Europee: i dubbi del centrodestra

martedì 15 aprile 2014


Se l’assegnazione di Silvio Berlusconi ai servizi sociali “soft” dovesse confermarsi la misura prescelta dal Tribunale di sorveglianza di Milano per fargli scontare la pena, il centrodestra potrebbe tirare un bel sospiro di sollievo.

In qualche misura verrebbe consentita dai giudici l’agibilità politica al leader del centrodestra. Il presidente, dunque, sarebbe in campo per le prossime elezioni europee. Tutto risolto, allora. Proprio no, la situazione per la destra in generale, e per Forza Italia in particolare, si prospetta piuttosto complicata. Il fatto che il presidente Berlusconi possa essere della partita è certamente una buona notizia. Tuttavia non è quella risolutiva. In realtà ciò che a destra continua a mancare è un’idea chiara circa le scelte che s’intenderanno assumere in sede europea, una volta raccolto il consenso di una parte significativa degli italiani. La questione non è di poco conto.

Non vi è dubbio che la novità di questa tornata elettorale stia tutta nel rovesciamento di prospettiva a cui, d’ora in poi, dovremo abituarci. Se finora le elezioni europee erano state affrontate in funzione della situazione politica interna, è presumibile che dal 25 maggio prossimo sarà la realtà italiana a dover essere letta e analizzata in base allo scenario politico che si consoliderà nell’ambito del Parlamento Europeo. È arcinoto che la scadenza elettorale venga vissuta da una consistente fetta dell’elettorato continentale come una prova referendaria su quale tipo di Europa si intenda consegnare alle future generazioni. Troppe sofferenze e troppe povertà hanno prodotto le politiche del rigore da meritare di essere condotte, in veste di imputate, al giudizio degli elettori. Mai come oggi le burocrazie autocratiche di Bruxelles mostrano segni di preoccupazione per gli esiti elettorali. In questi ultimi anni si è ritenuto che buone governance, gradite ai cosiddetti “poteri forti” dell’alta finanza internazionale e ai maggiori players attivi sul mercato globale, potessero fare a meno del consenso popolare. Dal momento che l’espressione del voto comunque resta, nonostante si sia tentato di tutto per depotenziarne gli effetti, stiamo per assistere a un gigantesco “redde rationem” della politica economica europea.

Il problema sarebbe costituito principalmente dall’avanzata nei sondaggi di tutte le forze cosiddette “euroscettiche” o che genericamente aderiscono a un ideale fronte del rifiuto di un’Europa a trazione tedesca. Il tema centrale su cui si concentra la corrente d’opposizione all’establishment attuale è quello dell’abrogazione della moneta unica. Ora, anche in Italia i partiti politici debbono dire con chiarezza assoluta da che parte intendono collocarsi. Si tenga conto che la vera divisione che si prospetta riguarderà i contenuti dell’offerta politica e non le appartenenze ideali. Se in passato la divisione correva verticalmente separando l’ala dei popolari europei dalla sinistra socialdemocratica, oggi queste due componenti appaiono molto inclini al compromesso e all’accordo di larga intesa per fronteggiare, insieme, l’ascesa dei movimenti populistici.

Se la collocazione della sinistra moderata italiana che fa capo al Partito Democratico è chiara: il partito ha di recente aderito al Pse e ha celebrato proprio a Roma la scelta della candidatura del tedesco Martin Schulz alla presidenza della Commissione Europea, non altrettanta limpidità si scorge a destra. Il che è spiegabile. Tradizionalmente le forze di centrodestra hanno impostato le proprie politiche sulla soddisfazione degli interessi del ceto medio moderato. Oggi, però, questo blocco è stato frantumato dalla crisi. Sarebbe opportuno considerare nuove categorie alle quali assegnare le parti generate dalla scomposizione del tradizionale blocco sociale di riferimento. Questo esercizio lo abbiamo già svolto, proprio dalle colonne de “L’Opinione”. Abbiamo individuato, in luogo del tradizionale mondo dei moderati, tre diverse bacini di raccolta della rappresentanza: un’area di cosiddetti “garantiti”, composta da coloro che non hanno subito danni evidenti dalla crisi; un’altra di “border line”, sono quelli che, pur avendo avuto forti contraccolpi dalla perdita parziale dei volumi di reddito, riescono ad andare avanti, sebbene al limite delle proprie possibilità; infine, l’area degli “invisibili” popolata dai tanti che, avendo perso del tutto o in parte rilevante le proprie fonti di reddito, sono precipitati nella povertà e fanno fatica a sopravvivere.

La difficoltà gigantesca che si para innanzi al centrodestra è di dover parlare a questi nuovi settori della società con linguaggi diversi. Forse anche opposti. È dunque legittimo chiedersi: riuscirà Berlusconi a graduare il messaggio in modo da poter giungere efficacemente a tutto quello che un tempo è stato il suo elettorato? Francamente, appare arduo rispondere affermativamente. Un esempio per intenderci. Forza Italia rivendica l’appartenenza, in Europa, alla famiglia dei Popolari. Ora, questo partito nella sua ultima convention ha scelto come proprio candidato alla carica di presidente della Commissione, da contrapporre al socialista Schulz, il lussemburghese Jean-Claude Juncker. Il suo nome è stato votato a maggioranza, molte preferenze sono andate invece al concorrente, il francese Michel Barnier. La candidatura di Juncker è stata presentata dalla signora Angela Merckel e dal partito greco Nea Demokratia. Juncker è stato per alcuni anni, fino al 2012, presidente permanente dell’Eurogruppo. Quel che conta è che la sua posizione politica appaia totalmente appiattita su quella della cancelleria tedesca.

Non più tardi di alcuni giorni or sono, intervenendo al congresso dei cristiano-democratici tedeschi, Juncker ha ribadito la sua sintonia con frau Merkel nel negare in modo categorico la condivisione del debito dell’eurozona, mediante l’emissione degli eurobond. L’idea di trasformare la Bce in prestatore di ultima istanza era il cavallo di battaglia proprio di Silvio Berlusconi. È pur vero che all’incontro di Dublino, Berlusconi non c’era perché inibito, dagli ordini impartiti dai magistrati, a recarsi fuori dei confini dello Stato. È anche vero che l’altro rappresentante presente per il centrodestra, Angelino Alfano, l’unica cosa che pare abbia capito di quello che è accaduto è che c’era alla manifestazione il cantante Bono Vox degli U2. Ma stando ai fatti, è legittimo chiedersi come farà Forza Italia a mobilitare il suo elettorato storico sapendo in partenza che i propri voti concorreranno a irrobustire la candidatura dell’inflessibile “tedesco” Juncker al vertice dell’Europa? Molti italiani si chiederanno: ma come? Stiamo dicendo che la Merkel, e i suoi soci, hanno asfaltato le nostre esistenze e poi, dopo avergliene dette di tutti i colori, le andiamo a votare il candidato? Quanti saranno pronti ad accusare Forza Italia di comportamento schizofrenico? Molti altri vorranno comprendere meglio quale sia la posizione esatta sull’euro (ce lo teniamo o no?) e sulle politiche di rigore fiscale, del tipo, ad esempio, dell’impegno al pareggio di bilancio di cui diciamo peste e corna ma che, al momento debito, l’allora Pdl ha votato l’inserimento nel corpo normativo costituzionale.

Berlusconi, dunque, ha davanti a sé un percorso più che accidentato. Tuttavia l’uomo ci ha abituato alle imprese impossibili. Anzi, taluni suoi osservatori assicurano che più difficile è la sfida, maggiore diviene la sua capacità d’azione. Resta il fatto che non basterà la sola comunicazione a convincere i segnati dalla crisi. Bisognerà che il leader trovi nuove parole d’ordine che siano coerenti con una credibile offerta politica. Attesa la difficoltà che lo attende, ci permettiamo un modesto suggerimento: Berlusconi dimentichi per un po’ la parola “moderati”, di questi tempi continuare a pronunciarla potrebbe avere effetti controproducenti.


di Cristofaro Sola