Condanna dei marò, l’omissione italiana

mercoledì 4 dicembre 2013


Lo scorso 23 novembre viene caricato su “YouTube” un filmato bilingue, a cura del capitano di fregata Diego Abbo: è un’analisi, basata su parametri scientifici, di come nella vicenda dell’Enrica Lexie e dei Marò ci sia stato un caso di “spiattellamento”, ossia di rimbalzo sull’acqua dei colpi sparati. Lo studio del comandante Abbo era già stato formalmente notificato, sia per iter gerarchico che direttamente, al ministro della Difesa lo scorso settembre, nei giorni 26 e 27. Nell’analisi notificata, Abbo prospettava la vera opportunità risolutiva per la vicenda dei marò: basata su una approfondita analisi tecnico-documentale. Motivi più che bastevoli ad avallare che Abbo venisse sentito dai superiori, anzi da una commissione parlamentare e dallo stesso ministro della Difesa.

Ma i ripetuti tentativi di colloquio con la gerarchia militare si sono dimostrati infruttuosi: non dimentichiamo che i vertici militari sono direttamente subordinati al ministro, e per l’urgenza e la criticità della vicenda ci si sarebbe attesi ben altra condotta da istituzioni politiche e militari. Nella richiesta di colloquio, Abbo dichiarava di aver elaborato, sia in lingua italiana che inglese, uno studio interamente basato sulle “metodologie della ricerca scientifica in grado di dimostrare inequivocabilmente che i marò non avevano precise responsabilità dirette di sorta e dovevano essere assolti”.

Tra l’altro, lo studio determinava tutti i presupposti per non creare un “pericoloso precedente” ad eventuali episodi di rilevanza penale in cui dovessero trovarsi coinvolti i nostri militari all’estero: la “perizia Abbo” (così è nota agli addetti ai lavori) crea un’architettura di “pieno indennizzo”, assolutamente legale e di totale gradimento dell’opinione pubblica. Governo e gerarchia militare sarebbero risultati immuni da responsabilità penali e civili: “in quanto avevano operato con i più alti criteri di efficacia e di efficienza, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, e di tutela della vita delle persone”, per dirla alla comandante Abbo. La perizia mette in risalto che “le Nazioni Unite non avevano attivato le necessarie indagini finalizzate a costituire i dati storici e le relative lesson learned per l’emanazione delle future specifiche direttive”.

Il capitano di fregata è riuscito a ricostruire le traiettorie dei quattro colpi e il preciso impatto sul peschereccio indiano, calcolando la velocità residua dei due proiettili che hanno ucciso i pescatori: la direzione finale delle traiettorie, secondo le tracce lasciate sul peschereccio, era dal basso verso l’alto. “Una validazione dello studio - spiega Abbo - stabilirebbe senza ombra di smentita che non è stata applicata la regola 103 da parte dei due marò, che prevede il tiro diretto sul potenziale attaccante, e dopo aver utilizzato tutti i mezzi non letali di dissuasione. La validazione stabilirebbe, inoltre, che è stata applicata la regola 102, che prevede il fuoco dissuasivo ad una distanza di sicurezza dal potenziale attaccante, e anche senza aver attivato i cosiddetti avvertimenti non cinetici”.

La “validazione” e la presentazione dello studio del comandante Abbo come linea di difesa, porterebbe ad una totale assoluzione dei marò, e non verrebbero meno i presupposti per d’indennizzo in caso di condanna per colpa. Ma al momento è stata volutamente fatta calare una cappa di silenzio sull’intera vicenda, e sia da parte italiana che indiana. S’aggiunge che, senza alcuno straccio di prova, è apparsa sulla stampa l’indiscrezione che i marò non avrebbero “seguito le procedure”. Accusa che risulterebbe vera se si fosse trattato di fuoco diretto (la regola 103), ma cadrebbe immediatamente per l’applicazione della regola 102: è stato prodotto un rimbalzo che nessuno (compresa l’Imo: Organizzazione Marittima Internazionale) avrebbe potuto prevedere.

Da parte italiana, nella vicenda sono preventivamente coinvolti ben tre ministeri, e ai sensi dell’articolo 5 della legge 130 del 2 Agosto 2011, per ulteriori misure di contrasto alla pirateria. Ovvero la Difesa per la “produzione delle regole di ingaggio”, i Trasporti per il parere vincolante sulla security a bordo delle navi mercantili superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda (in ossequio alla normativa Imo denominata Isps, International Ship Port Security) e, dulcis in fundo, gli Esteri che devono tenere conto di pareri e informazioni Imo relative ad “eventuali rischieramenti dell’attività di pirateria”. Inoltre gli Esteri dovevano considerare ogni aspetto afferente il diritto internazionale, con particolare riferimento sia alla convenzione di Montego Bay che ai poteri giudiziari dei “Paesi Rivieraschi” (India) nelle “acque della propria zona contigua”.

L’inceppamento (sarebbe meglio dire l’incagliamento doloso) dei tre ministeri sulla gestione dell’evento indiano, dimostra l’attitudine della pubblica amministrazione italiana ad interpretare sempre e solo il ruolo della zavorra nella sicurezza marittima come in altre circostanze. Al di là dell’omissione d’atti d’ufficio, peculiarità della catena gerarchica militare italiana, il non approvare (o smentire) lo studio del comandante Abbo dimostra o la volontà di voler creare un cono d’ombra. Qualcuno si chiese se la “melina istituzionale” (ivi compresa la secretazione delle regole d’ingaggio nazionali) non sia finanziata da qualche “refuso di tangenti”, forse rimasto nel cockpit degli elicotteri Agusta Westland. Certo è che la “ragion di stato” e gli “ordine superiori” impongono che i marò rimangano prigionieri degli indiani.

Il silenzio e la stasi nuocciono alla difesa dei marò, e non pongono l’accento sulla regola Imo relativa al fuoco dissuasivo: il comportamento delle istituzioni, se non opportunamente corretto, potrebbe generare altri episodi di “fuoco amico”. Qui la responsabilità è tutta degli Esteri. Allora perché il governo italiano (tramite la Difesa) non ha valutato l’ipotesi investigativa dello spiattellamento della raffica, forse non vuole emerga l’ipotesi difensiva? E perché il governo (questa volta tramite i Trasporti) non ha riformulato l’analisi del rischio sulle navi mercantili che debbono proteggersi dalla pirateria? E sempre il governo, perché per il tramite degli Esteri non ha sollevato in modo pertinente il problema all’Onu, in modo da prevenire e tutelare la sicurezza della vita umana in mare?

Il governo italiano non si cura tanto dell’opinione pubblica: al punto a cui è arrivato fa poca differenza che gli schizzi siano di fango o sangue o altro ancora. Il comandante Abbo ci ha consegnato le missive aventi per oggetto il conferire col “Signor Ministro della Difesa, Senatore Professore Mario Mauro”: tutto ha camminato per ordine gerarchico, tutto è stato bloccato come da vecchio iter burocratico all’italiana. Secondo i ben informati la vita dei marò val bene il “contratto Westland”.


di Ruggiero Capone