mercoledì 19 febbraio 2014
Angelino Alfano sta consolidando la sua Recherche del quid perduto (o più probabilmente mai posseduto). Ha iniziato a farlo con lo stentoreo sussulto d’orgoglio attraverso il quale ha replicato a Silvio Berlusconi. Così tonante, quel “Berlusconi circondato da inutili idioti”, innegabile segno epifanico di un capitano coraggioso che il popolo del web si è per giorni sbizzarrito nelle mille e una variazione sul fin troppo facile e feroce battutismo che ha, obiettivamente, lui stesso servito su un plateau d’argento. Una rosa di battute che lo ha bollato, quando come il “coordinatore nazionale”, quando come “l’approdo ultimo” proprio degli “inutili idioti” di cui lui aveva accusato Berlusconi di essersi circondato.
Che il popolo di Facebook e di Twitter abbia o meno colto nel segno dipenderà dall’incognita “coraggio” di cui Alfano darà o meno prova. È chiaro a tutti che per il leader del Nuovo Centrodestra, ben oltre la necessità di far valere il proprio peso per ottenere qualche concessione programmatica e assicurarsi la conferma del Viminale e una manciata di posti, l’aver alzato la voce non gli consente proprio di mettere un punto sulla faticosa recherche di un’identità politica. Quell’identità del Ncd su cui, proprio in questa fase e soprattutto dal momento in cui l’Esecutivo prenderà vita, si gioca l’esito delle elezioni europee. È di tutta evidenza, infatti, che la tornata elettorale per il Parlamento Ue rappresenta per Alfano il primo riscontro del suo tangibile “essere nel mondo” dei votati.
Come arrivare alle urne per il Parlamento Ue con la certezza di superare la soglia del 4% previsto per ogni partito dal sistema elettorale delle Europee? Solo, come ogni buona individuazione identitaria richiede, rafforzando e dando un profilo netto al proprio ruolo e comunque dimostrando di essere il vero portavoce della destra nella coalizione. Il percorso che Alfano deve compiere per passare dall’autocandidatura a guidare la rivoluzione liberale incompiuta da Berlusconi al farlo, è colmo di insidie come ogni ricerca di identità che si rispetti.
Innanzitutto perché non ci sono assicurazioni da parte del Presidente del Consiglio in pectore sul fatto che il Governo si fonderà su coalizioni stabili e non variabili. Nessuno è in grado di sventare l’incognita di un Renzi (dimostratosi già al cospetto dei suoi un mentitore navigato) che in corso d’opera potrebbe vedere di buon occhio una permeabilità della maggioranza da parte di Forza Italia. Tanto più che il prossimo Premier ci guadagnerebbe un ridimensionamento del Ncd e l’appoggio dei forzisti, oltre che sulla riforma della legge elettorale e su quelle costituzionali, anche su alcuni condivisibili provvedimenti del programma di Governo. Il processo di ristrutturazione dell’identità alfaniana non potrà poi sottrarsi ad altri interrogativi basilari per uscire dall’incompiutezza nativa ed entrare nella maturità cognitiva.
Come pensa, Alfano, di far compiere al Ncd la rivoluzione liberale, permanendo in un Governo di sinistra nella cui compagine, solo per dirne una, le componenti ex democristiane ed ex comuniste impediranno qualsiasi proposta di taglio alla spesa pubblica e burocratico-corporativa, che opererà nella direzione di un aumento del prelievo sulle rendite destinato a finanziare il contributo di solidarietà e che in materia di lavoro propone un contratto unico di inserimento che è agli antipodi con l’abolizione dell’articolo 18 e della flessibilità proposti dal Ncd? La ricerca di identità passa da scelte coraggiose, si sa, e ad Alfano, che già alle elezioni regionali in Sardegna ha rinunciato a presentarsi perché, banalmente, il Ncd non era pronto come i sondaggi hanno ampiamente dimostrato, in teoria non resterebbe che spingersi oltre l’azzardo dimostrato finora.
Optando per la decisione di consolidare la sua claudicante individualità smarcandosi sia da Berlusconi che da Renzi e trovando nell’audacia di uno spintone all’Esecutivo guidato dal segretario del Pd, magari non subito ma in occasione del primo provvedimento “inaccettabile” per il rivoluzionario liberale, la spinta identitaria che potrebbe assicurargli quello 0,6 che gli manca per arrivare in autonomia alla soglia del 4% delle Europee. Una prospettiva di crescita, oltretutto per nulla scontata, che difficilmente Alfano valuterà percorribile. Pur sapendo bene che, sia nel caso rimanga acquattato all’ombra degli accordi di Governo, magari contrassegnando con continui innalzamenti dell’asticella delle pretese il suo rapporto fiduciario con Renzi, sia che decida per un suo secondo affrancamento, non superare il 4% segnerà la fine del Ncd.
A quel punto sarà molto più complicato ricominciare dalla Recherche dell’Alfano perduto.
di Barbara Alessandrini