Sospiro di sollievo e sguardo al futuro

giovedì 29 maggio 2014


Dire che i moderati abbiano tirato un sospiro di sollievo dinanzi alla sconfitta dell’aspirante dittatore, Beppe Grillo, è una verità inoppugnabile. La stessa contemporanea vittoria di Matteo Renzi, con quelle percentuali, induce a qualche considerazione. Ma andiamo per gradi, parlando innanzitutto degli sconfitti di questa tornata elettorale, che sono sostanzialmente tre.

Il primo è chiaramente il Grillo vociante e scurrile, “l’oltre Hitler”, il fenomeno da baraccone, non solo perché non ha sfondato ai livelli che si facevano circolare, sia al Sud che al Nord, ma anche per aver “dilapidato”, senza scusanti, parte consistente di quel bottino che si era coagulato sotto il simbolo dei pentastellati. In un anno infatti ha restituito alla democrazia italiana ben 3 milioni di voti, passando dagli 8.691.406 voti delle elezioni del 2013 agli attuali 5.792.865. Al secondo posto ci stanno i sondaggisti che fino a qualche ora prima dello spoglio facevano circolare, a favore del M5S, due grandi bestialità: una percentuale da infarto a livello nazionale attorno al 40% ed uno sfondamento al Sud dove, soprattutto in Calabria e in Sicilia, si preconizzava la maggioranza assoluta. Operazione delittuosa, da codice penale, tesa a gonfiare, agli occhi dell’opinione pubblica, l’ascesa al potere del signor Grillo che, tronfio, arringava gli sprovveduti presenti ai propri comizi.

In fondo, ma più responsabili di tutti, i media italiani, le grandi corazzate dell’informazione, che hanno fatto da cassa di risonanza ai sondaggisti e hanno avvalorato la tesi dell’irresistibile ascesa dell’aspirante dittatore. Stavolta comunque i sogni e le paure (dipende dai punti di vista) non sono svaniti all’alba, ma semplicemente si sono dileguati durante le prime ore della notte, permettendo al popolo italiano di andare a dormire tranquillo, facendogli rinviare all’indomani la valutazione dell’indubbio successo del Pd. Di sicuro non hanno potuto dormire, da una parte Casaleggio e Grillo per il bruciore della sconfitta, e dall’altra Renzi per l’enormità di un risultato inatteso (a dimostrazione che i sondaggi, in Italia, rispondono a logiche che nulla hanno a che vedere con la verità) che lo carica di grandi responsabilità.

Intanto va sottolineato l’apporto indiretto di Silvio Berlusconi a questo risultato per la sua campagna di denuncia dei pericoli che si correvano con il comico genovese (“Grillo non fa più ridere. Fa paura” e i giochini con i discorsi di Hitler), che hanno convinto una buona parte di centristi, ma anche di grillini ravveduti, ad evitare l’astensione riversandosi su un male minore rappresentato da un giovane imbonitore che almeno fa evitare il peggio e fa sognare anche se solo con semplici… speranze.

Guai però a pensare che il successo odierno sia definitivo e inamovibile. Così com’è arrivato può evaporare velocemente, com’è stato per Grillo. Il Premier viene caricato di una grande responsabilità, che non consiste nella ripetizione dell’elenco delle cose da fare ma, più prosaicamente, solo delle cose realizzate dalle riforme costituzionali e istituzionali, alla riforma elettorale, alle riforme della P.A. e della giustizia. Renzi non può dimenticare che, oggi, non ha una maggioranza parlamentare “affidabile”, per cui deve saper utilizzare la voglia di riforme di Berlusconi e di Forza Italia. Il risultato elettorale pone, comunque, problemi anche ai moderati che, aggregati, non sono fuori dai giochi, ma si presentano come forza che può misurarsi con il Pd renziano.

Ciò comporta però che, sotto la regia di Berlusconi, si risolva il problema del leader da contrapporre a Renzi, ma facendolo consacrare dalle primarie. Un partito plurale, quindi, alla cui guida, con investitura popolare, ci sia un dirigente che abbia il famoso “quid”. È un percorso urgentissimo. Si è, infatti, in estremo ritardo. Una democrazia per poter vivere deve esaltare l’alternanza di forze stimolate da esigenze diverse e da interessi diversi sia nel campo economico che in quello sociale e civile, e deve saper ripristinare la divisione dei poteri che oggi sono messi in discussione da plateali invasioni di campo da parte di uno di essi, che rende non liberi il potere legislativo e quello esecutivo.


di Giovanni Alvaro