Bentornata tangentissima!

sabato 14 giugno 2014


Ma che bello! Dopo quasi un ventennio, va nuovamente in scena la “pièce-monstre” di Tangentissima, con tutti (ma veramente tutti!) dentro! Chi a casa propria, agli arresti domiciliari. Altri, già ristretti in carcere, a meditare sui pacchi di soldi nascosti nel giardino di casa. E c’è da dire che, dentro i grandi partiti (Fi e Pd), per correre agli impossibili ripari, ci si spertica in distinguo, perché c’è tangente e tangente, e chi ruba per il Partito, beh, ha diritto a un’esplicita attenuante. Andatevi a leggere il commento di Livia Turco, in proposito, nel quale l’integerrima vetero-stalinista del Pd sostiene che, in fondo, “Così fan tutti”, perché l’italiano medio è spontaneamente tangentaro, all’eterna ricerca di raccomandazioni, da richiedere al politico di turno.

Nemmeno a fare un’analisi decente, sul come e perché, anche stavolta, tutte le maggiori istituzioni di garanzia e repressione dei reati di questo Paese (magistrati ordinari e contabili; generalissimi e alti ufficiali della Guardia di Finanza, ministri, etc.), poste a baluardo della legalità, si trovino tutte lì, a bagno in quella melassa marrone e nauseabonda che, come un mare maligno, bagna ogni angolo della nostra lunga penisola, facendocela sembrare un lunghissimo corpo di reato, senza fine e inizio. E tutti in buona compagnia di una vasta gamma di rappresentanti della così detta “Società Civile”, una sorta di conglomerato composito e imbattibile, in cui svolgono il ruolo di principali azionisti del malaffare imprenditori, politici di fama e professionisti di grido.

Così, qualcuno pensa di rifugiarsi in qualche.. “Cantone”, dando superpoteri a uno dei tanti magistrati fuori ruolo, da santificare e innalzare sugli scudi, confezionandogli un’armatura e uno scudo normativo “ad hoc”, che lo metta al di sopra di tutti gli altri poteri, che lottano contro la corruzione pubblica. Ridicolo, senza dubbio.. Davvero un apparato nuovo di zecca di cento persone (che dovranno essere rodate e sperimentate, nel tempo, nelle nuove funzioni) può fare meglio della rete nazionale di giudici e procuratori (compresa la Direzione distrettuale antimafia), per reprimere reati di assoluta “ordinarietà”? S’interroghi, piuttosto, la politica sulla circostanza della straordinarietà degli interventi connessi con le grandi opere pubbliche che, guarda caso, sono sempre collocati in un’emergenza perenne (anche pluridecennale!), pur di essere abusivamente sottratti alle procedure ordinarie degli appalti pubblici, rispettose delle normative europee e nazionali. Chi, dove, come e perché autorizza scandalosi ribassi d’asta, lasciando che i costi iniziali lievitino in modo abnorme, fino a richiedere aumenti di dieci/venti volte tanto, rispetto agli importi inizialmente previsti? Perché una cosa è verissima: gli appalti pubblici costituiscono da sempre la dorsale economico-affaristica di questo Paese, in cui l’imprenditoria privata è da sempre “assistita”! Sulla miriade di pieghe di leggi, regolamenti, determine dirigenziali, etc. campano di rendita centinaia di migliaia di burocrati, che inflazionano gli uffici tecnici e amministrativi degli enti locali e territoriali, dei ministeri, e di tutti i soggetti pubblici che, in qualche modo e sotto le più diverse forme, gestiscono denaro pubblico, per l’appalto di beni e servizi (teoricamente) d’interesse delle collettività di riferimento e di quella nazionale. Orbene, tutti sanno che l’enorme lievitazione della spesa pubblica è sfacciatamente favorita dalla proliferazione dei centri di spesa e, quindi, delle stazioni appaltanti, che ingigantiscono il rischio di corruzione/concussione dei pubblici impiegati e dirigenti responsabili. Invece di invertire questo segno sciagurato di degrado (fissando, per esempio, rigorosi standard a livello centrale, per quanto riguarda il rapporto prezzo/qualità e tempi relativi per la fornitura dei beni e servizi appaltati), tutto il sistema dei poteri pubblici e degli interessi privati coinvolti tende a esautorare controlli più efficienti e imparziali, a causa di un sistema collusivo pubblico/privato assolutamente capillare.

Ragionevoli alternative e deterrenti sono stati enunciati anche dal collega Galli della Loggia, sul Corsera del 10 giugno scorso, e si orientano, come misura cautelativa, nel mettere “le mani in tasca” ai dirigenti responsabili, che consentono impropriamente, in modo collusivo, la lievitazione dei costi iniziali degli appalti pubblici di competenza. In passato, è esistito uno “Stato leggero” che, attraverso i controlli delle Prefetture -in auge fino allo sciagurato varo delle Regioni, negli anni ’70- sulle spese e sugli atti degli Enti Locali, riusciva, grazie a quell’organismo terzo, a sovraintendere, in modo unitario e uniforme, al controllo formale e sostanziale della spesa locale. Oggi, rivitalizzerei quello schema di allora, ripristinando forme simili di controllo capillare. Basterebbe selezionare un centinaio di alti funzionari pubblici, di provata levatura morale e professionale, per commissariare e gestire tutti gli appalti pubblici degli Enti Locali territoriali, in modo da ridurre drasticamente il numero e la qualificazione dei centri di spesa e delle stazioni appaltanti.

Poi, come misura (ovvero, arma) finale, consiglierei un metodo semplicissimo: l’istituzione di un Albo nazionale dei soggetti appaltatori, italiani ed europei, che ne certifichi: il grado di salute economico-finanziaria; le reali capacità imprenditoriali; le dotazioni strumentali effettive (erogando severissime sanzioni pecuniarie e l’immediata estromissione dall’Albo, in caso di dichiarazioni mendaci e/o fraudolente). Le verifiche sono effettuate, con cadenza periodica prefissata, da un’autorità esterna, con funzioni magistratuali inappellabili, mentre le imprese ammesse all’Albo sono suddivise per classi merceologiche e per la “taglia”, in modo che siano la complessità e il valore dell’appalto pubblico a decidere automaticamente chi abbia le prerogative dimensionali giuste per partecipare alla gara. Dopo di che, per impedire qualsiasi rischio di “cartelli” (o di scambi di favori) tra i soggetti interessati a concorrere a un determinato appalto pubblico, sarà sufficiente procedere per mero sorteggio, tra tutte le imprese iscritte, che abbiano i requisiti richiesti, senza bisogno di una loro candidatura esplicita per la concessione dell’appalto. Sarà il regolamento dell’autorità competente a verificare la congruità e le modalità dell’offerta, le ipotesi di esclusione e, soprattutto, il rispetto del diritto di concorrenza, stabilendo un limite superiore -in base alla taglia e al volume annuale della singola impresa- al valore totale degli appalti ai quali si è ammessi a partecipare, a seguito di sorteggio.

Ovviamente, i rischi di condizionamento mafioso e ambientale non possono essere, comunque, annullati. Un’impresa sorteggiata può presentare offerte sovradimensionate, o non presentarle affatto, in modo da essere automaticamente esclusa dalla rosa dei possibili vincitori. In questo caso, però, tutti devono sapere che, con assoluta, rigorosa certezza, scatteranno -di conseguenza-, in automatico, controlli riservati e approfonditi, affidati alle forze dell’ordine e alla magistratura ordinaria, per stabilire e suffragare eventuali ipotesi di inquinamento e/o condizionamento mafioso dell’appalto incriminato. Di più sinceramente, non saprei suggerire. Di certo, per tutti gli amministratori pubblici e i soggetti istituzionali (qualunque sia il loro livello di responsabilità), giudicati responsabili dei reati di corruzione/concussione, deve scattare, obbligatoriamente, l’esclusione perpetua dai pubblici uffici e, nei loro confronti, vanno essere irrogate sanzioni pecuniarie severissime, per la confisca di beni privati, proporzionalmente agli importi posti a base d’asta delle gare degli appalti pubblici relativi. Presidente Renzi, come la vede Lei?


di Maurizio Bonanni