venerdì 13 dicembre 2013
Nuovi contributi e contenuti in virtù dell’accordo realizzato con la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo che prevede uno spazio settimanale sul nostro giornale dedicato alle attività e approfondimenti a cura della Lidu.
La morte di Mandela
di Maria Vittoria Arpaia
Nelson Mandela è stata una figura peculiare per la lotta per i diritti umani contro le disuguaglianze e le discriminazioni. Padre della lotta contro l’apartheid Nelson Mandela ha combattuto tutta la vita con profonda umiltà e grande umanità per affermare i principi della libertà e dell’uguaglianza tra gli uomini. L’uscita di scena del leader sudafricano sta suscitando dolore in Sudafrica e nel mondo intero. Molto si sta scrivendo su questo evento. C’è molta retorica ed un pizzico di ipocrisia nel riportare la notizia. La panoramica pone l’accento sulle popolazioni sudafricane sgomente e smarrite. Molto sarebbe da dire sugli assetti che verranno dopo che la morte del vecchio padre della pacificazione nazionale sarà un evento assorbito. Sappiamo che la tutela delle parità di genere e razziale non è un fatto acquisito completamente in Sudafrica. Lo testimoniano sia la delinquenza spicciola sia le tensioni che il prestigio del vecchio leader riusciva a tenere in sordina. La stampa nazionale ed internazionale è consapevole che bisogna fare una profonda riflessione sul fatto che la tutela dei diritti umani non si ferma con la morte del prestigioso leader. L’azione politica di Mandela è stata caratterizzata da una intensa opera di pacificazione di eliminazione dei punti di frizione che ancora persistono nel Paese, con particolare riguardo alle enormi diseguaglianze economiche che vedono favorita la popolazione bianca. Ci sono oltre cinquanta morti uccisi ogni giorno, le tensioni sociali non sono risolte del tutto. Mandela ha aperto la strada alla riconciliazione nazionale pur essendo consapevole che molta strada è ancora da percorrere. Il Sudafrica è stato per decenni una sorta di laboratorio sperimentale in relazione alla convivenza razziale, alla gestione dell’economia ostaggio delle gigantesche compagnie minerarie ed aurifere, degli interessi mondiali, degli equilibri militari difficili attualmente in essere nell'area sud del continente africano. Mandela è stato un apripista della cui opera si dovrà tenere conto per aprire una onesta riflessione sulla tutela dei diritti umani in Sudafrica e nel resto del mondo. Il leader resta un paradigma da cui trarre spunti per le azioni da intraprendere per proseguire la lotta per la tutela delle minoranze, dei meno abbienti, per la parità di genere, per una economia sostenibile, per la diffusione di un lavoro dignitoso. Questi temi rimbalzano senza sosta all'interno dei Paesi membri di una Unione Europea che ha al comando una ristretta cerchia di personaggi non eletti da nessuno. Un gruppo di tecnocrati che di fatto gestisce il destino di milioni di cittadini europei oramai ridotti a sudditi grazie alla martellante opera di demolizione di tutto quello che ostacola la cosiddetta libera circolazione delle merci e dei servizi (leggi finanza speculativa senza alcun freno). Resta da vedere se sarà possibile raccogliere rapidamente l’eredità di Mandela e lo spirito costruttivo del suo percorso politico. In caso contrario, riesploderanno conflitti etnici e scontri razziali dagli esiti disastrosi in termini di possibili genocidi. Una confusione che non potrà che fare il gioco delle grandi Corporations e le mega-banche che torneranno a fare terra bruciata del Sudafrica. Nessuno pensi minimamente che questo scenario abbia effetti circoscritti all’interno del Paese. Ci saranno con assoluta certezza e con effetto negativo moltiplicativo ripercussioni in tutto il continente africano e nel mondo affamato di materie prime che il Sudafrica ha in grandi quantità. La prosecuzione del pensiero politico di Mandela potrà evitare il riacutizzarsi di una instabilità geopolitica sostenuta occultamente dalle Multinazionali aurifere e minerarie assieme alle megabanche, con l’azione diretta sul campo delle potenze mondiali Russia, Cina e Stati Uniti. Non resta che confidare sull’adeguatezza culturale politica della dirigenza che succederà alla squadra capeggiata da Mandela, soprattutto nell'intraprendere la strada della continuità con aggiustamenti successivi. Al vecchio leader Mandela l’affettuoso e speranzoso saluto di tutte le popolazioni oppresse e ricacciate fuori dal ristretto recinto di coloro che attingono alla ricca mensa dei privilegiati!
Aldo Bozzi va a Washington
di Roberto Vismara
Ricordate il vecchio film in cui un uomo solo sconfigge l’intero establishment con le armi democratiche dell’impegno in prima persona? Oggi la cronaca (storia?) italiana si arricchisce di un simile personaggio. Ricorda l’anonimo “eroe” di Tienanmen, che con le buste di Standa in mano ferma una colonna di carri armati, Aldo Bozzi “figlio d’arte” e omonimo dell’antico esponente del Pli. Da liberale, da cittadino con la C maiuscola, mentre il teatrino della politica finge di interessarsi alla riparazione del danno da lei prodotto, propone uno, due, tre ricorsi alla Corte Costituzionale perché dichiari l’incostituzionalità del “Porcellum” (sunt nomina consequentia rerum!). E vince! Risolvendo un problema da anni insoluto, e magari creandone un altro a una classe politica che dovrà fare in pochi giorni ciò che non è stata capace di fare in otto anni. Grazie Bozzi!
Sochi 2014, censura informatica in Russia?
di Michelangelo Freda
Inizia l’ennesima polemica nata da una provocazione riportata dal giornalista russo Vasily Konov, trattasi della libertà di utilizzo dei social media durante le olimpiadi invernali che inizieranno a febbraio. Quanto riportato dal giornalista, il quale afferma di aver riportato le parole di uno degli organizzatori, ha dello sconcertate: i giornalisti che useranno telefonini, tablet e fotocamera per riprendere e pubblicare sui social media verranno estromessi dalla manifestazione. Queste le parole riportate. La Russia, peraltro, non è nuova a queste politiche di controllo dei mezzi d’informazione. Il “The Guardian” afferma che all’interno delle strutture che ospiteranno i giochi sono stati installati dei sistemi di controllo per monitorare e tracciare le mail e le parole più diffuse all’interno della conversazione; si tratta della più invasiva e sistematica tecnica di sorveglianza mai utilizzata per i Giochi Olimpici. Già nel 2012 in Russia fu votata la cosiddetta legge antibavaglio a protezione dei bambini e dell’informazione pericolosa per la loro salute e il loro sviluppo (legge 89417-6), che suscitò un escalation di proteste. Questa legge è stata promulgata con l intenzione di combattere la pedopornografia, l’istigazione al suicidio o il consumo di droga, ma dietro di sé si nasconde una macchina di controllo ed oscuramento, molta perversa, di qualsiasi pagina web. In questo modo anche siti considerati innocui subiscono un processo di “bannamento” dalla rete, senza una procedura che garantisca un contraddittorio e, quindi, garanzie difensive. Il dibattito sull’uso di internet e dei social media si allarga, peraltro, a macchia d’olio in tutto il mondo, dagli stati più autoritari,come Russia e Cina, fino ai paesi più democratici, ivi inclusa l’Italia. E parallelamente, quindi, si diffonde il dibattito sulla legittimità di forme di censura. In Cina si può andare in prigione fino a 3 anni se solo si emette un tweet diffamatorio retwittato più di 500 volte o visualizzato da più di 5000 utenti; trattasi di vere e proprie forme di controllo della rete che, in sostanza, è l’ unico mezzo d’informazione non legato al governo. In Italia si è più volte discusso della creazione di una legge per punire la diffamazione tramite social media. In pratica ci troviamo davanti una delle più grandi tematiche del nuovo secolo. Come coniugare la tutela della privacy e della libertà di espressione e pensiero nell’Era digitale. Un mondo dove le proprie informazioni viaggiano da una parte all’altra del mondo sfuggendo a qualsiasi tipo di controllo. Tramite i social media si sono e si continuano a raccontare le guerre che affliggono il mondo o i semplici problemi di un singolo stato, scoprendo cosi tanti lati oscuri. In Europa, più precisamente in Grecia, è stato introdotto nel codice penale l’art.458 comma “a”, secondo il quale “ogni persona che viola intenzionalmente le sanzioni o le misure restrittive nei confronti membri o di entità o organismi o persone fisiche o giuridiche, o le decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o di regolamento Ue è punibile con la reclusione per almeno sei mesi, salvo altra disposizione contenuta in più pesante pena”. In sostanza il governo greco mira a criminalizzare non solo gli oppositori anti-Europa, ma anche chi semplicemente non osserva i regolamenti. Si segna un precedente pericolosissimo inserendo il reato di opposizione all’Europeismo. Basti pensare ai 2 milioni di euro spesi per la chiusura di blog e siti dal sentimento antieuropeo. Trattasi quindi di una vera e propria violazione della libertà di espressione che non dovrebbe sorgere all’interno di un Paese che fa parte della comunità Europea, dove tutti dovrebbero essere liberi di esprimere le proprie idee. Vi è la tendenza, quindi, di intervenire sulla materia al fine di porre un bavaglio alla libertà di espressione dei cittadini, visto che basta un tweet per calamitare l’attenzione su determinate questioni che fino a poco tempo fa sembravano lontane e sconosciute. Controllare i social media significa controllare parte di quel sistema d’informazione libero, non controllato dai grandi delle televisioni mondiali, dai centri di potere economico e, quindi, imbavagliare un sistema di informazione e di diffusione delle idee libero ed incondizionato. La partita sulla democrazia, quindi, oggi si gioca sulla censura informatica.
di redazione