martedì 12 novembre 2013
L’Italia e gli italiani sono stati descritti in mille modi, da Dante in giù. Il “Codice della vita italiana” di Giuseppe Prezzolini resta un capolavoro di sintesi, al riguardo. Forse superato solo da Carlo Emilio Gadda, a quanto ne ha riferito il signor Luciano de Rugna in una lettera al quotidiano La Repubblica del 19 febbraio 2010. “Sul fronte italiano della Guerra ’15-’18 Carlo Emilio Gadda, che a quel tempo era sottotenente del V Reggimento alpini, notava che la defecazione militare forniva uno spaventoso scorcio del carattere nazionale. ‘Merda di ogni dimensione, forma, colore, granatura e consistenza è sparsa ovunque in vicinanza del campo’, scriveva con tono sconfortato, ‘gialla, nera, cenere, nerastra, bronzea, liquida, solida’. Incredibilmente i soldati non s’avvedevano di quanto rendessero inutilmente sgradevole la vita di tutti, se stessi compresi, non usando le latrine. E definiva l’incapacità cronica di cogliere gli effetti più ampi delle loro azioni da ‘egoismo cretino’.
Penso che dopo cent’anni, anche se i residui lasciati in campo sono di natura diversa, quel carattere egoistico descritto da Gadda non sia cambiato”. Questa definizione vale più di mille trattati di storia e sociologia. Del resto, i veri grandi scrittori sono talvolta i migliori storici o politologi, e viceversa. Pensiamo, per esempio, a Manzoni o Sciascia o Croce. Il popolo italiano è afflitto in modo diffuso dall’egoismo cretino, ma ama spacciarlo per astuzia o, peggio, vantarsene come intelligenza. Al Sud i ragazzi vengono allevati con esplicite esortazioni all’egocentrismo stupido, del genere “Fatti furbo” e “Non fare il fesso”. Al Nord l’insegnamento è più o meno lo stesso, ma con una spruzzata d’ipocrita contrizione, del tipo “Che possiamo farci? Bisogna essere furbi, alle volte. A passar sempre da fessi ci si rimette”. Così l’Italia è unificata dall’egoismo cretino o cretinismo egoistico, maleodorante come una cloaca a cielo aperto. Va da sé che in tali espressioni conta il cretino, non l’egoismo.
Churchill, un uomo davvero magnanimo, tuttavia diceva di sé: “Naturalmente, io sono un egoista. Dove arrivi se non lo sei?” (Winston Churchill, “Il sorriso del bulldog”, Macerata, 2006, pag. 47). Non è l’amor proprio che bisogna biasimare, ma il masochistico disinteresse verso gli svantaggi che procura il soddisfare un gretto e smisurato egoismo. Quest’autentica perversione morale e sociale avvelena, generalmente parlando, gli italiani in alto e in basso, senza distinzioni. I miliardari si comportano come i poveracci. Gli uni e gli altri rendono inutilmente sgradevole la vita di tutti. Sebbene i primi abbiano i mezzi per scansare a breve i loro stessi rifiuti, mentre i secondi sono subito costretti a viverci in mezzo, tutti sono fatti della stessa pasta e alla lunga sono ugualmente ammorbati e danneggiati dai medesimi guai. Condividono un’identica idiozia. Forse, addirittura, un’ideologia nazionale.
di Pietro Di Muccio de Quattro