Commissione europea, sfida tv senza sussulti

sabato 17 maggio 2014


E alla fine il compagno Tsipras disse: “Troika!”. Anzi: “Catastroika!”. A tempo quasi scaduto il candidato della sinistra radicale alla presidenza della Commissione europea prova a piazzare il golletto decisivo: alle 22.28, dopo quasi un’ora e mezza di dibattito senza sussulti, il leader di Syriza punta il dito sul (presunto) colpevole di tutta questa storia. Perché va bene l’austerità, la Merkel, il debito e i bilanci sani e le riforme strutturali, ma qualcuno il grilletto l’avrà pur dovuto premere. In zona Cesarini, quando Juncker, Schultz e Verhofstatd non hanno più voglia né tempo per rispondere, Tsipras tira fuori la parolina magica e un’idea suggestiva: “Basta con la troika, organizziamo una conferenza sul debito come è stato fatto per la Germania nel ‘53: si elimini un parte dei debiti e si dia spazio alla crescita”.

Tutti in fila per ammiccare alla crescita, dunque, naturalmente senza ossessionarsi troppo con i conti in ordine, osservano quattro dei cinque candidati (c’era anche Ska Keller dei Verdi) nel confronto dell’altra sera a Bruxelles nella sede del Parlamento europeo. Il quinto è Jean Claude Juncker, algido, flemmatico e poco televisivo (uno di quelli che ti ammazza lo share dopo cinque minuti), che non rinnega nulla di quanto fatto finora dalla tecnocrazia Ue a trazione Popolare: probabilmente, a suo modo, è il vero vincitore del confronto, quantomeno nella capacità di tenere il punto sulla necessità delle riforme e delle scelte dolorose di bilancio, senza farsi condizionare troppo dall’opportunità di dover piacere a tutti (come ha cercato invece di fare Martin Schulz in tutta la sua campagna elettorale).

“Per creare occupazione – osserva Juncker – ci vuole crescita, per creare crescita ci vogliono finanze sane”. La ricetta dell’ex presidente dell’Eurogruppo per il prossimo quinquennio dovrà basarsi “su un rigore responsabile senza eccessi di austerità”. I soldi sono pochi, ammette l’ex premier lussemburghese, “e servono idee”. La più concreta, secondo Juncker, è il mercato unico digitale, in grado di offrire 3 milioni di nuovi posti di lavoro “stabili e solidi”. Ma sulla gestione della crisi, nessun rimorso: “Sulla Grecia rifarei le stesse cose oggi, a distanza di 5 anni. Abbiamo accumulato debiti e deficit, abbiamo speso troppi miliardi che non avevamo. Non accetto critiche da chi dice che con Atene non siamo stati molto solidali”. E quindi rifarebbe anche la (presunta) riunione carbonara al famoso G20 di Cannes, gli chiede ancora nel finale il solito Tsipras, “con Barroso e Van Rompuy a fare pressioni su Italia e Grecia per cambiare i loro governi?”. Probabilmente anche quella, se dovessimo interpretare maliziosamente il silenzio di Juncker, che decide di non rispondere alla provocazione del suo avversario.

Martin Schulz, il mancato Kapò di berlusconiana memoria, dice da par suo di voler riconquistare la fiducia dei cittadini europei combattendo l’evasione e le frodi fiscali, “perché le politiche di bilancio non possono riguardare solo i tagli ma anche l’aumento delle entrate”, e creando lavoro con un investimento combinato dei fondi Ue con quelli della Banca europea per gli investimenti. Il liberale Verhofstadt, invece, vuole tornare all’idea originale di Jacques Delors (“un socialista intelligente, e non ce ne sono molti tra i socialisti”) e completare il mercato unico. Sui candidati “ufficiali”, tuttavia, incombono l’incognita Merkel, che ha già frenato sulle euronomine e gli automatismi elettorali, e gli accordi segreti in seno al Consiglio dei governi Ue, se è vero che è tornata a farsi consistente la voce che vuole Christine Lagarde, attuale numero uno del Fmi, come sesto incomodo, e vero asso nella manica di Berlino per la presidenza della Commissione, in caso di sostanziale pareggio elettorale tra Ppe e Pse.

“Così il Consiglio negherebbe la democrazia”, fa notare Juncker, “impensabile, sennò chiudiamo per sempre il Parlamento europeo”, aggiunge Verhofstatd, “se nominassero un altro non avrebbe mai la maggioranza a Strasburgo”, chiosa Schulz. Per attendere l’indicazione del candidato ufficiale alla Commissione da parte del Consiglio, filtra dallo staff di Juncker, bisognerà comunque attendere l’esito del summit Ue del 26 e 27 giugno: quello informale previsto subito dopo il voto (27 maggio) servirà solo per annusarsi un po’.


di Pierpaolo Arzilla