo da sciogliere sarà l’accusa di aver aperto le braccia al Front National di Marine Le Pen. La questione potrebbe rappresentare un problema solo per quelli che poco o nulla sanno di ciò che accade oltre l’uscio di casa. L’odierno Front National è un soggetto in evoluzione sulla scena politica francese ed europea. L’accostamento potrebbe essere fatto al processo che in Italia, tra gli anni Ottanta e Novanta, ha condotto il Movimento Sociale Italiano a trasformarsi in Alleanza Nazionale.
Berlusconi, che quella travagliata gestazione l’ha osservata da vicino, non dovrebbe perciò mostrare particolare ansia per le frequentazioni lepeniste di Salvini, ben ricordando il grande sforzo compiuto da Gianfranco Fini e dall’intero gruppo dirigente dell’allora Msi nel portare un’appesantita formazione politica, che rischiava la deriva revanscista del neofascismo, a essere invece interprete, nel nuovo millennio, di un’offerta politica spendibile perché sinceramente democratica, costituzionalmente legittima e politicamente in linea con i tempi. Non è escluso, dunque, che la traversata di Marine condurrà all’abbandono definitivo del paradigma ideologico, collocato all’opposizione della Storia e che è stato imposto per anni al Front National dal padre-padrone, Jean-Marie.
Una volta che la Le Pen avrà ultimato la fase di riposizionamento strategico, anche per la destra italiana, il Front National sarà un valido interlocutore. Più complessa è invece la questione del rapporto con il Meridione d’Italia. Soprattutto se posta in relazione con il progetto di destrutturazione programmata del centralismo statalista, che rappresenta, agli occhi della base leghista il portato negativo dell’attuale architettura istituzionale. Vent’anni di insulti hanno lasciato il segno. È quindi necessario che Salvini attivi, in via preliminare, la ricollocazione esatta di tutti i tasselli nel mosaico della Storia. In particolare vadano al posto giusto quelli dei reali rapporti di forza correnti tra gli Stati preunitari. Successivamente, Salvini strutturi una nuova ipotesi federalista, magari riscoprendo Carlo Cattaneo. Se ben spiegato, il progetto potrebbe essere recepito e condiviso dai popoli del Sud con più facilità e immediatezza di quanto si pensi. Salvini ha la stoffa del combattente e questo piace parecchio al Cavaliere il quale, dopo la vicenda Alfano, di salmodianti “assistenti al soglio” ne ha piene le scatole.
Sarà forse per questo che, sulla combinata Berlusconi-Salvini, i bookmakers stiano già accettando le puntate?
di Cristofaro Sola