venerdì 15 novembre 2013
Ci ha pensato Alessandra Mussolini con la domanda secca “Ma se rompe con Berlusconi, Alfano che fa, va con Casini?” a profilare quale sarà l’approdo se per il vicepremier alla fine scegliere la rottura con il Cavaliere. Al momento Alfano insiste nell’interpretare due parti in commedia nel tentativo di conciliare la conferma del sostegno al governo delle larghe intese con l’esigenza di evitare una rottura con Berlusconi insistendo nella battaglia contro la sua decadenza. Insomma, cerca di scindere le due fedeltà e arrivare al Consiglio senza scissioni e in modo che sia “un giorno di festa per tutti”. Ma il vicepremier non può ignorare che questo Esecutivo è a tempo determinato.
E che una volta esaurite le larghe intese la prospettiva del suo gruppo non può consistere soltanto, come giustamente fa notare la Mussolini, nella ricollocazione politica “centrista” al fianco dell’Udc di Casini. Cosa riserverebbe lo scenario post elettorale ad Alfano quand’anche, al netto dei voti che finora gli sono arrivati al traino di Berlusconi, un nuovo sistema elettorale proporzionale gli assicurasse un 5%? Forse la prospettiva di diventare la ruota di scorta di Matteo Renzi? E sempre all’interno di un’area in cui la propria leadership non sarebbe affatto assicurata ma sarebbe contesa dai vari Quagliariello, Cicchitto, Monti. Non a caso, allora, Alfano l’altro ieri sera è arrivato a Palazzo Grazioli con l’offerta a Berlusconi di quelle che si ostina a considerare come proposta distensiva ma che punta a salvaguardare se stesso ed i suoi dalla facile marginalizzazione cui andrebbero incontro in caso di rottura definitiva col leader.
Proposta, però, quella di appoggiare l’Esecutivo senza se e senza ma, che disattende drasticamente le aspettative della base moderata e liberale del Pdl, tradizionalmente restia ad accettare l’idea di un Governo come un bene assoluto insindacabile. Specialmente se da questo Esecutivo si attende un ulteriore inasprimento della tassazione e se questo appoggio a prescindere finisce con il ridurre notevolmente la forza contrattuale del centrodestra rendendogli impossibile far valere i temi prioritari per l’elettorato moderato. Certo è, però, che sulle prospettive di ricompattamento o di scissione definitiva gravano gli appetiti personali dei rispettivi parlamentari delle due fazioni del futuro ex Pdl, che pensano di avere molte più chances di esser soddisfatti con uno spaccamento in due per aver ciascuno la possibilità di fare le proprie liste.
L’impressione è, quindi, che rispetto all’esigenza dell’unità prevalga e si imponga la necessità di marcare con forza le differenze. Non a caso, a dispetto delle oltre tre ore di riunione, dove Berlusconi e Alfano si sono confrontati senza “filtri” e hanno cercato una ricucitura che comunque richiederà altre 48 ore prima di ufficializzarne l’esito, il capo dei lealisti Raffaele Fitto non recede di mezzo passo confermando di non voler concedere spazi all’avversario: “Io lealista della prima ora e ora non mi metto da parte”. Un’uscita perentoria che testimonia l’ormai incolmabile solco che molto probabilmente porterà all’assenza dei governativi al Consiglio Nazionale di domani.
di Barbara Alessandrini