sabato 9 novembre 2013
Casa, dolce casa, addio. È ufficiale. La storica sede di via Solferino 28 al centro di Milano, un pezzo dell’identità storico-culturale del giornalismo italiano, è stata venduta. Sei righe di comunicato dell’amministratore delegato Rcs e dei 9 componenti del Consiglio di amministrazione (2 contrari) hanno cancellato un percorso che risale a 109 anni fa, in pratica agli albori del giornalismo italiano. Il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, i due quotidiani che rappresentano la metà delle vendite giornaliere della carta stampata, non sono più proprietari della loro casa.
Saranno inquilini per i prossimi nove anni, poi si vedrà. L’operazione per 120 milioni che ha portato il fondo americano Blackstone a impossessarsi di un immobile di pregio nel centro di Milano, pagando solo 4mila euro al metro quadro, ha suscitato le reazioni dei giornalisti e dei lavoratori del gruppo Rcs. Le strade della protesta si sono però separate: i giornalisti della Gazzetta sono scesi in sciopero immediatamente per due giorni, quelli del Corriere hanno scelto un’altra strada, quella della contestazione mediatica e legale dopo lo sciopero del 13 settembre. Sono mesi che il comitato di redazione avanza ipotesi alternative alla vendita, chiedendo anche il coinvolgimento della Consob e delle autorità cittadine a partire dal sindaco, Giuliano Pisapia.
Al fine di non arrivare alla vendita di via Solferino il Cdr aveva proposto all’azienda di ricorrere alla cartolarizzazione (che consentiva di mantenere la titolarità della proprietà), vendere il palazzo a enti previdenziali (si era prospettata l’ipotesi che fosse l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti che gode di buona salute) al fine di garantirne una gestione non speculativa o coinvolgere nell’acquisto una fondazione aperta alla partecipazione dei dipendenti e dei lettori. Blackstone è invece un fondo speculativo statunitense che compie una redditizia operazione immobiliare. Basti considerare che 4mila euro al metro quadro corrisponde alla metà dei prezzi immobiliari correnti nella zona di Brera.
I dubbi sull’operazione sono tanti a partire dal conflitto d’interessi della Fiat che è al contempo azionista del Corriere della Sera per il 20% e de La Stampa di Torino per il 100 per cento. Altro conflitto quello di Banca Intesa, azionista di Rcs e allo stesso tempo tra i maggiori creditori che hanno sostenuto il salvataggio a giugno-luglio del gruppo e permesso il varo del piano industriale che ha anche comportato un taglio dei costi con 83 giornalisti a casa o in cassa integrazione. E guarda caso l’advisor dell’operazione è la Banca Imi che fa parte del gruppo Intesa San Paolo. Il comitato di redazione pone quindi grossi interrogativi e ha rivolto otto domande alla Consob, l’autorità che vigila sui mercati finanziari presieduta da Giuseppe Vegas, per fare chiarezza sulle situazioni di alti e bassi della Borsa.
Il primo quesito riguarda il valore complessivo dell’operazione (vendita semplice o vendita con riscatto), in secondo luogo qual è il costo del canone annuo che Rcs dovrà pagare a Blackstone per far rimanere i suoi dipendenti nella sede di via Solferino (senza farsi portare via i beni storici della stanza di Alberini e Montanelli). Altra domanda riguarda se gli azionisti di Rcs hanno investito azioni nel fondo Blackstone e se quest’ultimo ha ottenuto finanziamenti per l’operazione da istituti finanziari azionisti o creditori di Rcs. La cessione di via Solferino non può passare come una semplice operazione immobiliare.
di Sergio Menicucci