Affare Rcs/Recoletos ora serve chiarezza

sabato 19 ottobre 2013


Cosa succede al Corriere della Sera dopo “Liberi tutti” nel patto Rcs? I dodici soci che raggruppavano il 60% delle azioni hanno deciso, qualche giorno fa, di sciogliere dopo circa trent’anni un sodalizio per “una governance efficiente e altamente responsabile”. Lo storico addio al salotto buono dell’imprenditoria torino-milanese è stato deciso nella sede del gruppo a Milano con Giovanni Batoli che rappresentava sia Banca Intesa che Mittel, mentre erano assenti i rappresentanti delle Generali e della Edison.

Il futuro è ora in mano al primo azionista John Elkann ( 20,%%), presidente della Fiat, e a Mediobanca secondo socio Rcs con il 15% ma intenzionato ad uscire dalla società editrice quando il titolo si sarà rivalutato. Va avanti, intanto, il piano industriale di tagli prima della disdetta del patto che avverrà entro la fine del mese in modo da essere operativo dal 14 marzo 2014. A far data dallo scioglimento del patto ciascun partecipante si riserva, in piena autonomia, ogni decisione in ordine all’esercizio dei diritti inerenti alle proprie azioni. Nella complessa vicenda si inserisce una novità. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Jacopino, ha chiesto al Procuratore generale di Milano, Edmondo Bruti Liberati, di fare un’indagine e piena luce sull’acquisto da parte della Rcs della società spagnola Recoletos, pagata poco più di un miliardo di euro.

Si chiede di vedere chiaro sul dissesto finanziario che ha investito la più grande casa editrice italiana, mentre la struttura della Rcs diventa più nebulosa a seguito dello scioglimento da parte dei soci storici del patto di sindacato, quella galassia imprenditoriale che ha girato intorno a Mediobanca-Generali-Rcs. Alcune inchieste giornalistiche e anche l’indagine e la ricostruzione fatta dal Comitato di redazione del Corriere della Sera nel marzo 2013 hanno messo in evidenza alcuni aspetti dell’operazione Recoletos che meritano di essere approfonditi.

Il passivo di bilancio della Rcs provocato dagli investimenti in Spagna sta causando la perdita di posti di lavoro, la vendita di alcuni periodici Rcs a case editrice che appaiono deboli e non fortemente strutturate, il prepensionamento dei giornalisti più anziani, quelle “vecchie glorie” o inviati che fanno la differenza nei quotidiani e nei settimanali. A causa di questa crisi finanziaria ma anche di una non adeguata gestione amministrativa la Rcs ha chiesto lo stato di crisi, il cui fine è quello di ridurre i dipendenti a partire dai giornalisti. Il gruppo sindacale “Senza bavaglio” ritiene che la Procura di Milano debba accertare se sono stati commessi reati nell’affaire Rcs-Recoletos.

Le preoccupazioni della vendita della sede storica di via Solforino ad una multinazionale americana, il mancato rilancio delle iniziative editoriali è rafforzata da quel “liberi tutti” lanciato dall’industriale Francesco Merloni, socio più anziano dell’accordo e presidente vicario. La svolta in Rcs arriva dopo circa un anno e mezzo dalla mezza rivoluzione nella governance iniziata con la scelta dei soci di fare un passo indietro nominando un consiglio di indipendenti, più snello per numero di componenti e più giovane per età che sembra aver scontentato molti di coloro che avevano sottoscritto l’accordo parasociale del 1984 (epoca Gemina) rinnovato nel 1997 con la scissione di Hdp da Gemina.

Ora le voci si susseguono sulle intenzioni del Lingotto e di Elkann che sono proprietari del 100 per cento de “La Stampa”. Da alcuni mesi si parla di fusione. Se non proprio dei due quotidiani, per le meno delle strutture della raccolta della pubblicità e di un pool di corrispondenti dall’estero.


di Sergio Menicucci