Bellezza della Politica: modello di insegnante

martedì 10 giugno 2014


Che cosa dovrà imparare a sapere, l’insegnante, per imparare ad insegnare il piacere di apprendere, la responsabilità e la bellezza di sapere? Per seminare e coltivare negli allievi il senso profondo della scuola: cioè il fondamento della comunità?

L’insegnante dovrà sapere, dovrà stare sulla via del conoscere, per il piacere della responsabilità, per assolvere il compito-godimento dell’insegnare, ma poiché dovrà insegnare a sapere e a creare nell’allievo il piacere di sapere e il godimento di saper fare, anzitutto per il proprio piacere prima che per una qualsiasi funzione, ecco allora che il saper insegnare dell’insegnante dovrà essere un tutt’uno col saper diventare la parola dell’altro, l’ascolto dell’altro, cioè dell’allievo.

L’insegnante è il primo allievo di se stesso. L’insegnante dunque dovrà essere il frutto in perenne maturazione di un’educazione pensata e progettata con grande cura. Noi possiamo qui esporre alcuni modelli, o meglio alcuni percorsi di avvicinamento ad un modello di insegnamento/apprendimento strutturato, sia pure con approssimazione. La bella responsabilità della politica avrà poi cura di mettere in atto alcuni modelli operativi.

Il senso di marcia. Il ritorno al passato è prioritario. L’insegnante dovrà immergersi nello straordinario pensiero prodotto dal XX secolo. Dovrà venir aiutato a depurarsi dal tremendo luogo comune che il XX secolo sia il secolo della totale alienazione dell’uomo, del comunismo sovietico e del nazismo, dei gulag e della shoah. Certo che lo è stato e lo stiamo ancora pagando, ma è stato anche il secolo della massima riflessione sul sacro e sul mito, il secolo della crisi delle dottrine e delle ideologie, della storia del corpo e del linguaggio, della scienza e della crisi della prova scientifica, dell’istituzione psicoanalitica e della sua invalidazione, della desacralizzazione del padre, della critica della fuga verso il futuro compiuta nel Novecento, dell’estirpazione delle radici e dell’insorgenza dei nazionalismi e dei localismi, del dominio della seduzione, dell’esplosione del codice duale attraverso le forme di potere e poteri, di massa e potere, di maschile e femminile, di uomo e donna, di famiglia e gruppi, di realtà e rappresentazione.

È stato il secolo della tecnica e della sua identificazione con l’idea di progresso, della morale sostituita al religioso, delle religioni sventrate nel conflitto tra sacro e antropologico. È stato il secolo del nuovo terrorismo: il terrorismo ambientale istituito nell’ecologia e nel salutismo. Il secolo del dominio della finanza sugli Stati. È stato il secolo che ha visto crollare il mito della metafisica sotto le ondate di dubbio scatenate dai grandi pensatori Heidegger, Deleuze, Baudrillard. È stato il secolo della definitiva (?) affermazione del virtuale al reale. eccetera.

L’insegnante deve sapere che il mondo è casa se nasce nella e dalla scuola. Sono indispensabili nuovi programmi di formazione: non solo “nuovi” rispetto ai “vecchi”, ma nuovi nel senso di una varietà e molteplicità. È dunque indispensabile un progetto di ristrutturazione cognitiva: dalla matrice ai processi. È indispensabile la ricreazione del desiderio di conoscenza strutturato al senso di piacere della fatica e dell’impegno. È indispensabile una rivoluzione all’interno della lettura: da strumento finalizzato a fonte permanente di nutrimento e abbeveramento. È indispensabile, salutare, vitale, la ricucitura di quella spaventosa frattura che ha portato in cancrena la cultura, la società, la politica, la generatività della nostra Italia: la frattura tra il “letterario” e lo “scientifico”, metastasi dell’ignoranza, della burocrazia, della legge, d’ogni separazione. Causa prima dell’assenza di una Casa-Italia, di una comunità di fratelli. Casa fatta di mattoni senza calcina.

E, prima e soprattutto, quella autentica rivoluzione scientifica della scuola per liberarsi dal primato della tecnica e dunque dalla mortificante menzogna per cui la tecnica – creazione dell’uomo – ne è diventata padrona e signora.

(*) Nel prossimo incontro parleremo dell’allievo, ma chiudiamo qui affidando all’insegnante una prima prova di identikit di allievo al quale egli dovrà rivolgersi, ascoltandolo e apprendendo da lui l’apprendimento dell’insegnamento. Come, da che cosa, in base a che l’insegnante “valuterà” la persona del suo allievo? proviamo così:

1. Il desiderio.

2. Il senso della bellezza.

3. Lo sguardo su di sé e sull’altro.

4. La predisposizione ad intervenire sui “sistemi” e sui “metodi”.

5. La sensibilità nel vedere se stesso con gli occhi dell’altro.

6. Il godimento nella conoscenza e nella condivisione della bellezza, del piacere, del sapere.

7. L’attrazione per l’ignoto, il “mai pensato”.

8. Il senso dell’assoluto, non come “altro” dal relativo.

9. Il senso della parola. Non come diritto, ma come linguaggio dell’essere.

(continua)


di Girolamo Melis