“Mamma Rai” per sempre tua!

giovedì 5 giugno 2014


Sei un mancato utente Rai? Allora, per definizione, vai rieducato! Perché, in primo luogo, non paghi l’obolo e, secondariamente, non difendi un bene pubblico ancora più prezioso dell’acqua. Nessuno al mondo che sappia spiegare all’ignaro cittadino per quale motivo ci debbano essere ben tre reti nazionali pubbliche e svariati canali Rai in digitale, in cui al canone si affianca una quota consistente di introiti pubblicitari. Una volta, almeno, negli anni Sessanta del XX secolo, si diceva che la tivù serviva a educare “urbi et orbi” un popolo di analfabeti veri, mentre oggi dovrebbe farlo -altrettanto universalmente- con quelli di.. “ritorno”. Costoro, guarda caso, sono proprio il frutto e la conseguenza di effimere trasmissioni “usa-e-getta”, di puro intrattenimento, confezionate da Mediaset-Rai, su format alieni (Grande Fratello, Amici…), acquistati a peso d’oro da altre media-farm americane o sudamericane. Fa davvero sorridere, poi, la folle proposta del recupero integrale dell’evasione attraverso la bollettazione ordinaria delle forniture elettriche, come se l’Italia fosse ancora in regime di monopolio! Quanto occorrerebbe alla Corte Costituzionale per bocciare norme tanto folli, una volta che la giurisdizione ordinaria le avesse rinviato il primo ricorso di un cittadino nullatenente, che non possieda nessun apparecchio radio televisivo?

E, poi, c’è sempre quella Grande Menzogna che nessuno, ormai, ha più la forza di denunciare pubblicamente. Cari grillini, fustigatori del sistema, sarà forse un caso che l’On. Figo sia il “vostro” presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai? No, perché, voi che vi dichiarate i più strenui difensori della volontà popolare, vi ricordate che, nel lontano 1995, i radicali vinsero il referendum sulla “privatizzazione” della Rai? Vi ripeto i risultati, in modo che vi alfabetizziate quel tanto che basta (rif. Wikipedia): voti validi 27,807,196 (pari al 57,4 degli aventi diritto, il che significa che il quorum previsto dalla Costituzione venne abbondantemente superato); favorevoli alla privatizzazione n. 13,736,435 di cittadini, pari al 54,9 dei voti validamente espressi. Un consiglio spassionato, miei cari urlatori: fate le barricate perché, anche se con gravissimo ritardo, quella volontà popolare venga, finalmente, fatta rispettare. Ma, se qualcuno vi dirà che, in realtà, è necessario riandare a una conta aggiornata (tanto per guadagnare tempo…), allora raccoglietele voi, di nuovo, le 500mila firme necessarie. Vedrete: gli italiani affluiranno in massa ai vostri banchetti, pur di liberarsi di questo baraccone di parassiti!

Altro consiglio non richiesto: aboliamo la Commissione di Vigilanza, buona finora a garantire la spartizione della Rai (assunzioni, contratti, etc.), sulla base delle più becere regole del Manuale Cencelli (tipo: Rai 1 al centrodestra; Rai 3 alla sinistra, ecc.). Creiamo, poi, un sistema di finanziamento pubblico-privato, in grado di remunerare i veri creativi e i talenti artistici di casa nostra (giovani drammaturghi, sceneggiatori, scenografi, grafici, autori, registi..), per rigenerare dalle fondamenta un sistema mediatico profondamente corrotto, clanistico e affossatore del merito individuale. Lanciamo concorsi pubblici per la premiazione dei migliori progetti e prodotti prototipali (format), in grado di fare della nostra produzione radio televisiva e mediatica un concorrente davvero temibile per il resto del mondo, sottraendolo a qualunque pressione e ingerenza politica, da parte delle lobby interne al circuito dello spettacolo e del giornalismo italiano. Liberiamo gli spiriti liberi e, vedrete, essi non ci deluderanno.

Se non servono le mie parole, almeno date ascolto a quello che il buon Giulietti, portavoce Usigrai, ha dichiarato al Corsera del primo giugno scorso (lett.): “Sono 20 anni che la Commissione Europea, il Parlamento Europeo e Agenzie indipendenti (come Reporter sans Frontières e Freedom House) mettono a nudo il disastro della radiotelevisione pubblica e dell’informazione italiana, assegnandoci un posto vergognoso nelle classifiche della libertà di stampa” (sic!).

Sempre nell’edizione del primo giugno, il Corriere della Sera ospitava un’intervista a Susanna Camusso che, per la prima volta nella storia della Cgil, chiede al Governo non solo di trasformare la PA da “back-office”, in “front-office” (cioè: quelli che stanno scaldare le sedie in ufficio, vadano a fare lavoro di sportello, scazzandosi con il pubblico!), bensì di -udite, udite!- (lett.): “estendere il sistema contrattuale privato al sistema pubblico con le stesse regole, compresa la mobilità contrattata e i premi di risultato”. Praticamente, una rivoluzione copernicana! E, si noti, il tutto è “perfettamente” in sintonia con l’attuale Costituzione del 1948, la quale prevede il reclutamento per concorso dei pubblici impiegati, ma non di certo la loro inamovibilità e la garanzia di uno stipendio a vita, tra l’altro indipendentemente dalla verifica del merito individuale, com’è finora accaduto, proprio a causa e per effetto delle temibili corporazioni sindacali, che detengono il monopolio del pubblico impiego.

Tra l’altro, a livello personale, ho sempre ritenuto un dovere civico partecipare alla battaglia per l’equiparazione tra lavoro pubblico e privato, facendo coincidere sia il sistema contrattuale, sia i parametri per il riconoscimento dei premi di produttività, la mobilità, la formazione permanente, l’avanzamento in carriera, etc.. Basterebbe (come ho più volte specificato in dettaglio) creare dei contenitori comuni - suddivisi per profilo professionale - con graduatorie uniche nazionali, ai quali possano iscriversi tutti i cittadini che abbiano un titolo di abilitazione specifico, per poi mettere, “automaticamente”, in corrispondenza biunivoca le graduatorie di merito con i posti e gli incarichi vacanti nella PA. Per il singolo posto e incarico, vince colui che, avendone fatta richiesta di assegnazione, vanti il punteggio più alto nella graduatoria del profilo professionale richiesto. In tal modo, si libererebbe il sistema del reclutamento pubblico dalla piaga delle raccomandazioni e delle lottizzazioni spartitorie. Come si vede, non sarebbe poi tanto difficile risanare moralmente questo Paese.


di Maurizio Bonanni