La riforma della P.A. Vera spending review

martedì 10 giugno 2014


Parlare di riforma della PA senza mettere nel mirino ben definiti obiettivi in termini di risparmio di spesa, per le diverse amministrazioni, è una presa in giro Questa settimana il Consiglio dei Ministri dovrebbe discutere la riforma della pubblica amministrazione. Così almeno ha annunciato il primo ministro un mese fa, quando ha avviato la consultazione pubblica sui 44 punti per la “rivoluzione” della PA, fissando al 13 giugno il Consiglio nel quale quel documento dovrebbe diventare un programma di riforme.

Commentare i 44 punti ci è sembrato a suo tempo inutile, e non solo perché si tratta di un documento/manifesto privo di qualsivoglia valore, ma perché contiene un minestrone di enunciati di cui alcuni in parte già attuali, come quelli relativi alla carriera dei dirigenti, i più inconsistenti. Con quali criteri si voglia “riformare il codice appalti” o “riorganizzare il sistema delle autorità indipendenti” non è dato sapere, così come sfugge la tecnica per riuscire a valutare “seriamente” i risultati del personale.

Non è difficile prevedere che la proposta di leggi obbligatoriamente autoapplicative cada nel vuoto, mentre l’accelerazione della riforma fiscale è un punto in contraddizione con l’ammissione fatta pochi giorni fa da Matteo Renzi di essere in ritardo sull’attuazione della delega.

C’è spazio per tutto, in quella lista, dalla riforma del personale alla riorganizzazione dell’amministrazione alla digitalizzazione, con idee che toccano le amministrazioni centrali, i servizi periferici, le prerogative sindacali, le modalità di acquisto dei beni, i poli museali e le autorità portuali, i giudizi amministrativi e l’avvocatura dello Stato, e così via.

Non è affatto detto che la lista si trasformi in una riforma seria e effettiva. Potrà diventarlo ad una condizione: che i punti che il governo si appresterà a rendere programma di riforma siano uniti da un’unica linea guida, il dovere di risparmiare e di liberare risorse dei contribuenti.

La pubblica amministrazione è una realtà abnorme, fatta di persone, funzioni, compiti, organizzazione, risorse materiali.

E' impossibile porvi mano, se non si parte da una necessità: ridefinirne il perimetro. La riforma della PA non è una questione meramente "tecnica", richiede un ripensamento delle sue funzioni, che a sua volta è la necessaria premessa per una riduzione degli organici e delle risorse strumentali.

Parlare di riforma della PA senza mettere nel mirino ben definiti obiettivi in termini di risparmio di spesa, per le diverse amministrazioni, è una presa in giro: è fare il gioco delle tre carte con le risorse dei contribuenti. Ma discutere di riforma della PA senza porsi la domanda cruciale - che cosa deve fare lo Stato? - è anche peggio: è nascondere la fortezza burocratica dietro il dito della spending review. Ogni passo verso il "rinnovamento" o il "ringiovanimento" della burocrazia, se prescinde da questa domanda, diventa solo l'ennesima strategia d'occupazione della pubblica amministrazione.

Tratto da http://www.brunoleoni.it/


di Giorgio Alfieri