venerdì 11 aprile 2014
La tecnica affinata dagli speculatori internazionali è mediata dalla strada, anzi dalla giungla. Consiste nel far vedere estrema bontà con la Grecia. Per poi dimostrare che, per quanto si sia buoni con i Paesi poveri dell’area euro, l’Italia è sempre pronta ad approfittarsene, dimenticando che “il debito pubblico italiano è il terzo più alto al mondo” (per usare una frase cara a Tremonti).
Ieri il ministero delle Finanze greco ha confermato di aver collocato tre miliardi del nuovo titolo di Stato ellenico a 5 anni, il che segna il ritorno di Atene sul mercato dei capitali: dopo quattro anni di esclusione a seguito della crisi finanziaria del Paese. Il governo greco ha comunicato ai mercati che “il titolo ha cedola 4,75%”.
“La domanda per il titolo è stata molto forte. La partecipazione degli investitori istituzionali stranieri dovrebbe avvicinarsi al 90% - ha fatto sapere il ministero greco attraverso una nota - L’operazione dovrebbe avere regolamento la prossima settimana”. Secondo quanto riferito dal “servizio Ifr di Thomson Reuters”, il libro ordini ha superato i 20 miliardi di euro di richieste provenienti da 550 soggetti. Ifr riferisce inoltre che il rendimento finale dell’obbligazione è stato fissato al 4,95%: dopo che la guidance ufficiale era stata stabilita in area 5%, è stata data una prima indicazione informale al 5-5,25%.
Il pricing dell’emissione è già avvenuto ed il sindacato di collocamento è composto dai “soliti noti” (potremmo titolare “solito colpo dei soliti noti”): Bank of America, Merrill Lynch, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Hsbc, JP Morgan e Morgan Stanley. Eppure la Grecia ha un rating ancora ampiamente “non investment grade”: “B” per S&P e Fitch, “Caa3” per Moody's.
È evidente che, dopo aver reso imprenditorialmente innocua la Grecia, averle sottratto porti, aeroporti, banche e alberghi, ora ciò che rimane della nazione ellenica è un burattino utile a dimostrare la bontà dell’alto salotto speculativo. E la ripresa dell’Italia? Il realismo è d’obbligo, infatti ci hanno detto che se non sarà tangibile la ripresa economica non sarà possibile un calo della disoccupazione. Correggiamo il tiro: la ripresa prevista parla di un +0,8% di crescita su base annua (2014), ma perché ricomincino le assunzioni a tempo indeterminato occorre che la crescita superi il +1,5%. Ecco che l’obiettivo si sposta di almeno un altro paio d’anni (dopo il 2016). Da qui a tre anni è già prevista una nuova torchiata da parte dell’Unione Europea, già pronta a dirci “avete visto che la Grecia ha fatto bene i compiti a casa mentre l’Italia no?”. Il risultato sarà una nuova ondata di crisi e disoccupazione. Utile a giustificare nuove mani europee e mondiali sui gioielli italiani. Un ragionamento logico: la Grecia è più piccina, quindi è bastato un solo sacco delle sue ricchezze, mentre l’Italia è più grande, ricca e complessa, quindi necessita di una seconda razzia.
La Grecia verrà usata come termine di paragone per tutte le economie Ue mediterranee. Mentre Deutsche Bank, Goldman Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley starebbero già consigliando quali ricchezze sottrarre all’Italia: si va dalle ferrovie alla cantieristica navale, dalle industrie di armamenti al chimico, dai palazzi monumentali ai porti ed aeroporti. Non si salverà nemmeno l’uomo della strada, che subirà nuova disoccupazione ed esproprio dell’abitazione principale. Non è finita qui, siamo ancora nel mirino di una raffinatissima ingegneria finanziaria. I suoi complici sono i nostri amministratori (sia locali che nazionali), quelli che emettono bond di società pubbliche e private (anche municipalizzate) consci che questo aumenti la pressione dei creditori sul sistema Italia, soprattutto sui contribuenti tutti. E non vale dire che le nonnine non comprano più azioni, obbligazioni, Bot, Cct e buoni fruttiferi vari. Tanto ad indebitare il sistema italiano ci pensa quell’esercito di anonimi manager pubblici e privati (parapubblici) collusi col nemico, col salotto speculativo internazionale.
Non è peregrina l’idea che a comprare 20 miliardi di euro di nuovi titoli greci (il nuovo debito greco) siano sempre i soliti Deutsche Bank, Goldman Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley, e per far vedere al mondo che non tutto è stato tolto ai greci, che c’è ancora ricchezza. Siamo a cospetto di farabutti planetari, vogliono convincerci che nel piatto vuoto vi sguazzano due uova. Il problema di oggi non risiede nella casalinga di Voghera che gioca in borsa, ma nel manager pubblico che emette bond a nostra insaputa.
di Ruggiero Capone