venerdì 6 dicembre 2013
Nuovi contenuti in virtù dell’accordo realizzato tra “L’Opinione” e la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo che prevede uno spazio settimanale sul nostro giornale dedicato alle attività e approfondimenti a cura della Lidu.
La Giornata Nazionale dei Diritti dell’Uomo
Come ogni anno, ormai per tradizione, il 10 dicembre la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo celebrerà la “Giornata nazionale dei diritti umani”. Alle 10, presso la sede nazionale di Roma (via dell’Ara Coeli n. 12), il senatore Luigi Compagna, l’onorevole Roberto Giachetti, il professor avvocato Riccardo Scarpa e l’avvocato Oreste Bisazza Terracini si confronteranno, moderati dall’onorevole Alfredo Arpaia, presidente della Lidu, sul tema “Molti diritti umani, anche in Italia, culla del diritto, vengono disattesi”. Nell’occasione verrà conferito al professor Elio Toaff, Rabbino capo emerito di Roma, il premio Paolo Ungari 2013, per le battaglie sostenute per la promozione della tolleranza religiosa e contro ogni forma di discriminazione razziale, nel nome di una fratellanza umana senza distinzioni.
La Lidu sulla tragedia di Prato
Un incendio sviluppatosi in un capannone di Prato ha causato la morte di sette lavoratori cinesi; altri due sono in gravi condizioni. Decine di operaie morirono a New York nell’incendio di una fabbrica di camicie. Era il 25 marzo 1911. Sembra che poco sia cambiato da allora: commemoriamo in tutto il mondo la data dell’8 Marzo, ma episodi simili continuano a ripetersi. Da tempo sappiamo che la situazione delle fabbriche cinesi a Prato ha aspetti gravi di irregolarità, ma pare che le autorità non possano o non vogliano assumere i provvedimenti necessari a sanarle. La mancanza di controllo del territorio assume aspetti sempre più preoccupanti, e si dimostra in maniera tragica e cruenta che laddove i diritti umani non vengono rispettati si apre la porta all’emarginazione, allo sfruttamento, alla schiavitù e alla morte. La Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo deplora che le istituzioni dello Stato Democratico si dimostrino ancora una volta impari ai loro compiti e nell’unirsi al lutto delle famiglie di questi sfruttati, veri schiavi del terzo millennio, chiede che sia fatta piena luce sulle cause e sulle condizioni che hanno determinato una tale tragedia, e che le competenti autorità facciano finalmente quanto è necessario per stroncare questi comportamenti illegali, destinati, come in questo caso, a sfociare in tragedia.
Morti nella trappola delle generazioni
di Riccardo Scarpa
Se vi è una cosa sottolineata da tutti i commentatori, è che quei sette esseri umani ridotti a mozziconi bruciati, in una “fabbrica galera” di Prato, sono morti non per carenze del welfare, per violazione dei loro diritti sociali e sindacali, perché in Italia vige ancora lo jus sanguinis e non lo jus soli, per ritardo nei soccorsi, ma solo perché privati dei più tradizionali diritti dell’uomo, quelli degli “immortali principi” del 1789 francese o della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati uniti d’America, prima ancora che della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa, della Carta di Nizza dell’Unione europea e dei vari atti internazionali in materia di diritti civili e politici, di diritti sociali o di diritti di genere. Questo ci obbliga a due considerazioni. Innanzitutto tutti siamo caduti nel trappolone di dividere i diritti degli esseri umani per “generazioni”, a seconda di quando sono stati riconosciuti. Diritti di prima, seconda, terza, quarta, ennesima generazione. Fu una trovata degli Stati comunisti, che servì loro per sostenere che le loro dittature fossero le più avanzate nella tutela dei diritti, in quanto avrebbero propugnato ed attuato i diritti sociali di ultima generazione e, quindi, “superato” la tutela dei diritti borghesi, individualisti, di democrazie meramente “formali”. Quei poveri esseri umani ridotti a mozziconi bruciati ci hanno dimostrato ancora una volta quanto la forma, in materia di diritti, sia sostanza. Essi sono morti perché non vennero riconosciuti loro i diritti per i quali, fra Settecento ed Ottocento, si batterono, in Europa e nelle Americhe, le leghe per l’abolizione della schiavitù. Sono morti perché non vissero come lavoratori subordinati nella prima Rivoluzione industriale, come superficialmente s’è scritto, ma furono ridotti in schiavitù, legati alla fabbrica come i condannati alla galera ai remi, reclusi a dormire sul posto di lavoro, in loculi nei quali sono morti per non essere potuti uscire né da porte sprangate, né da finestre chiuse con grosse inferiate. Nell’indifferenza di una Nazione che corre ad attuare le ultime generazioni dei diritti, combatte molto giustamente contro le disparità di genere e l’omofobia, ma si cura sempre meno dei diritti di prima e più antica generazione, quei diritti così “borghesi” da non entrare nelle carceri. La seconda considerazione riguarda le dichiarazioni del sindaco di Prato e del presidente della Regione Toscana pro tempore. Non importa di che partito siano, non ce ne siamo neppure curati, perché purtroppo qualunque esponente politico al loro posto avrebbe detto le stesse cose. Essi hanno stigmatizzato che una porzione del territorio della città toscana sia, di fatto, in una condizione di extraterritorialità, occupata da una popolazione non censita all’anagrafe, dove non vigono le leggi italiane, dai diritti umani fondamentali alle norme sanitarie, dal diritto del lavoro al diritto sindacale, per non parlare del diritto penale. A quei poveri “mozziconi” non è stato possibile neppure dare un nome. Non si sono rinvenuti documenti, nessun familiare si è presentato a chiedere notizie. Ma è autorizzato a lamentarsene un sindaco che, oltretutto, è anche, per norma mai abrogata, ufficiale di polizia giudiziaria? Chi si deve occupare del territorio comunale se non il sindaco? Si è straparlato per anni di autonomia locale e federalismo, ed intanto gli amministratori locali non si sono peritati neppure di controllare la vigenza della sovranità dello Stato nel loro territorio. E poi ci si piange addosso per lo strapotere delle mafie e della varie cammurrie.
di redazione