martedì 15 aprile 2014
Può essere che la stampa abbia male riportato le sue parole, può essere che io abbia capito male; ma a me pare proprio che il pubblico ministero dell’udienza in cui il Tribunale di sorveglianza ha discusso la richiesta di affidamento in prova di Silvio Berlusconi lo abbia ammonito affermando che se dovesse tornare a diffamare i singoli giudici, allora il beneficio dell’affidamento verrebbe revocato. Se fossimo in Inghilterra o in America, quanto accaduto non sarebbe stato possibile. Anzi, neppure pensabile.
Infatti, innanzitutto occorre chiarire che un pubblico ministero è sì un magistrato, ma non è giudice, in quanto, pur facendo parte dell’ordine giudiziario, non può mai ed in nessun caso decidere su di una controversia: perciò è quantomeno strano che egli pensi di sostituirsi al giudice, minacciando la revoca del beneficio per il semplice motivo che non è né a lui né al suo ufficio che spetta esercitare tale potere di revoca. E allora, come può un organo dello Stato minacciare l’esercizio di un potere che non gli appartiene?
Forse, delle due l’una: o ritiene, sbagliando, di poterlo fare in prima persona; oppure, è talmente sicuro che il Tribunale si limiti ad accogliere una richiesta in tal senso, da aver perduto il senso della misura, finendo con il dire ciò che non toccava a lui dire. In secondo luogo, ammesso che gli fosse stato lecito pronunciarsi in tal senso, egli avrebbe dovuto soltanto ricordare che la commissione di qualunque reato – non solo di una diffamazione a carico di singoli giudici – avrebbe potuto produrre la revoca del beneficio: a sentire le sue parole, un profano (vale a dire il 99% della popolazione italiana) potrebbe pensare che la revoca è legata alla diffamazione dei giudici, mentre Berlusconi potrebbe commettere altri reati – forse anche assai più gravi – impunemente. In terzo luogo, a meno di miei errori, non mi sovviene che in questi vent’anni Berlusconi sia stato mai giudicato e condannato per diffamazione di un giudice: lo è stato per molti altri reati, ma non per questo.
E allora, come fa il pubblico ministero a sovrapporre il suo personale giudizio, stabilendo che Berlusconi in passato abbia commesso diffamazione in danno di singoli giudici, se mai in alcun caso egli è mai stato riconosciuto colpevole di tale reato da quei giudici che avrebbe diffamato? E come fa perciò ad ammonirlo a non commettere un reato, che in realtà Berlusconi non ha mai commesso?
Per finire, forse sarebbe meglio che i pubblici ministeri la smettessero di svolgere ruoli forzatamente pedagogici – come in definitiva è apparso quello in questo caso esercitato – limitandosi a fare ciò che la legge loro richiede: un ministero pubblico e null’altro.
di Vincenzo Vitale