Ultimo tandem a Parigi Draghi, Passera e soci

sabato 7 giugno 2014


Tra Strasburgo e Bruxelles, lì dove il potere eurocentrico si tocca con mano e la gente è ancora adusa a considerare gli italiani come i peggiori cittadini dell’Unione, hanno tirato più d’un sospiro di sollievo all’indomani della vittoria zoppa di Matteo Renzi. Il giovincello, aduso a tirar calci al vento come a far bischerate, ha abilmente rigirato a diluvio consensuale un gramo 40% di voti su uno scarso 56% di votanti: il Partito Democratico di Renzi non conta altro che su una forbice elettorale tra il 22 ed il 25%, ma i non votanti in genere regalano la vittoria all’avversario. Ma chi vuole l’Italia “democrazia bancariamente protetta” ed asservita al “club dell’Euro” s’è detto comunque soddisfatto: le plutocrazie bancarie eurocentriche oggi controllano per intero sia il Partito Democratico che il Nuovo Centrodestra, Unione di Centro, Scelta Civica e cespugli centristi vari. Il controllo dei cosiddetti poteri forti s’estende anche ad un 30% di Forza Italia e partiti collegati. A conti fatti l’Italia è legata mani e piedi alle decisioni dei signori del credito. Gli unici distinti e distanti dai desiderata di Bruxelles sono Silvio Berlusconi (ovvero il 70% di Forza Italia), Movimento Cinque Stelle, Sinistra Ecologia Libertà (il partito di Nichi Vendola), Fratelli d’Italia, Forza Nuova e tutte le sigle a destra di Forza Italia. Una situazione intollerabile per chi nella stanza dei bottoni dell’Unione europea (Ue) vorrebbe l’intero controllo del corpo elettorale italiano, e per scongiurare politiche che consentano un risorgere della concorrenzialità del Belpaese. Ma anche evitare che raccolgano consensi le sigle non prone all’Europa nemica di Vladimir Putin. E sappiamo come gran parte dell’elettorato italiano guardi con più benevolenza alla Russia piuttosto che alle mire egemoniche d’una Germania che, forte dell’appoggio di Usa e Regno Unito, intende mettere le mani sui rubinetti energetici dell’Ucraina.

Oggi il duo Renzi-Napolitano fa dormire sonni tranquilli al “salotto buono” di Strasburgo. Ma domani che succederà? Ecco che i padroni dell’Europa avrebbero già cantierizzato l’avvicendarsi di Mario Draghi al Quirinale e, qualora Renzi soccombesse, di Corrado Passera a Palazzo Chigi. L’Opa (offerta pubblica d’acquisto) di Draghi sulla presidenza della Repubblica è stata lanciata in questi giorni con la “magnanima” operazione della Banca centrale europea che, promettendo svalutazione e tassi bancari vantaggiosissimi, farà illudere parecchi cittadini dei paesi poveri dell’Ue circa una gestione filantropica del credito in Europa. Con molta probabilità si tratta d’un effetto bassa marea: approfittando dell’acqua bassa moltitudini di poveracci s’illuderanno di poter rilanciare commerci ed imprese varie, ma un’improvvisa onda anomala (un vero tsunami finanziario) sterminerà entro il 2020 gli ultimi disperati con partita Iva. Draghi avrà comunque recitato la parte del banchiere buono, e la banda che gestirà il Parlamento gli recherà in dono il Quirinale.

Ruolo minore quello di Passera, che ha già lanciato un’Opa ostile sull’intero centro-destra, spacciandosi come nuovo uomo della provvidenza: e sappiamo come a destra queste interpretazioni piacciano tanto. Ma possiamo equiparare Passera a illustri predecessori come Cavour, d’Azeglio, Giolitti, Mussolini, De Gasperi, Tambroni, Andreotti, Fanfani, Craxi e Berlusconi? Assolutamente no! Gli esempi citati incarnavano personalità libere ed autorevolmente patriottiche. Diversamente Corrado Passera ha lanciato la sua Opa su impulso del “salotto bancario” europeo. Ad essere precisi dopo una riunione informale parigina del “Gruppo dei 30” (il G 30): organizzazione internazionale (apparentemente senza fini di lucro) composta da finanzieri e accademici, creata alla fine degli anni ‘70 su iniziativa di John Davison Rockefeller (ovvero la Rockefeller Foundation). Obiettivo di queste strutture “filantropicamente” bancarie è analizzare le questioni politico-economiche e finanziarie, snocciolandone eventuali aspetti collegati, ovvero l’azione dei governi su scambio di valute, mercati e rapporti tra banche e poteri politici.

Il G30 ha sede a Washington e si riunisce annualmente in forma plenaria, ma negli ultimi tempi i suoi membri s’incontrano tra Strasburgo, Bruxelles e Parigi. Tra i suoi rappresentanti più autorevoli c’è proprio Mario Draghi. Ecco che il tandem Draghi-Passera piace in certi ambienti e prende forma. E se per autorevolezza Draghi verrà calato dall’alto come salvatore dell’Italia e dell’Europa, invece a Passera toccherà cingere il potere dal basso, sforzandosi di raccogliere (anche se con tanta riluttanza) i voti del popolo. Del resto Draghi era già stato inserito nel 2013 tra le 100 persone più influenti del pianeta: classifica attendibilissima, redatta dal “Time” nella categoria “Leaders”, e secondo la rivista “Forbes” risulta essere il nono uomo più potente del mondo. Scoperta dell’acqua fresca più che di quella calda: dal 1984 al ’90 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale, ed in tenera età aveva già fatto parte dei consigli d’amministrazione di Eni, Iri, Banca nazionale del lavoro, Imi… E non dimentichiamo che dal 1993 al 2001 ha presieduto il “Comitato privatizzazioni”. Il buongiorno si vede dal mattino: Draghi ha studiato dai gesuiti all’Istituto Massimo. Vi rammenta qualcuno? A parte Papa Francesco, dai gesuiti ha studiato anche Mario Monti, pioniere di quel salotto che voleva l’Italia “democrazia bancariamente protetta”.

L’Opa sulla nostra rabberciata repubblica assume un particolare carisma di credibilità, specie se si considera che il “testo unico sulla finanza” noto anche come “Legge Draghi” (Draghi l’ha firmata nel 1998) ha introdotto l’attuale normativa per l’offerta pubblica d’acquisto e la scalata delle società quotate in borsa. Ovviamente è una battuta. Ciò non toglie che il futuro potrebbe riservarci una nuova repubblica, a diffusa cultura gesuita ed ancora più “bancariamente protetta”: un bel tris di doppiezza gesuita, Papa Francesco in Vaticano, Draghi al Quirinale e Passera a Palazzo Chigi. Lunga vita a Silvio Berlusconi.


di Ruggiero Capone