Solo il voto popolare per riavere credibilità

sabato 14 dicembre 2013


Caro Feltri, il suo mal riposto entusiasmo per la vittoria di Renzi coincide con quello di tante signore (compresa mia moglie) che non vedevano l’ora di andare a votare (loro donne di destra) per il giovane rampante sindaco di Firenze nella speranza del rinnovamento. Senonché in Italia c’è tanta gente ed è la maggioranza, come me, che ogni qualvolta si annuncia una novità nel settore politico di sinistra inizialmente diffida per avere successivamente la prova che aveva ragione.

Quanto sostengo avviene da quando i comunisti, che sono sempre gli stessi, hanno teso la mano ai cosiddetti Democristiani di sinistra, cioè dall’epoca del compromesso storico voluto da Moro. Non sono pertanto più comunisti ma catto-comunisti, che possiedono prestigiose ville in Toscana, da Capalbio a Cetona, a Cortona, meglio che sulle colline del Chianti o su quelle di Fiesole, e che oltre al caviale mangiano bistecche di mucca chianina, il tutto accompagnato da un magnifico Montepulciano o il Chianti, per non parlare del famoso Brunello di Montalcino. A questa razza politica appartiene il giovane Renzi che, cresciuto al pari del chierichetto Alfano in qualche parrocchia, ha pensato bene che nella sua regione rossa affievolita dal Bianco Fiore avrebbe potuto - combattendo l’apparato catto-comunista - convincere la gente che la sinistra è diversa da quella solita per dedicarsi ai giovani ed a quei vecchi stufi da tempo di sentir parlare di D’Alema o della Bindi. In parole povere, un “furbastro”, del tipo di quelli che un celebre giornalista sportivo definiva un tempo “furbetti di tre cotte”.

Occupato il posto di segretario del Pd, ossequiato il monarca Napolitano ed il premier Letta, al Cavaliere si è dato subito da fare, contrariamente a quanto predicava giornalmente assicurando l’appoggio al Governo del nulla o meglio del rinvio, limitandosi ad avvertire il chierichetto Alfano sulla necessità di approvare una legge elettorale utile a consentire al popolo italiano di scegliere da chi essere governati, ma con comodo, giusto il tempo di distruggere definitivamente l’Italia sull’orlo del baratro. Tutto normale, il Governo ha ottenuto la fiducia sul vergognoso Patto di Stabilità e si prepara a consegnare agli italiani un Natale triste, con una sola incognita, la possibilità di una rivolta seria da parte di giovani e vecchi imprenditori che non sopportano le continue prese in giro dei signori della politica che identificano la protesta legittima di gente esasperata con la espressione generica “populismo”, definendola eversiva e pericolosa per le istituzioni democratiche.

Alfano addirittura definisce le manifestazioni di Torino e di Genova frutto di una “deriva ribellistica”. Una volta la lingua italiana era considerata un lingua perfetta , per cui, per essere buoni nei confronti di chi l’ha pronunciata, possiamo dire che ha usato un neologismo, neologismo che non ha alcun fondamento se si ha, con onestà intellettuale, il coraggio di definire legittima non solo la manifestazione ma anche la ribellione contro le istituzioni a condizione che non siano violente. Da quanto riferiscono i giornali e le televisioni non trattasi di manifestazioni sediziose tendenti a turbare l’ordine costituito, ma di manifestazioni con le quali le istituzioni sono chiamate ad adempiere ai doveri per i quali sono state create, nel tentativo di affrontare e risolvere i problemi impellenti della gente. Viceversa tirano a campare, promettendo una ripresa economica che non c’è.

Il ministro Saccomanni, il solito burocrate è il primo responsabile di tutto ciò, così come Letta che, quando dichiara che c’è bisogno di tempo per le riforme, non fa altro che irritare la gente che è già alla disperazione e non crede più alla politica. Altro che populismo, trattasi di un legittimo attacco alla politica ed ai politici proprio nel tentativo di dare, con il cambiamento indispensabile che solo il voto popolare può determinare, credibilità ad un sistema democratico le cui regole ormai sono vecchie e superate. Chi si barrica nel fortino per difendere i propri interessi ed i privilegi acquisiti nel tempo non può più far parte dell’Italia nuova, quella Italia che, grazie a questi signori ha perso ogni credibilità all’estero (marò e tifosi laziali insegnano) e che vorrebbe svegliarsi dal torpore nel quale c’è l’hanno messa Letta, Alfano ed il regista di tutto ciò: Re Giorgio. E per cortesia non si strumentalizzi il gesto dei poliziotti che si sono tolti il casco, avendo quel gesto un’unica interpretazione: “Siamo disperati come voi!”.


di Titta Sgromo