La giustizia civile è diventata… incivile

mercoledì 8 gennaio 2014


Le colpe dei governi verso la giustizia sono imperdonabili. La politica mantiene da sempre l’amministrazione giudiziaria in ristrettezza di mezzi, lesinandole soldi invece profusi a piene mani nelle più stupide imprese pubbliche, che sommate costano annualmente quanto e più dell’intero bilancio del ministero della Giustizia. Il funzionamento del sistema giudiziario costituisce la prova decisiva per stabilire se si vive in uno “Stato di diritto” oppure no.

Non esiste legge dove una sentenza definitiva richiede anni che equivalgono, di fatto, a diniego di giustizia. L’illegalità già di per sé diffusa oltre il tollerabile viene accresciuta dall’inefficienza del sistema giudiziario, che favorisce obiettivamente i più attrezzati, in ogni senso, e sembra dar ragione al vecchio Trasimaco, per il quale “la giustizia è l’utile del più forte”. Però, se il filosofo ha ragione, il “governo della legge” è andato a farsi benedire.

Il procuratore generale della Cassazione, non un personaggio qualunque, dichiarò che la giustizia civile ha superato il punto di non ritorno. La giustizia civile è una vergogna nazionale. A parte le tribolazioni pratiche e le sofferenze morali dei poveri litiganti, il danno economico e sociale di una giustizia civile in condizioni incivili, fallimentari, è semplicemente incalcolabile. Lo squallore di moltissime aule di giustizia; il disordine, la confusione, l’affollamento in cui si svolgono le udienze; la mancanza del decoro formale e sostanziale delle funzioni giudiziarie; la precarietà degli uffici, delle cancellerie, degli archivi: tutto trasmette un senso di sciatteria e rassegnazione.

Però l’amministrazione della giustizia non può essere né sciatta, né rassegnata, né indecorosa. La forma esteriore è fondamentale quanto deprecabili i formalismi procedurali. Sarà pure in parte colpa di certi magistrati poco zelanti nel conservare alla funzione giudiziaria la dignità che le spetta, sarà pure in parte colpa di un certo andazzo generale della pubblica amministrazione, fatto sta che la colpa maggiore è dei governi che non hanno assegnato al servizio della giustizia tutte le somme necessarie a farla funzionare con rapidità, convenienza, efficacia.

Lo sfarzo di certi uffici pubblici dove pure si svolgono attività di scarsa importanza, se paragonato alla modestia e mediocrità di certi locali dove invece viene amministrata la giustizia, dimostra che i governi non vogliono dirottare sulle strutture materiali dell’apparato giudiziario le risorse economiche indispensabili a mantenerlo al livello dovuto.


di Pietro Di Muccio de Quattro