Firme “rottamate” a “La Repubblica”

venerdì 20 dicembre 2013


I 415 redattori de “La Repubblica” che hanno partecipato al referendum interno hanno preferito i prepensionamenti anticipati rispetto ai contratti di solidarietà che avrebbero comportato una diminuzione delle retribuzioni per tutti del 15 per cento. I sì all’ipotesi A che riguardava i contratti di solidarietà e 81 pensionamenti volontari sono stati 182 mentre quelli favorevoli alla seconda opzione (59 prepensionamenti secchi) sono stati 219. Quattro le schede nulle e 10 bianche. Si apre così una nuova fase.

Saranno “rottamate” 59 firme. Per la maggior parte si tratta di giornalisti sessantenni. Azienda e rappresentanza sindacale dei giornalisti ora procederanno ad un nuovo accordo definitivo sulla base delle indicazioni della votazione. Negli ambienti del quotidiano diretto da Ezio Mauro ci si interroga ancora quale delle due soluzioni sia stata la meno indolore. Dai numeri emerge che è prevalso l’egoismo dei più giovani e delle redazioni periferiche e che le redazioni sono divise, come era apparso dalla necessità del Comito di redazione (Cdr) di ricorrere alla consultazione referendaria. La vicenda aveva preso le mosse il 25 settembre quando l’azienda del gruppo l’Espresso aveva avviato, per la testata La Repubblica, la procedura di consultazione sindacale per la richiesta dello stato di crisi sulla base della legge sull’editoria del 1981, quella firmata nell’agosto di quell’anno dal capo dello Stato Sandro Pertini in vacanza.

Azienda e giornalisti si sono incontrati molte volte per compiere un esame approfondito delle questioni poste dal piano di riorganizzazione proposto dai vertici aziendali con il placet dell’azionista di maggioranza Carlo De Benedetti. Nel piano erano stati individuati 81 giornalisti in esubero. Un taglio significativo che secondo il Cdr avrebbe provocato un impoverimento della redazione e una perdita di importanti firme. Il braccio di ferro è andato avanti per gran parte dell’estate fino al raggiungimento di un’intesa sul percorso che avrebbe dovuto portare al referendum. Due le ipotesi. La A prevedeva il ricorso a contratti di solidarietà, la B invece prepensionamenti secchi per 59 redattori rispetto agli 81 fissati dall’azienda. Nel primo caso la riduzione dell’orario di lavoro e quindi delle retribuzioni, era indicata nel 15%, con riduzione riguardante tutti i giornalisti della testata, da effettuare in forma verticale, con durata di 24 mesi con decorrenza primo gennaio 2014 (salvo modifica).

Nel periodo del contratto di solidarietà era data facoltà ai redattori che lo richiedessero di utilizzare la Cassa integrazione finalizzata al prepensionamento. Nel secondo caso la durata del piano di riorganizzazione era fissata in 24 mesi e i giornalisti da “prepensionare” sarebbero stati individuati in base al criterio anagrafico tra tutti coloro che avrebbero compiuto 60 anni di età nel corso della vigenza del piano. Successivamente, all’uscita di questi 59 giornalisti, l’azienda si è resa disponibile ad assumere, progressivamente nel tempo, 14 giovani che saranno individuati dalla direzione.

Se usciranno più di 59 giornalisti, l’azienda effettuerà ulteriori assunzioni nel rapporto di uno a tre. Scenari pessimistici anche all’interno della concorrenza. Si fanno sempre più insistenti le voci di chiusura del settimanale “Il Mondo”, che verrebbe fuso con il supplemento “Corriere economia”. I conti di fine esercizio non vanno bene per Rcs, che ha registrato a fine settembre perdite per 175, 3 milioni. L’andamento negativo di tutte le testate del gruppo potrebbe comportare una seconda iniezione di risorse da parte dei soci di circa 200 milioni.


di Sergio Menicucci