Il manifesto dell’Aedh e il futuro dell’Ue

sabato 3 maggio 2014


Le imminenti elezioni per il Parlamento Europeo dovranno essere una scommessa vincente in ordine ai futuri assetti dell’Unione. Si tratta di trasformare un appuntamento burocratico in una reale condivisione dei processi decisionali da lungo tempo nelle mani di un manipolo di tecnocrati che nessuno ha eletto! Il consenso popolare è la base di un processo democratico tanto più efficace quanto la partecipazione è in pari misura estesa. Tuttavia, eleggere dei rappresentanti non basta. È necessario che i membri del Parlamento Europeo abbiano la possibilità di esercitare con efficacia le loro funzioni, prima fra le quali quella di poter legiferare in luogo degli organismi non elettivi oggi emanatori di direttive spesso fuori dal controllo democratico e quindi in balìa delle pressioni fortissime delle banche e delle società multinazionali, il cui interesse è unicamente il profitto da realizzare peraltro con tempi sempre più ravvicinati.

Queste elezioni, quindi, devono essere il punto di partenza di un processo caratteristico di una democrazia complessa capace di mediare fra gli interessi sociali ed economici, ma perseguendo la realizzazione di uno stato sociale composto da cittadini e non da sudditi spaventati e privati della dignità personale, come oggi sta accadendo in quest’Europa delle banche e delle corporations.

Una decisiva attenzione ai diritti dei cittadini eviterà che la tenuta sociale non venga meno, lasciando spazio a derive caotiche e violente perché dettate dall’indigenza di vaste aree delle popolazioni europee. Va in definitiva eliminato il rischio che alcuni settori sociali dominanti non perseguano il caos per eliminare la cittadinanza in favore di una vastissima sudditanza al bisogno economico, che farebbe saltare gli equilibri sociali e lo stato sociale in favore di un sistema asservito al profitto tout court, come fu il tentativo (fortunatamente sventato) della direttiva Bolkenstein. Una direttiva che prefigurava la creazione di un mercato del lavoro europeo superconcorrenziale e darwinistico, dove avrebbe vinto la creazione di lavoro in favore dei lavoratori provenienti dai Paesi dove la legislazione sociale era meno protettiva. Una legislazione che avrebbe trovato applicazione nei Paesi più protettivi dove questi lavoratori avessero prestato la loro opera! Il primo divieto a questa applicazione è partita dalla Svezia e l’operazione non si è realizzata. Uomini come cose, come manovelle di un meccanismo, niente di più! Non va dimenticato che il progetto oggi non andato in porto non è stato accantonato, è in sordina per essere attuato appena le circostanze o un Parlamento addomesticato lo consentiranno e allora si realizzerà un vastissimo caporalato che coinvolgerà oltre 200 milioni di persone. Una situazione che andrebbe ben oltre l’azione dei grandi imperi schiavisti del mondo antico! Queste prossime elezioni dovranno essere il terreno di realizzazione di uno stato europeo attento ai diritti umani e sociali dei cittadini (e non diciamo schiavi) dell’Europa.

La Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu) da tempo ha preso iniziative e creato convegni per sostenere che quanto sopra affermato è la strada più lineare per la realizzazione di un’Europa dei cittadini e non delle banche e delle multinazionali che comandano a bacchetta il drappello di sconosciuti superburocrati che da troppo tempo manovrano le leve di governo del vecchio continente. La Lidu, come aderente dell’Aedh (Association Européenne pour la défense des Droits de l’Homme) ha partecipato alla redazione di un Manifesto costituito da sei punti programmatici aventi tutti lo scopo principale di rendere esigibili i diritti fondamentali alla cittadinanza, al lavoro, ad un’immigrazione programmata, al diritto di asilo, ad una detenzione rieducativa e infine all’attenta gestione dei dati personali delle popolazioni europee.

All’interno di un simile scenario, l’Italia deve affrontare in totale solitudine il problema dell’immigrazione dal mare spesso con strumenti inadeguati e senza una pianificazione che avrebbe una sua efficacia laddove ci fosse una reale cooperazione fra gli Stati membri dell’Unione Europea. Un’Unione completamente incapace, oggi, di elaborare una strategia globale utile alla creazione di accordi con i Paesi esportatori di migranti. All’incertezza economica e sociale dei cittadini europei (alcuni sono più cittadini di altri) si aggiunge un’immigrazione disordinata e della disperazione. Ecco quindi le sfide del prossimo Parlamento Europeo: cittadinanza, immigrazione e lavoro stabile e non quello precario che trucca le statistiche ma non risolve i problemi sociali gravissimi europei che i prossimi rappresentanti dovranno affrontare con capacità e determinazione per evitare l’insorgere di focolai insurrezionali dettati dalla subalternità, dalla estraniazione ai processi democratici, dal bisogno di lavoro che continua e non esserci.


di Maria Vittoria Arpaia