giovedì 30 gennaio 2014
Chiusura di periodici, agenzie di stampa in difficoltà, prepensionamenti a raffica, e non solo a La Repubblica, al Corriere della Sera e alla Gazzetta dello Sport. Il bollettino della crisi dell’editoria si riempie di nuovi scenari, bracci di ferro tra aziende e giornalisti. In un desolante quadro di criticità la prospettiva, a medio termine, è che invece di rinnovare il contratto per i pochi (poco più di dodicimila) attivi, la Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) dovrà chiedere alla Fieg e al Governo di fissare un tavolo per monitorare quanti giornalisti restano sulla scena in Italia.
Il rischio, dopo la serie di esuberi, ricorso alla cassa integrazione, ristrutturazioni, prepensionamenti e contratti di solidarietà, è che la categoria si avvii verso l’estensione ancora prima che venga attuata la riforma dell’Ordine dei giornalisti. Le associazioni regionali hanno il quadro delle erogazioni per le prestazioni sociali, ma manca un quadro d’assieme. Basterebbe allora un clic dei computer per varare la certificazione di un disastro dalle conseguenze imprevedibili. Il fenomeno è preoccupante anche sotto l’aspetto della libertà di stampa e della sopravvivenza della democrazia, che non può non avere quelli che una volta venivano chiamati “i cani da guardia” della libertà e del pluralismo delle opinioni. Meno giornali, periodici, riviste, meno giornalisti comporta un impoverimento culturale e politico della società.
Qual è il pericolo? La continua riduzione degli organici si trasforma in pratica in una lenta ma inesorabile falcidia di una categoria che, nonostante i suoi difetti, resta fondamentale nelle democrazie occidentali e che negli Stati totalitari svolge un presidio a difesa dei diritti umani. Il quadro italiano è scoraggiante. I giornalisti più anziani diventano esuberi, messi in cassa integrazione a zero ore. Non scrivono più. I giovani non trovano editori disposti ad inserirli negli organici, ad assumerli a tempo indeterminato, anche dopo averli “sfruttati” per anni come precari o stagisti tuttofare. Pessimismo? La realtà è dura da affrontare. Il gruppo Rcs chiude la storica testata economica de “Il Mondo” per inglobarlo nell’inserto “Corriere Economia”, lasciando a casa un bel numero di redattori.
Stop anche ad “Abitare”. Venerdì confronto tra Comitato di redazione (Cdr), Associazione lombarda, Fnsi e azienda sulle testate cosiddette “core” del gruppo e cioè “Amica”, “Io Donna”, “Dove”, “Style”, “Living”, “Oggi”. L’azienda ha già messo sul tavolo 23 esuberi che si aggiungerebbero ai 35 già in Cigs a zero ore. Per il sindacato, una strada impervia. L’obiettivo è quello di far rientrare i cassintegrati ed aprire la strada ai contratti di solidarietà. A “La Repubblica” la tensione resta alta dopo lo sciopero di tre giorni delle firme. Lo scorso dicembre i giornalisti avevano votato un referendum per scegliere tra prepensionamenti anticipati e contratti di solidarietà (-15% delle retribuzioni per tutti). Vinsero con 2019 contro 182 i fautori dell’ipotesi di mandare a casa 59 grandi firme del giornale De-Benedetti- Scalfari.
Poi c’è stato il ripensamento dell’assemblea che ha causato le dimissioni del Cdr. La vertenza è passata in Fieg. Dopo l’intervento della Fnsi, l’azienda ha accettato di riprendere il negoziato dopo l’elezione del nuovo Cdr che si terrà il 2, 3, 4 febbraio. Agitazioni, scioperi e denuncia del direttore Alessia Lautone dell’Agenzia AdnKronos, che ha annunciato di procedere al licenziamento di 20 giornalisti e 4 poligrafici. La fusione tra Asca e TmNews del gruppo Abete dovrebbe comportare, nel tentativo di ridurre i costi, alla riduzione di 24 giornalisti e 4 poligrafici. Contratti di solidarietà fino al 31 dicembre per 48 giornalisti de “L’Ora della Calabria” dell’editore Alfredo Citrigno.
di Sergio Menicucci