FI, i vent’anni e lo spirito del ‘94

giovedì 30 gennaio 2014


Il termometro dello stato di salute di Forza Italia, come ha recentemente fatto notare Vittorio Feltri, è tutto nella tremenda immagine di Toti il quale, di bianco vestito, faceva da accompagnatore a Silvio Berlusconi nella ormai tristemente famosa beauty farm. Il quadretto era orrendo ed a nulla vale la difesa d’ufficio di Liguori che, presentatosi anch’egli in diretta indossando una tuta bianca, ha cercato di arginare gli sghignazzi dilaganti.

Siamo alle solite e Forza Italia non smette mai di assumere le sembianze della “mega-ditta” fantozziana ove i sottoposti sacrificavano la domenica al seguito del mega direttore galattico e dei suoi hobby. Comincio a temere che a Berlusconi manchi “il quid”, sì, anche lui come Alfano. Il Cavaliere non ha mai fatto quel salto di qualità che da leone indomabile nelle campagne elettorali lo elevasse ad uomo di Governo lungimirante e concreto in grado di realizzare quel sogno (al cui dissolvimento in molti non si rassegnano) che ha saputo ben presentare agli italiani e del quale si sono innamorati in molti. A vent’anni dalla nascita di Forza Italia credo di poter asserire in maniera sufficientemente attendibile che la persecuzione giudiziaria, le congiure di palazzo ed i tradimenti hanno semplicemente acuito una predisposizione allo spompamento post elettorale che portava Berlusconi ad essere sistematicamente ben lontano dal concretizzare la famosa rivoluzione copernicana.

Gran parte dei fallimenti sono da attribuirsi anche all’entourage del Cavaliere, la cui selezione è stata clamorosamente e metodicamente sbagliata sacrificando lo spessore della classe dirigente del partito sull’altare dell’adulazione acritica di chi è sempre stato pronto a fare il trenino cantando “meno male che Silvio c’è”. Adesso c’è Toti da prendere in giro e costui si brucerà presto perché è il frutto del vizio tutto berlusconiano di sentirsi onnipotente a tal punto da prendere uno qualsiasi reputandosi capace di farlo amare all’Italia intera con la sola imposizione della fatidica pacca sulla spalla. Adesso c’è lui, dicevamo, ma quanti sono stati i vari Toti spalmati nei vent’anni?

Quante le pitonesse, i falchi, i lealisti, le colombe, i peones, gli Scilipoti, i signori delle tessere, gli smanettoni, le pretoriane, le estetiste, gli opportunisti, i Sandribondi? Quante le persone mandate nei dibattiti televisivi a far vergognare l’intero popolo del centrodestra? Il ritorno al 1994 è quindi un miraggio perché nel mezzo ci sono vent’anni di tradimento di quello spirito, vent’anni in cui i vari Antonio Martino venivano messi in disparte per fare posto ai ciambellani che la rivoluzione l’avevano studiata poco e male su qualche dispensa del Cepu. Si preferivano le trame oscure di grand commis alla Gianni Letta, il plenipotenziario del Cavaliere che tramava, conciliava, complottava, si accordava a vuoto e ostinatamente con tutti.

Un enorme quanto inutile, oscuro ed ottocentesco lavoro di mediazione con un dubbio atroce sullo sfondo: che questi intervenisse contro il Cavaliere affermando di fare l’esatto contrario. Quando la mediazione diventa un vizio, un lavoro, essa perde il significato più alto e nobile diventando inciucio che porta all’immobilismo, una democristianata che annacqua ogni spinta rinnovatrice, un esercizio stilistico che porta al nulla, un modo per non farsi nemici e sistemare l’immensa corte dei miracoli (i burocrati supposti in quota Gianni Letta si dice che siano in ogni dove e qualcuno anche tristemente d’attualità ultimamente).

Lo zio Gianni è stato ovunque per vent’anni con il suo atteggiamento da chierichetto a dir messa e a ritirare le offerte per cui se la messa è stata detta male è in buona parte colpa sua. Sembrava archiviato, quando nel famoso incontro con Renzi è resuscitato e insieme a Toti è in predicato di comporre la classe dirigente che aspira a rinnovare lo spirito del 1994. Quel coacervo di novità ed entusiasmo che si basava su solide basi teoriche e su una macchina del consenso capillare, oggi si dovrebbe poggiare su una classe dirigente che non esiste e che di nuovo ha solo il completino fresco di tintoria e la sfumatura appena fatta. Spirito del ‘94, se ci sei, batti un colpo e spazza via questi impostori.


di Vito Massimano