La Corte dei Conti boccia De Magistris

martedì 25 febbraio 2014


Una bocciatura totale, senza sconti. Mai un sindaco di Napoli, come Luigi De Magistris, ex Pm, è stato censurato così in profondità dalla Corte dei Conti. Gravi irregolarità, carenze, incapacità di riscuotere tributi comunali e di farsi pagare le multe per infrazioni al Codice della strada.

Nella relazione di cento pagine della sezione di controllo per la Campania (presidente Ciro Valentino, referenti Rossella Bocci, Innocenza Zaffina, Francesco Sucameli), depositata il 20 febbraio, c’è tutto il dissesto dell’amministrazione di Palazzo San Giacomo e il degrado tecnico-finanziario della gestione della coalizione di centrosinistra, succeduta ai sindaci Rosa Russo Jervolino e Antonio Bassolino, due dei leader politici della Margherita e del Pd campano al potere per oltre un ventennio.

I giudici contabili hanno ragionato sui dati, sulle osservazioni fornite dagli stessi amministratori, sul confronto con l’assessore al Bilancio, Salvatore Palma. Pagina dopo pagina il riequilibrio finanziario pluriennale presentato è bocciato nella sua interezza e parte per parte. L’ex pubblico ministero passato in politica è stato bocciato.

“Il pre-dissesto finanziario è irreversibile” e per la Corte “è urgente e indifferibile ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario previsto dal decreto legge del 2012”. Le risposte fornite dai vertici comunali non sono esaurienti e dai dati forniti “non appare un quadro chiaro e aggiornato sulla situazione debitoria dell’ente”. Il rosso supera il miliardo di euro. L’inattendibilità del rendiconto del Comune parte dall’accertato disavanzo di amministrazione di 850 milioni di euro, a cui si aggiungerebbero altri 600 milioni per debiti fuori bilancio, e per le gravi criticità nella gestione dei residui attivi e passivi spesso inesigibili o di dubbia esigibilità.

Non è facile seguire tutte le argomentazioni della Corte dei Conti. Il dossier nella sua articolazione tecnico-giuridica può tuttavia considerarsi una stangata alle modalità con cui la politica gestisce gli enti locali. E soprattutto un Comune come quello di Napoli, che in più parti elude i limiti del patto di stabilità, che è incapace di riscuotere i tributi tanto che l’evasione supera il 50% dei casi e che la Corte critica per le irregolarità nel regolamento di organizzazione degli uffici e servizi del Comune, anche per gli incarichi esterni (le cosiddette consulenze agli amici degli amici).

Quali le irregolarità contabili compiute dalla giunta comunale guidata da Luigi De Magistris? Almeno sei, tra le innumerevoli segnalate: 1) bassa capacità di riscossione con ripercussioni sugli equilibri di cassa; 2) costante sofferenza di cassa e utilizzo di fondi aventi specifica destinazione per impieghi di parte corrente; 3) squilibrio strutturale di parte corrente accompagnato dalla prassi di finanziare il disavanzo corrente con la quota di avanzo vincolata al Fondo svalutazione crediti; 4) costante e rilevante aumento dei debiti fuori bilancio; 5) criticità delle società partecipate (con forte indebitamento e scarsa o negativa redditività); 6) eccessivo ricorso alla finanza innovativa, misura già censurata nel 2010.

Cosa deve fare ora il Comune di Napoli? La strada, dice la Corte, è quella indicata dalla legge: l’ente deve dichiarare lo stato di dissesto e varare entro 20 giorni un piano che garantisca l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili. Al di là delle valutazioni politiche è evidente, osserva la Corte dei Conti, che “il Comune di Napoli non ha effettuato una completa ed esaustiva verifica della propria situazione amministrativa ed economico-finanziaria”.


di Sergio Menicucci