Cento assunzioni: il miraggio-Rai

giovedì 27 febbraio 2014


La Rai assume cento giornalisti. Senza limiti d’età. Per concorso pubblico. Non accadeva da tempo immemorabile. Dalle selezioni per il varo della Terza Rete voluta da Biagio Agnes con il placet del Pci di Antonio Tatò, il giornalista amico e braccio destro di Enrico Berlinguer. Più indietro negli anni si va al concorso per telecronisti dal quale uscirono Bruno Vespa, Paolo Frajese, Emilio Fede, Tito Stagno, Piero Angela.

A ben guardare, c’è stata sotto l’attuale gestione del direttore generale Luigi Gubitosi un’immissione di giornalisti a fronte del massiccio esodo incentivato che è costato alle casse di viale Mazzini 52 milioni di euro. Ma in quel caso si trattava di 75 giornalisti provenienti dalla scuola di Perugia di emanazione aziendale. Un criterio fortemente criticato dalle altre scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine. Un restyling d’immagine per la Rai in difficoltà, soprattutto dopo il flop e i costi eccessivi di Sanremo? Viale Mazzini ha bisogno di cento giornalisti? A quali strutture saranno assegnati? In tempi di crisi e nel quadro del disastro che attraverso il mondo dell’editoria qualsiasi azienda che assume è meritevole di encomio. Fa bene il sindacato ad essere soddisfatto? Certamente sì. L’operazione decisa a seguito di un accordo tra vertici aziendali e Usigrai risponde alle esigenze di migliorare l’azienda del servizio pubblico? Certamente no. Sembra più lo specchietto delle allodole in vista delle trattative per il rinnovo della Convenzione Stato-Rai.

Vediamo i punti deboli dell’operazione. Primo: le domande per partecipare alla selezione dovranno essere inviate entro il 24 aprile. In autunno la prova dei test per selezionare i primi 400 candidati che dovranno superare due fasi complesse e difficili di prove. Ci vorrà almeno un anno, se tutto va bene, escludendo ricorsi, per completare la graduatoria dei primi 100 giornalisti. Saranno assunti nel 2016? Neanche per sogno. Ecco perché il concorso appare un miraggio. A quel punto l’azienda potrà attingere a questo bacino, a sua discrezione e per le trasmissioni che ritiene opportuno. Gli assunti avranno allora un contratto triennale. Niente tempo indeterminato, Solo a tempo. E poi?

Nel frattempo le migliaia di precari che strutture tipo Porta a Porta, Ballarò, Report e le tantissime trasmissioni che stipulano contratti a 9 mesi, ripetuti per anni e anni, che fine faranno? I vari elenchi di precari sono stati tutti esauriti? Secondo il segretario dell’Usigrai, Vittorio di Trapani, l’operazione concorso pubblico pone fine alla stagione dei precari assunti su sollecitazione dei partiti, dei sindacati, delle associazioni degli imprenditori, dal mondo cooperativo o cattolico. Non è così.

Ammesso che la Rai faccia il contratto a tempo indeterminato a tutti e 100, questi sono sufficienti a coprire tutte le esigenze per porre fine alla presenza di tanti precari? E quali sono queste necessità se manca una ricognizione, un piano per l’intera struttura, comprese le consociate, la Radio che sta affossando nonostante i 200 giornalisti in organico, i 14 canali generalisti e specifici. Quale sarà la struttura che l’azienda intende presentare per riottenere la Convenzione?

Secondo molto ambienti politici, economici e di esperti delle telecomunicazioni, l’attuale struttura Rai (divisa in tre reti tv, tre reti radiofoniche) non è più rispondente e sollecitano la modifica della governance di viale Mazzini a partire dal vertice. L’ipotesi prospettata è quella di un Consiglio di amministrazione snello (5 membri) e un amministratore delegato non più scelti da Palazzo Chigi, dal ministero del Tesoro e dalla Commissione parlamentare di vigilanza. Per fare questo, come dice il Premier Matteo Renzi, “anche per la Rai ci vuole una rivoluzione”.


di Sergio Menicucci