Casaleggio: sotto il cappellino… niente

martedì 20 maggio 2014


Forse ci voleva davvero Santa Lucia Annunziata (copy “la badessa dell’Elefantino”) per capire fino in fondo la scienza politica infusa del mitico guru pentastellato, Gianroberto Casaleggio. E forse ci voleva la Rai, l’orrenda azienda al cui simbolo, Bruno Vespa, era stato un dì donato, fra un vaffa e un altro, il microfono di legno, per comprendere in toto ciò che si nasconde, religiosamente, sotto il cappellino e/o sotto la grigia zazzera del Big Boss: niente. Il niente, beninteso, ammantato di gioielli resi luccicanti dal coro greco mediatico che, pur insultato a sangue tipo “peste rossa da imminente processo popolare”, ha di fatto contribuito allo splendore del niente, del latino nihil, esattamente come le fiabesche vesti dell’imperatore alle quali solo il leggendario bambino seppe replicare indicando la nudità dell’indossatore.

L’apparizione televisiva di Casaleggio era in re ipsa (scusateci l’iterato latinorum) il disvelamento del grande imbroglio che sta seducendo l’Italia, di fronte al quale, tuttavia, nemmeno il potere sovrumano delle storie di Hans Christian Andersen riuscirà a giustificare la persistente, colpevole scomparsa dei fatti. Questo vogliono che accada, che i fatti svaniscano, che la politica (la poca che resiste) venga espunta, che qualsiasi concreta progettualità del futuro sia respinta in nome della distruzione di tutto e di tutti: gli altri, naturalmente. Loro, invece, sanno già di avere vinto, di mandare a casa i vertici dello Stato, di rifare le elezioni e di prendere il 90-100 per cento dei voti. Ma in che film?

Sotto il cappellino niente di nuovo. Anzi! È tutto vecchio, risaputo, trito e ritrito. Come lo stentoreo “vincere e vinceremo!” senza un minimo di, non un massimo, di progetto (a parte mille o duemila euro da regalare ai gonzi che ci credono, o alle energie rinnovabili e le auto elettriche). O come il proposito casaleggiano, rispondendo ad una umilissima Santa Annunziata timorosa dell’imminente presa del potere, di ridare slancio alle piccole e medie imprese. Avete capito bene: lui, come primo atto di governo sosterrebbe e agevolerebbe le piccole e medie imprese. È lo stesso, identico appello elettorale che chi vi scrive, allora in pantaloncini corti, a fianco del nonno Giovanni, ascoltò dal mitico ministro Ezio Vanoni in una delle sue sue (invero pregevoli) encicliche elettorali valtellinesi. Correvano gli anni Cinquanta, l’Italia di De Gasperi, poi quella di Rumor, poi di Piccoli, di Moro, di De Mita e di Bisaglia, ecc.Tutti a favore delle Pmi, che infatti divennero la spina dorsale del Paese. E adesso arriva Casaleggio. Un risucchio all’indietro, un balzo spazio temporale nell’immobilità di un Paese da abbindolare. Capirai!

Solo che allora si “faceva” politica, si parlava di case popolari, di scuole, di ospedali, di Patto Atlantico, di Nato, di Europa e di Mediterraneo. Oggi no, basta, finis, the end: cose, fatti e politica svaniti d’incanto. Come se nel 2014, appunto, sotto la spinta di un vento irrazionale, attori e corifei credessero davvero alle rappresentazioni virtuali sostitutive delle “cose”, e come se, avvolti dal mantello di un crescendo di minacce, gli autori delle stesse ne traessero convinzioni di un immarcescibile destino elettorale. Ripetiamo: ma in quale film?

La creazione del mito di Beppe Grillo proviene da tanti inventori, soprattutto mediatici e un tantinello giudiziari, anche se gli autori originali appartengono a una certa casta. Solo che questa nel frattempo è cambiata, le sue carte da giocare sono diverse, i personaggi/interpreti mutati, mentre sullo sfondo si agitano problemi interni e internazionali che né l’uomo zazzeruto e sbraitante né quello col cappellino in testa sanno in che cosa consistano. Non soltanto non si parla più di Europa in elezioni europee, ma si dimenticano volutamente i casi più urgenti alle nostre porte, né alcun cenno viene rivolto al dramma libico da cui derivano le migliaia di fuggitivi-profughi, né si pensa alla tragedia siriana, alle disgrazie ucraine, al mondo che ci circonda e che ci riguarda. Tutto cancellato, allontanato, archiviato. Nessuna proposta, nessuna ipotesi, anzi, nessuna parola, solo silenzio. Il silenzio di chi non sa niente di tutto, di chi non ha un’idea, un progetto. Sono semplicemente ignoranti, gli ultimi della classe. Donde il climax di ingiurie, di assalti ringhiosi col coltello e la bava alla bocca: per coprire il vuoto, il nulla.

Sicché, l’agitazione forsennata degli scalpi (per ora) virtuali e l’invocazione di processi popolari (in piazza?) altro non significa che l’espressione, da un lato di una volontà totalitaria regredita allo stadio delle clave, dall’altro di un cupio dissolvi altrui funzionale esclusivamente alle finalità di una setta che, grazie al genio informatico, qui è proprio il caso di dirlo, di Casaleggio, ha la forza di un Blob invasivo nell’opinione pubblica. Ma non sempre funziona così.


di Paolo Pillitteri