“Spese folli” usate contro la democrazia

venerdì 31 gennaio 2014


Sì, ce l’hanno fatta, sembra proprio di sì. Tanto hanno martellato, parlato, gridato, con cadenza giornaliera, sui media cartacei e nelle tv pubbliche e private, che ormai tutti pensano che i guai del Paese sono da ricercare solo e soltanto nelle spese per pagare non solo la politica ma anche per finanziare le istituzioni, che sono i cardini fondamentali per far funzionare uno Stato, sia esso moderno o in via di sviluppo, avanzato o arretrato, democratico o retto da forme autoritarie e antidemocratiche.

Giornalmente, infatti, quasi tutta la stampa nazionale o regionale che sia, e tutte le trasmissioni televisive, di informazione o di intrattenimento, soprattutto pomeridiano, che sono quelle che si rivolgono ad un pubblico che, in larga parte, assimila totalmente quanto sente (perché “l’ha detto la televisione”), hanno fatto a gara nella ricerca delle cosiddette spese folli di alcuni politici. Se a ciò si aggiunge la campagna sui costi della politica sposata pure, incredibilmente, da Matteo Renzi, che ha giustificato la trasformazione del Senato, la riduzione dei parlamentari e dei loro compensi, e l’abolizione delle province come passaggi obbligati per risparmiare un po’ di quattrini, il quadro è completo. È abbastanza chiaro che tutto ciò ha causato un’ondata di qualunquismo becero, senza eguali, amplificando il fossato enorme che in questi ultimi anni si è determinato tra i cittadini, la politica e le stesse istituzioni.

Un fossato che è l’anticamera per la fine della vita democratica e delle libertà che, dopo la caduta del fascismo, sono state garantite da quelle stesse forze che venivano additate dalla sinistra comunista e post-comunista come forze nemiche del popolo e dalle quali bisognava guardarsi. La demonizzazione dei leader, sulle cui spalle è andato il peso della difesa della democrazia e quello altrettanto gravoso della ricostruzione post-bellica, e poi della gestione del miracolo economico e dello sviluppo del Paese fino a diventare la quinta potenza industriale del mondo, durò fino alla loro morte e solo dopo gli furono riconosciuti le capacità di governo e i ruoli da statisti che avevano espletato i vari De Gasperi, Saragat, Nenni, Moro, Craxi) o fino alla loro messa fuori gioco come fu per Andreotti, mantenuto sulla graticola fino ad età avanzata.

Oggi il pallino del gioco non è più nelle mani di una sinistra senza arte né parte, perché è passato saldamente nelle mani di due forze temibili: la Magistratura politicizzata e i guru della grande stampa del nostro Paese. La prima, forte di una riforma dei ruoli dei Pm che la sinistra ha cercato e voluto nel 1989, si è ormai collocata in posizione di “supplenza” dei poteri legislativo ed esecutivo mettendo becco su ogni iniziativa di legge, di riforma e, addirittura, di politiche industriali; gli altri, tenendo conto delle loro capacità e delle loro intelligenze, stanno lavorando consapevolmente a disgregare totalmente le impalcature democratiche. Bisogna riuscire a interrompere questa assurda spirale distruttrice messa in piedi, in modo parasubliminale, non tanto dalle buffonate grilline, quanto dalle campagne delle grandi corazzate mediatiche che hanno, certamente, favorito i grillini e svegliato la parte meno acculturata del Paese, ma che hanno come obiettivo fondamentale il disfacimento dell’italico tessuto democratico.

La fase nuova che sta vivendo il Partito Democratico con l’avvento di Renzi, e il feeling tra lui e il Cavaliere, sono elementi che fanno ben sperare sulla velleitarietà di questi propositi anche se essi hanno già provocato guasti enormi. Sembra ci sia volontà di mettere mano a profonde riforme costituzionali sia sull’impalcatura istituzionale che sui meccanismi di autodifesa democratica. Il processo innescato dal guascone fiorentino deve portare a chiudere definitivamente la fase degli interessi di parte e la criminalizzazione dell’avversario, il cui elemento distintivo è stato l’odio a prescindere. È tempo di guardare con attenzione alla ricostruzione economica, politica, sociale e civile di cui ha bisogno l’Italia, anziché inseguire solo i ladri che esistono da quando esiste l'umanità, evitando, però, di fare di tutta l’erba un fascio.


di Giovanni Alvaro