Ecco il “Loop” della delegittimazione

sabato 7 dicembre 2013


Chiamatelo il “Loop” della delegittimazione. Problema: chi e che cosa resta di legittimo dopo la decisione della Corte Costituzionale sulla parziale abrogazione del “Porcellum”? Tutti e nessuno; ogni cosa e nulla, contemporaneamente. Già, perché la delegittimazione, in questo senso, ha un carattere perfettamente “circolare”: si parte da un punto qualsiasi per poi ritornarci alla fine del percorso. Iniziamo dalla sentenza, che conosciamo soltanto attraverso lo scarno comunicato dei Giudici costituzionali, e i cui effetti si esplicheranno soltanto dopo la relativa pubblicazione.

Molti ne ricavano, induttivamente, una serie d’illegittimità, in un ordine discendente. Sarebbero, pertanto, illegittimi: l’attuale Parlamento e quelli precedenti, eletti con il Porcellum; le più alte cariche dello stato (Napolitano; Grasso; Boldrini); i Governi, i Ministri, e tutti gli atti controfirmati da questi ultimi e dai dirigenti dello Stato e della Pubblica Amministrazione, da loro nominati. In pratica, in un colpo solo, si tirerebbe giù tutto lo Stato-Amministrazione, per cui occorrerebbe restituire tutte le tasse indebitamente percepite; gli stipendi dei pubblici impiegati; gli investimenti pubblici, e via dicendo.

Poiché, però, anche la maggioranza degli attuali giudici costituzionali sono stati designati da Presidenti della Repubblica e da Parlamenti illegittimi, ne consegue che “anche” le loro decisioni sono illegittime e, quindi, la sentenza sul Porcellum è illegittima. Fine della giostra. Capite bene che, per non impazzire, occorre percorrere cautamente una via di mezzo. Basterebbe dire che la sentenza “non” è retroattiva, grazie a un’interpretazione autentica della stessa Corte. Oppure, attendere che (parimenti a quanto accaduto con il Porcellum) sia la giurisdizione a investire la Corte stessa, con un’eccezione di costituzionalità, che scaturisca, ad esempio, da un contenzioso di un privato cittadino pronto a denunciare l’illegittimità di una delle tante leggi approvate dal Parlamento eletto con il Porcellum.

Questo sotto il profilo tecnico. Dal punto di vista politico, ribadito che l’isotopo radioattivo del Cavaliere decaduto potrebbe rappresentare una sorta di Chernobyl per il Governo Letta, vale la pena di chiedersi: “a chi giova” la proporzionale pura, con soglia di sbarramento al 2%? A tutti (FI, Pd, Alfano, Casini, ecc.), meno che a Grillo e Renzi. In particolare, il sindaco di Firenze perde di colpo tutto l’appeal che gli derivava dal bipolarismo e dalla scelta obbligata, per l’elettore, di stare da una parte (centrodestra) o dall’altra (centrosinistra), sperando in un rapido svuotamento del movimento di protesta del Movimento Cinque Stelle, e in un calo significativo dell’astensione, grazie a un nuovo confronto all’americana tra l’intramontabile Berlusconi e il nuovo Henry Potter della politica italiana, che si vanta di saper fare magie per risanare l’Italia.

Non sorprende allora la mossa recente del Pd, che ha disperatamente bisogno di una maggioranza sicura (altrimenti sarebbe costretto all’eterna ammucchiata con il centrodestra, come avviene in Germania, in caso del mantenimento della proporzionale pura), di proporre il “doppio turno di collegio”, alla francese, sul tavolo della trattativa per la riforma bipartisan della legge elettorale. Mossa abile per stritolare i cespugli nascenti del Nuovo Centro Destra, a matrice democristiana, e la protesta destabilizzante di Grillo, il cui sentimento antieuropeista è destinato a fare breccia nell’elettorato alle prossime elezioni europee, seguito a ruota dalla nuova Forza Italia, pronta a dare battaglia sugli stessi argomenti: ridiscutere l’Euro e i Trattati, come quello del Fiscal Compact sul pareggio di bilancio.

Ammettiamo, per ipotesi, che domani fosse legge il doppio turno, con collegi uninominali. Grillo non potrebbe più avvantaggiarsi delle liste bloccate per far eleggere perfetti sconosciuti, senza nessuna preparazione politica e cultura istituzionale. Potrebbe, però, reagire individuando altrettante figure alla Rodotà (personalità illustri, di indubbio valore culturale e etico), per ogni collegio. In questo caso, però, nulla lo salverebbe dall’essere stritolato da accordi di desistenza, contratti tra i due maggiori Partiti (Pd, FI), per far eleggere al secondo turno propri candidati.

Del resto, come potrebbe essere diversamente? Forse, Grillo non ha da sempre gridato nelle piazze, nel web, in tutte le occasioni pubbliche di volere l’annientamento dei partiti esistenti? E allora, perché dovrebbe sperare in un soccorso rosa-azzurro? Questo, per la politica-politicante. Ma nel Paese esistono ben altre spinte antistataliste che pretendono il completo smantellamento dello Stato-badante e delle sue inefficienze, pena la secessione e la rivolta fiscale. Perché, in realtà, noi siamo in una “buca” di potenziale della burocrazia. Per chi abbia una minima conoscenza di meccanica quantistica, questo significa che “o si verifica un evento casuale, una fluttuazione imprevista”, tale da consentirci (per una sorta di Principio di Indeterminazione di Heisenberg, dal punto di vista delle dinamiche sociali) di uscire dalla trappola, o saremo sconfitti per sempre, prigionieri dei pezzi di carta, con intestato lo stemma della Repubblica Italiana!

E lo Stato ha in mano l’arma della forza, il potere giudiziario, i servizi di pubblica utilità, per obbligare i cittadini a rispettare quei suoi provvedimenti, per quanto assurdi possano essere. Con buona pace di chi al Nord vorrebbe secedere, confederandosi con le regioni della ex Mitteleuropa, o con la Svizzera. Davvero qualcuno pensa che cinquecentomila effettivi, in armi e divise, si metteranno dalla parte dei rivoltosi? E chi sarebbero costoro? Quei milioni di partite Iva, che sanno solo marciare disuniti, pagare borbottando tasse borboniche, accettando in cambio servizi da Terzo Mondo?

L’alternativa è diventare tutti “apolidi”? Ha senso tornare indietro di molti secoli? E poi, come si fa a pensare a un popolo migrante di apolidi, resi tali dalla necessità di sfuggire alla morsa di questo Stato-badante? I nostri giovani e anziani, ovunque essi andranno, troveranno pur sempre uno Stato e le sue leggi, per scoprire, alla maniera del Poeta, “come sa di sale l’altrui pane”. No, la soluzione, a mio avviso, sta nel realizzare, a tappe forzate, uno Stato “leggero”, attraverso la digitalizzazione e il lavoro a distanza, in modo da risparmiare centinaia di miliardi di euro all’anno. Idem, per quanto riguarda la formazione universitaria e professionale. Tertium non datur.


di Maurizio Bonanni