venerdì 30 maggio 2014
Uno strano “oggetto” vola nel cielo della destra italiana. È Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Il partito, con la sua immagine in bella mostra, nel recente turno elettorale ha ottenuto 1.004.037 voti. Di lei ciò che ha più sorpreso sono state le 350mila preferenze personali conquistate sul campo. Praticamente, la più votata dagli italiani. Un bel segnale per il futuro del nostro Paese. Donna, giovane e grintosa.
Tuttavia, ciò che sollecita qualche interrogativo è la bontà del progetto-Fdi in cui si è infilata con l’amico di sempre, Ignazio La Russa, e il gigante piemontese, Guido Crosetto. La domanda che le giriamo è la seguente: davvero crede di poter dare corpo a un progetto di destra che prescinda da un legame stretto con Forza Italia? Sta di fatto che il partito “azzurro” rappresenti ancora il luogo di naturale confluenza delle due principali anime della destra italiana, l’una conservatrice-tradizionale e l’altra laico-liberale. Negare questa evidenza significa non voler accettare la realtà. Si potrebbe a ragione obiettare che Forza Italia, da qualche tempo, non riesca più a rappresentare le istanze del suo blocco sociale di riferimento, cioè il ceto medio produttivo. Per questo, un distinguo operato da Fdi sul merito di alcune specifiche scelte ha reso la nuova formazione meritevole di un credito di fiducia per l’avvenire. Ma ciò è sufficiente per giustificarne la sopravvivenza fuori dal contesto dell’alleanza in vista di un ruolo che non voglia essere soltanto testimoniale, com’è invece accaduto a La Destra di Francesco Storace?
È vero che il partito della Meloni si sia intestato delle battaglie sulle quali il partito di Berlusconi si è mostrato contraddittorio, come nel caso del voto sull’abolizione del reato d’immigrazione clandestina. È vero che Fdi non abbia ceduto alla tentazione di “soccorrere” Matteo Renzi, come colpevolmente hanno fatto i transfughi di Ncd per basse ragioni di bottega e come, talvolta, anche gli stessi forzisti, in evidente stato confusionale, si sono costretti a fare. Ma l’idea di pensare alla costruzione di una nuova identità di destra agìta imbarcando parte del personale politico che fu di Alleanza Nazionale senza aver chiarito, in via preventiva, obiettivi e posizionamento strategico, è destinata a togliere respiro all’iniziativa medesima. Peggio, fa assomigliare la barca-Fratelli d’Italia a una scialuppa a cui finiscono per aggrapparsi tutti i naufraghi del partito carismatico di Gianfranco Fini, una volta che sono stati buttati in mare dall’ammiraglia berlusconiana.
A vederli schierati tutti in fila, i soliti noti, ricordano una foto ingiallita di un altro tempo, quando si stava nel Msi ma si era “rautiani” per fede, e per orgoglio. Un altro tempo, appunto. Un’Era geologica che non aveva conosciuto la commistione delle guide della rivoluzione conservatrice col potere clientelare della Seconda Repubblica, quando la “metafisica” evoliana non doveva fare i conti con la “fisica” del “tengo famiglia”, degli scandali piccoli e grandi dei rimborsi elettorali succhiati a gogò.
Sarebbe, dunque, salutare per le sorti della destra italiana che Giorgia Meloni e i suoi rivedessero le priorità nell’interpretazione del ruolo di Fdi rispetto al nuovo scenario. Sono in campo per il dopo-voto una riflessione avviata, al proprio interno, da Forza Italia, e un’apertura di confronto proposta dalla Lega del giovane Matteo Salvini per la riscrittura dell’agenda politica del centrodestra. Se la piccola compagnia di Fdi riuscisse a stare, con una propria capacità d’analisi, all’interno del perimetro coalizionale anche nel momento della crisi, se decidesse di non chiamarsi fuori in nome di un’ipotetica “diversità”, uno spazio importante le si offrirebbe per garantire la presenza di alcuni fondamenti valoriali nel nuovo corso della destra italiana.
Diversamente, ci troveremo di fronte a un altro caso, l’ennesimo, di guardiani di spoglie museali, orgogliosi della loro marginalità, interessati soltanto a rinvendicare un diritto di tribuna. Sarebbe allora, quella di Fdi, la cronaca annunciata di un’occasione perduta.
di Cristofaro Sola