martedì 3 dicembre 2013
Nella storia di un grande Paese democratico esistono epoche che hanno un inizio ed una naturale conclusione. Per molti osservatori la decadenza dalla carica di senatore del presidente Berlusconi, dovuta all’applicazione della “Legge Severino” ed alla condanna penale per frode fiscale confermata dalla Corte di Cassazione, chiude e pone un sigillo definitivo sulla Seconda Repubblica.
Alcuni si sono compiaciuti poiché è stata riaffermata la regola sacra dello stato di diritto che impone l’osservanza del principio dell’eguaglianza di fronte alla legge per tutti i cittadini, siano essi ricchi e potenti o anonimi membri della nostra comunità nazionale. Altri, che hanno creduto nella possibilità che il movimento politico del presidente Berlusconi promuovesse la rivoluzione liberale, obiettivo mancato nel corso della Seconda Repubblica, hanno posto l’accento sul fatto che un leader democratico, che ha raccolto e ottenuto milioni di voti, è stato estromesso dalla vita pubblica per via giudiziaria e non in base all’esito di una consultazione elettorale.
C’è chi ha tracciato nelle proprie analisi, sottolineando l’anomalia irrisolta del conflitto di interesse, una sottile distinzione tra Berlusconi ed il Berlusconismo, per sostenere che questo fenomeno politico è ancora vivo e si nutre di pulsioni populiste e demagogiche. La scissione tra la rinata Forza Italia e la nascita del Nuovo Centro Destra, guidato da Angelino Alfano, è un evento politico provocato dall’atteggiamento diverso che la decadenza da senatore di Berlusconi ha determinato tra gli esponenti del centrodestra nei riguardi del governo Letta.
Infatti Forza Italia non ha approvato la legge di stabilità, collocandosi all’opposizione e sperando in tal modo di avvicinare le elezioni anticipate, mentre il Nuovo Centro Destra è rimasto ancorato all’alleanza di governo, il cui profilo politico ed i cui connotati sono radicalmente mutati. Infatti il governo della larghe intese non esiste più, poiché si è dissolto in seguito alla posizione assunta da Forza Italia.
Questo fatto nuovo sul piano politico impone al Presidente Letta l’obbligo, come ha dovuto ammettere il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di ripresentarsi alle Camere, dopo che l’otto dicembre si saranno tenute e svolte le primarie del Partito Democratico. Ovviamente, anche senza il sostegno di Forza Italia, il governo gode del sostegno di una solida e autonoma maggioranza in entrambe le Camere. Come appare evidente, a chi è abituato a ragionare di politica con lucidità e realismo, anche se il presidente Berlusconi continuerà ad esercitare un ruolo nella vita pubblica, avendo a disposizione i mezzi finanziari ed il controllo dei media per poterlo fare, storicamente il nuovo soggetto politico di Alfano diventa un tentativo ambizioso per dare vita in Italia alla nascita di un centrodestra liberale ed europeo, che sia immune dalla tentazione populista e demagogica e simile per ispirazione culturale alla destra occidentale.
Il cambiamento della natura e del profilo politico del governo Letta ha implicazioni anche nel campo del centrosinistra. Infatti Matteo Renzi, che si accinge a sfidare alle primarie Cuperlo e Civati per conquistare la segreteria del Pd, in un’intervista rilasciata domenica scorsa ha sostenuto che il governo, dopo il passaggio parlamentare che ci sarà a dicembre, dovrà a suo avviso perseguire una politica netta ed efficace sui temi delle riforme istituzionali e costituzionali, sull’Europa e sulla economia, per superare la grave crisi economica in cui è invischiato il nostro Paese. A questo proposito, è imminente la pronuncia della Corte Costituzionale sul ricorso presentato dalla Cassazione che ha sollevato dubbi di costituzionalità sulla legge elettorale attualmente vigente.
Per i giuristi la Corte Costituzionale potrà sia dichiarare illegittimo il premio di maggioranza del Porcellum, che in effetti è abnorme, favorendo la resurrezione della vecchia legge denominata “Mattarellum”, oppure limitarsi a chiedere al Parlamento di intervenire per correggere ed emendare i difetti della legge elettorale vigente, che cosi com’è non garantisce la rappresentanza democratica. Per Matteo Renzi è fondamentale che in questo periodo e fino al 2015, anno in cui si dovrebbe ritornare al voto, dopo il semestre della presidenza Europea che spetterà al nostro Paese presiedere, si approvino le riforme costituzionali, riducendo il numero dei parlamentari, superando il bicameralismo perfetto e ridimensionando i costi della politica.
Esistono dei disegni di legge già presentati in tal senso e non è necessario, come in un primo momento si era ritenuto, dovere modificare l’articolo 138 della nostra Carta Costituzionale. Sull’Europa è essenziale che nel dibattito pubblico italiano vi sia la consapevolezza di quanto sia urgente e non più rinviabile una proposta politica e culturale per dare alle istituzioni comunitarie un assetto federale ed unitario. L’unione bancaria e quella fiscale sono obiettivi che devono essere perseguiti con grande impegno in sede comunitaria, poiché le politiche di austerità imposte dalla posizione rigida assunta dalla Germania dopo la crisi finanziaria americana del 2008, hanno prodotto l’aumento della disoccupazione e delle diseguaglianze, frapponendo ostacoli all’edificazione dell’Europa Federale.
In ogni caso, le novità che stanno emergendo nella politica italiana, come ha notato lucidamente uno scrittore di valore come Francesco Piccolo sul Corriere della Sera di domenica scorsa, fanno sperare che sia arrivato il momento di superare l’ossessione simmetrica tra il berlusconismo e l’antiberlusconismo, che ha paralizzato la vita politica e civile del nostro Paese, impedendo un normale e civile dibattito pubblico tra diversi schieramenti politici e culturali.
La causa della decadenza italiana, testimoniata dal dilagare dei populismi, dal rischio della deindustrializzazione, dal pericolo incombente che si disgreghi l’ordine sociale, deve essere individuata nel fatto che abbiamo avuto per vent’anni un bipolarismo basato sulla demonizzazione dell’avversario. È ora di voltare pagina nell’interesse del nostro Paese.
di Giuseppe Talarico