Rivoluzione italiana contro l’alta dirigenza

martedì 10 dicembre 2013


“Non è ancora disponibile un bilancio degli scontri”, così agenzie e telegiornali ribattono il comunicato stampa delle varie questure. Ma dai vari filmati scaricati su internet emerge che, oltre alla torinese piazza Castello, tutte le sedi italiane di Equitalia, Inps, Inail e Agenzia delle Entrate sono ormai a rischio d’assalto da parte di quelle che in tanti ormai chiamano “forze rivoluzionarie”. Ad animare le “rivolte spontanee” sarebbero in tutto lo Stivale più di due milioni di cittadini: disoccupati, operai, sottoccupati, camionisti, artigiani, precari, commercianti al dettaglio, ambulanti. Chiedono che il Governo vada a casa e che vengano eletti rappresentanti in grado di legiferare a favore degli esclusi dalle scelte politiche, ovvero l’80% degli italiani.

I “Forconi” non hanno nulla in comune con il “Partito rivoluzionario europeo”: a quest’ultimo sono ascrivibili tutte le sigle afferenti nella disobbedienza sociale, nell’anarchia storica e radicata, come le varie fazioni No-Tav o gli ex No-global di Genova 2001. Ma entrambi i movimenti potrebbero trovare un punto d’accordo per l’ultimo assalto, ovvero l’occupazione di Roma e dei vari palazzi istituzionali. Per il momento i Forconi puntano sul rafforzare la protesta nei vari capoluoghi italiani, stremando con azioni mirate e violente le prefetture ed i battaglioni mobili di Guardia di finanza, carabinieri e polizia.

Piegata in periferia la difesa dello Stato, sarà possibile per i coordinamenti dei Forconi capire se lo Stato vuole capitolare o se il Presidente della Repubblica preferisca gettare il Paese nella guerra civile: ovvero applicare l’articolo 5 del “Codice militare”, che prevede l’applicazione della “legge penale militare di guerra” in caso di “urgente e assoluta necessità”; quindi “nei casi straordinari, in cui ragioni di urgente e assoluta necessità lo richiedano, può, con decreto del Presidente della Repubblica, ordinarsi l’applicazione, anche in tempo di pace, della legge penale militare di guerra, in tutto il territorio dello Stato o in una o più parti di esso”… anche in “relazione a luoghi che non sono in stato di guerra”. L’esercito contro la popolazione civile?

L’ipotesi sarebbe già al vaglio di alcuni commissari del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), che vorrebbero che Napolitano dia mano libera all’esercito contro le “rivolte spontanee”. Una responsabilità che il Capo dello Stato non vorrebbe assumersi, soprattutto di fronte alla storia. Anche perché sia Grillo che Berlusconi sottolineano come ad auspicare l’intervento dell’esercito siano dei “parlamentari illegittimi”. “Siamo disposti a farci arrestare - spiega Mariano Ferro - siamo disposti a darci fuoco davanti alle prefetture”. Frasi forti, evidentemente di sfida, e perché i proseliti del movimento dei Forconi si sono centuplicati nel giro di pochi mesi, causa la povertà che ormai attanaglia il 70% degli italiani.

Con loro non ci sono sigle sindacali né simboli dei partiti rappresentati a Montecitorio. Il movimento condensa tutta la lotta contro l’alta dirigenza di Stato portata avanti da agricoltori, trasportatori, produttori vari, commercianti anti-tasse, rappresentanti delle partite Iva, artigiani, anti-europeisti motivati. Nei Forconi si riuniscono diverse anime, ed i coordinatori lavorano perché la protesta s’allarghi a tutte le classi lavorative. I Forconi di oggi non sono più quel gruppo etnografico che paralizzava la Sicilia un annetto fa. Oggi il movimento è radicato in tutto lo Stivale, si confrontano con proposte di lotta e strategie grazie alla rete (un po’ come in tutti i Paesi recentemente baciati dalle rivolte).

I loro nemici si chiamano banche, tasse, dirigenza di Stato, direttive europee, paladini dei “sacrifici per l’Ue”. Dopo che la protesta avrà paralizzato l’intera Italia, i vari coordinatori organizzeranno “l’assalto a Roma” (così è già stata appellata la soluzione finale). Per occupare Roma, senza temere colpi di coda da parte dell’esercito e delle forze di polizia, i coordinamenti delle “forze rivoluzionarie” hanno stabilito che necessiterebbe entrare nella Capitale con circa un milione di uomini. “Roma sarà l’ultima meta - ci ha spiegato un “forcone” - prima dobbiamo consolidare le proteste da Milano alla Sicilia, dalla Puglia alla Campania, dalla Calabria fino a Torino… poi toccherà a Roma, ai suoi uffici pubblici”.

Il cambiamento di rotta era stato chiesto da tempo, e la classe dirigente ha reputato la disoccupazione “un problema d’ordine pubblico” (per dirla con le parole degli 007). Lo Stato ha proposto il muro contro muro e le misure forti in nome dell’Europa, ed il popolo sta rispondendo con la rivolta.


di Ruggiero Capone