giovedì 23 gennaio 2014
L’Italia è in fermento. Detta così uno potrebbe pensare che finalmente il Governo Letta abbia trovato una via d’uscita alla crisi economica o che il commissario per la spending review abbia dato notizie di sé ed indicato tagli alla spesa pubblica. Invece no, il Paese litiga furiosamente per via delle legge elettorale o meglio sull’opportunità dell’incontro Renzi-Berlusconi. Sparita la crisi della terza settimana, la contrazione della domanda interna, la pressione fiscale eccessiva e la disoccupazione, il tutto per fare spazio ad un tema (quello della legge in questione) che i Paesi normali affrontano nei ritagli di tempo tra un provvedimento serio e l’altro.
Se poi pensate che l’oggetto del contendere è residualmente il metodo elettorale ma principalmente il benedetto incontro avvenuto al Nazareno con annesso accordo, avrete la cifra di quanto poi alla fine gli italiani amino fare polemiche puramente estetiche, di quelle che butti lì un’opinione che non costa niente e ci fai serata a chiacchierare con gli amici. Avanspettacolo nazionale insomma, dispute becere su cose futili. Per la cronaca, ma ovviamente interessa poco, l’accordo verterebbe su un sistema a doppio turno ribattezzato “Italicum” con short list bloccate in ogni circoscrizione e premio di governabilità o diritto di tribuna per chi supera determinate soglie di sbarramento.
Tecnicamente ci perdono in pochi visto che l’ombrello delle coalizioni salverà molti leaderini dei partiti minori e infatti, con le terga al sicuro, la polemica di contenuto è stata di mera visibilità, giusto per strappare la comparsata. La classica gazzarra d’ufficio basata sull’importanza delle preferenze come garanzia di pulizia, fatta dai cooptati per eccellenza (tipo Alfano o i grillini) i quali, oltre al fatto di essere stati nominati, dimenticano anche che sono proprio le preferenze che hanno creato gente come Franco Fiorito così come, del resto, è stato il sistema delle liste bloccate a produrre Scilipoti e Finocchiaro che altrimenti sarebbero fuori da un pezzo.
Sarebbe troppo chiedere a costoro di prendere atto che nessuna norma elettorale può introdurre per legge la competenza, la meritocrazia e l’onestà in una politica che spesso considera tutto ciò pernicioso al pari dell’intelligenza e dell’autonomia di pensiero. Inutile fare piazzate sul tema perché basterebbe solo un serio esame di coscienza. Chiaramente queste sono divagazioni di contenuto che offuscano il vero tema: l’incontro Renzi-Berlusconi, scandalo degli scandali e sciagura immensa. Chissenefrega del fatto che la governabilità andrebbe assicurata con cambiamenti costituzionali e non con una banale legge elettorale, no, al bando considerazioni di merito, quel matrimonio non s’ha da fare perché spariglia le carte di chi - come Letta, Alfano, l’ala sinistra del Pd, e tirapiedi vari dei potentati stranieri - si era ritagliato la propria nicchia di gloria (e di potere) sotto l’alto patrocinio della Presidenza della Repubblica.
E ciò si evince ad esempio dai latrati di Alfano, diversamente berlusconiano e leale sentinella governativa del Cavaliere fino a ieri, il quale oggi non riesce proprio a celare l’irritazione per questo ritorno di un Berlusconi protagonista centrale della vita politica. Abbiamo interpretato male noi il suo malumore o è in malafede lui? Se il destino del Cavaliere gli stesse a cuore dovrebbe essere contento di un suo ritorno sulla scena, quindi non capiamo proprio perché strilli tanto. Psicologicamente e verbalmente alterato più del solito anche Grillo, che non riesce proprio a smettere i panni del comico e tenta di compiacere il suo target di cyber-sfigati-incattiviti, dando loro in pasto la solita sbobba dello psiconano che diventa alla bisogna nano di hardcore, il pregiudicato ed infine colui che conia il sistema elettorale “pregiudicatellum”.
Ha funzionato la battuta? Speriamo di sì per la salute mentale di Grillo e dei suoi nerds, ma ricordiamo ad entrambi che anche il comico genovese è un po’ “pregiudicatellum” e che risultano non pervenute critiche serie o valide proposte alternative; un “nientellum” a cinque stelle per stare in tema. Ma il vero psicodramma è a sinistra: flotte di militanti a contestare il Cavaliere che entra nella sede Democratica, Fassina che si vergogna perché il Pd tratta con un pregiudicato, Cuperlo che si dimette dalla presidenza del partito contro il decisionismo di Renzi che finisce con il riabilitare politicamente Berlusconi, Letta in algido silenzio e Napolitano sparito dalla circolazione.
Era scontato che Renzi ricordasse loro che il suo interlocutore è Berlusconi in quanto leader del secondo partito italiano, legittimato da milioni di voti ed abilitato a trattare tanto quanto lo era fino a qualche mese prima a stare al Governo con il Pd. Il povero neosegretario tenta di rispondere con la logica ed il ragionamento alle accuse che gli vengono mosse, non capendo che il problema non risiede nei contenuti dell’accordo, né tantomeno nel suo decisionismo. Il problema è la Berluscofobia ed è facilmente rappresentabile con il “vergogna, vergogna!” che urlavano i militanti del Pd sotto al Nazareno.
Di cosa si dovrebbe vergognare Berlusconi che arriva alla sede democrat? Di nulla, è semplicemente un conato d’odio così forte da spingere gente sotto la sede del proprio partito con l’intento di impedire l’oltraggio del super disprezzato che entra a casa loro. Renzi, cercando il dialogo con Berlusconi (senza santificarlo e senza demonizzarlo), ha fatto cadere l’ultima barriera dell’antiberlusconismo, l’ultimo pregiudizio ad personam, l’ultimo razzismo che non è reato, l’ultimo collante che tiene insieme un mondo alla deriva.
Chiaro che funzionari di partito di scuola Pci come Fassina o Cuperlo si siano sentiti in dovere di impedire il dissolversi dell’ennesima cortina di ferro: loro che sono stati insieme contro i capitalisti, contro i fascisti, contro l’occidente, contro lo Stato borghese venendo miseramente sbugiardati dalla storia, non possono perdere anche l’antiberlusconismo.
di Vito Massimano