venerdì 13 dicembre 2013
Francesco De Lorenzo, nato a Napoli nel 1938, è stato deputato per il Partito Liberale Italiano dal 1983 al 1994 e più volte ministro. Laureato in Medicina e chirurgia all’Università Federico II di Napoli, dal 1962 al 1969 è assistente ordinario di Chimica biologica presso la Facoltà di Medicina dello stesso Ateneo. Dal 1964 al 1966 è ricercatore associato al Laboratory of Chemical Biology del National Institute of Health, Bethesda (Usa).
Con il Premio Nobel per la Chimica 1972 Christian B. Anfisen identifica e caratterizza un enzima fondamentale per la corretta conformazione tridimensionale delle proteine, condizione indispensabile per la loro funzione (Protein Disulfide Isomerase). È autore di 80 pubblicazioni sulle più autorevoli riviste internazionali. Nel 1971 vince il concorso per la cattedra di “Biologia Molecolare” bandito dalla Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Camerino. Dal 1972 è professore ordinario di Chimica biologica presso la Federico II di Napoli. Tra il 1972 e il 1992 si occupa di mutagenesi e cancerogenesi chimica e meccanismi molecolari di trasformazione neoplastica da agenti cancerogeni e virali.
Dal 1976 al 1990 è Primario del servizio di Ematologia di laboratorio presso il Policlinico della stessa Università. Esponente del Pli: dal 1975 al 1993 ha rivestito l’incarico di consigliere comunale di Napoli, eletto alla Camera dei deputati per la prima volta nel 1983 (IX legislatura), viene riconfermato anche nella X e XI fino al 1994. Dal 1987 al 1989 è componente delle Commissioni parlamentari di vigilanza sulla Rai e Antimafia. Dal 1983 al 1986 è Sottosegretario alla Sanità, mentre dal 1986 al 1987 è ministro dell’Ambiente. Con lui sono istituite le prime riserve marine (Ustica e Miramare) e il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri (Noe). Dal 1989 al 1993 è ministro della Sanità.
Nel 1991 ottiene dal Consiglio dei Ministri della Sanità della Ue l’approvazione di un ordine del giorno per l’inserimento della politica sanitaria in Europa, successivamente recepita nel trattato di Maastricht. Insieme a Paolo Cirino Pomicino, Carmelo Conte e Giovanni Prandini formava la cosiddetta “banda dei quattro”, definizione coniata dal democristiano Guido Bodrato e utilizzata dalla sinistra per sottolineare la natura predatoria del gruppo. Il democristiano Pomicino, il liberale De Lorenzo e il socialista Di Donato vennero invece definiti “I viceré” e alcuni li descrivono come i “veri padroni di Napoli per oltre un decennio”. Queste ultime due voci derivano da valutazioni di carattere esclusivamente politico-giornalistico, poiché non sono mai state provate, né tanto meno confermate ad alcun livello giudiziario e/o istituzionale.
Coinvolto nello scandalo di Tangentopoli, De Lorenzo ha avuto una condanna definitiva (5 anni) per associazione a delinquere finalizzata al finanziamento illecito ai partiti. Successivamente la Corte Costituzionale, con decisione del 24 marzo 2002, ha affermato che nel suo procedimento penale non erano state applicate le norme del “giusto processo”, entrate in vigore nel 1999, e pertanto il procedimento stesso doveva essere annullato. E ancora la Corte di Cassazione, con due successive pronunce, ha riconosciuto che nella sentenza di condanna erano contenuti gravi e decisivi errori, non rimediabili solo perché si trattava di “errori di diritto” e non “di fatto”.
La sentenza n. 144/09 resa dalla Terza sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti, il 9 giugno 2010, depositata in data 11 febbraio 2011, escludeva il danno erariale e quindi l’illecito aumento dei prezzi dei farmaci riconoscendo la sussistenza del solo danno non patrimoniale con la condanna di circa cinque milioni di euro. La Cassazione, con sentenza del 12 aprile 2012, ha rigettato il ricorso con la conferma della condanna per danno d’immagine a 5 milioni di euro a carico di De Lorenzo e dell’ex dirigente del Servizio farmaceutico Duilio Poggiolini. Da oltre vent’anni dedica le sue migliori energie al volontariato. Dal 1985 al 1993 è presidente dell’Associazione nazionale Lotta all’Aids “Anlaids”. Dal 1995 è coordinatore sanitario della “Comunità Incontro” fondata da don Pierino Gelmini. Nel 1997, dopo essersi ammalato di cancro, ha fondato l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (AIMaC), per l’informazione e il sostegno psicologico dei malati e dei loro familiari.
Nel 2003 fonda la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e dal 2004 ne è presidente.Vicepresidente dell’European Cancer Patient Coalition (Ecpc) dal 2010, De Lorenzo nel giugno 2013 ne diventa presidente con votazione unanime per il triennio 2013-2015, primo italiano a guidare la coalizione europea dei pazienti colpiti da neoplasia. De Lorenzo è uno dei dieci membri effettivi dell’Osservatorio Nazionale per il Volontariato del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e ha seguito, da coordinatore, il capitolo del “Rapporto Italia 2006 Eurispes” dedicato a Salute e Benessere. Dal 2008 è presidente dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici realizzato da Favo, che pubblica annualmente un rapporto sulle disparità nell'accesso dei malati oncologici ai trattamenti diagnostici, terapeutici ed assistenziali. L’affidamento ai Servizi Sociali all’epoca della sua condanna cambiò la sua vita e come “esperto della materia” di recente è uscito dalla riservatezza, concedendo un’intervista sul caso Berlusconi di cui riportiamo alcune parti.
L’affidamento ai Servizi sociali a cui oggi potrebbe ricorrere Berlusconi può essere un’alternativa anche all’impegno politico?
“Sono sempre stato convinto che nella vita bisogna trovare equilibri. Quello che ho trovato io è diverso dal precedente anche se vorrei ricordare che la Cassazione, a sezioni riunite nel luglio del ’97, ha riconosciuto che i finanziamenti illeciti di cui sono stato accusato andavano al mio partito. C’era un conto corrente di cui non avevo la gestione, non mi sono arricchito come la stessa pubblica accusa ha riconosciuto. Certo, ho consentito - e con me un’intera classe politica - che vi fosse quel sistema ma andava così da sempre, tanto che per lo stesso reato, ma commesso prima dell’89, altri hanno potuto godere dell’amnistia e dell’indulto”.
I Servizi sociali sono serviti a rimettersi in gioco?
“Mi sono dato una ragione di più visto che era impossibile difendersi. Ho pagato fino in fondo e poi ho pensato, da malato di cancro, a quello che potevo fare per aiutare gli altri. Conosco la solitudine dei malati oncologici, la paura della morte. Oggi la nostra associazione supplisce concretamente a una carenza di informazione per le famiglie, abbiamo 36 sportelli in tutta Italia e cerchiamo di essere utili a tanti. Il mio impegno è servito, spero, a combattere anche la leggenda metropolitana che si è abbattuta su di me, quella delle trasfusioni infette. Io che sono stato l’autore di una legge sul sangue, ma dopo tanti articoli in quel processo non sono stato neanche chiamato come persona informata dei fatti”.
A Berlusconi consiglia di accettare la pena alternativa?
“La sua condizione è unica e irripetibile, diversa dalla nostra. All’epoca di Tangentopoli né io, né Craxi, Andreotti, Forlani, Scotti o tanti sindaci coinvolti nelle inchieste saremmo potuti restare in politica. Ci venne a mancare il consenso popolare, quello che invece Berlusconi ha e pare sia ancora molto forte. Solo lui può decidere cosa sia meglio. Di sicuro, rispetto all’epoca, l’informazione non è riuscita a distruggerlo. È difficile dire “fatti da parte, lascia perdere”: il leader di FI verrebbe meno al ruolo di rappresentanza politica che ancora tanti gli riconoscono”.
Vent’anni di conflitto tra politica e magistratura, un governo nuovamente appeso al filo dopo una sentenza: come se ne esce?
“Bisogna riconsiderare il principio secondo cui le sentenze passate in giudicato non possono essere modificate. Nel mio caso, due ricorsi stabilirono errori giudiziari e non di fatto, ma il verdetto non fu rivisto. Ci furono anche delle interrogazioni parlamentari dopo che la Consulta decise che il mio processo era ingiusto, ma ugualmente nulla accadde”.
Ma Tangentopoli portò alla luce un sistema di corruzioni senza precedenti.
“Le sentenze però non hanno fatto chiarezza sulle responsabilità penali delle singole persone e per questo era necessaria un’inchiesta parlamentare che forse avrebbe evitato lo scontro di cui l’Italia è ancora vittima. Non abbiamo avuto il diritto alla difesa, subissati da accuse rivolte da persone che erano in carcere e non avevano altra strada per uscirne. Solo negli anni successivi, con la riforma della Costituzione, è passato il principio che chi accusa deve essere interrogato durante il dibattimento”.
La politica, oggi come allora, mostra di essere debole?
“Lo è perché, sbagliando, fu cancellata la norma sull’immunità voluta dai costituenti. All’epoca fummo sommersi dai media, ma adesso bisognerebbe prendere atto che il Parlamento europeo, come altre assemblee elettive in Europa, sono dotati di uno scudo. Non vedo perché l’Italia non debba averlo”.
Con la legge Severino, chi è condannato, pur se eletto, decade.
“Se il Parlamento fa decadere Berlusconi si ipoteca un limite al potere legislativo e si rischia, come ricordava Stefano Caldoro, che va a finire nuovamente con il lancio di monetine, che colpì Craxi”.
Protagonista di un’epoca scandita da luci e molte ombre.
“Noi però di cose ne abbiamo fatte tante. A Napoli, per esempio, ci siamo assunti la responsabilità della ricostruzione post-terremoto e io liberale, storicamente avversario della sinistra, ho votato insieme con il Pci nel ’75 affinché si realizzasse la metropolitana, tanto da beccarmi uno schiaffo in Consiglio comunale da uno del Msi. Abbiamo commesso molti errori, ma chi amministra oggi non ci venga a dire che non abbiamo realizzato nulla”.
di Achille della Ragione