Cascata di milioni, paga "mamma Rai"

mercoledì 16 ottobre 2013


Valzer dell’ipocrisia e bombe (metaforiche) ad orologeria in viale Mazzini 14, sede storica della televisione di Stato che sembra avere sempre meno la connotazione di azienda pubblica. Spende e spande e i conti sono abbondantemente in rosso. Accuse di tangenti per appalti sui programmi da mandare in onda da parte di ditte esterne (quasi sempre le stesse).

Critiche per i compensi fuori mercato per alcuni big del mondo dello spettacolo legati agli ambienti rosso-crociati. Mancanza di trasparenza nella gestione dei conti provenienti dal canone e dalla pubblicità (l’Europa chiede contabilità separata a tutte le emittenti statali). Impoverimento della qualità per la spinta all’esodo delle vecchie glorie Rai per far quadrare i conti.

 Si vive una strana atmosfera dentro e nei dintorni del palazzo di “Mamma Rai”, presa da assalto da Grillo e dai suoi del Movimento 5 Stelle, compreso il presidente della commissione parlamentare di vigilanza Roberto Fico, e attaccata duramente da destra da Brunetta e Gasparri, criticata dai cattolici di Luca Borgomeo e dal Codacons che ha presentato un esposto alla Corte dei Conti e chiesto all’Agenzia delle entrate di visionare la dichiarazione dei redditi dei personaggi a contratto Rai.

 Gli unici che non mostrano preoccupazione sono i vertici del settimo piano con il duo Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, che hanno accentrato poteri (nomine di manager esterni) che nessun altro presidente e direttore generale aveva avuto. A scombussolare la quiete è stato lo scontro su Rai3 tra Renato Brunetta che ha chiesto ragione in diretta al conduttore Fabio Fazio della rilevante cifra di due milioni all’anno, ridotti a un milione e 800mila euro per i prossimi tre anni. La notizia che nel contratto è inserita una clausola alla riservatezza sull’entità del contratto ha innescato un’altra bomba, con in più l’anomala trattativa per il rinnovo del contratto che scade nel giugno prossimo.

Alla vigilia, giovedì, della riunione del Consiglio di amministrazione è esploso il caso Crozza, il comico che sarebbe dovuto approdare a viale Mazzini con un contratto di 3 anni per una cifra di 475 milioni a puntata. Per l’operazione Crozza, sotto accusa sono finite le modalità di quanto ruota intorno alle prestazioni dell’artista divenuto popolarissimo con le sue “copertine” a Ballarò di Giovanni Floris su Rai3. Crozza per lasciare La7 di Urbano Cairo chiedeva un contratto per 53 puntate, 20 circa l’anno fino al 2016, realizzate dalla società “Itc2000” di Beppe Caschetto, il produttore che fa concorrenza ai big che gestiscono la maggioranza degli artisti di spicco internazionale e cioè Lucio Presta, Bibi Ballandi, Magnolia ed Endemol.

Per avere Crozza per una settantina di minuti, la Rai avrebbe speso 25 milioni di euro, di cui 5 per il cachet di Crozza. Una cifra astronomica dagli effetti devastanti. E così l’onda delle proteste e delle indignazioni ha prevalso e la trattativa sembrerebbe saltata. Si attende il comunicato ufficiale della separazione consensuale. Una clamorosa e tardiva marcia indietro. C’è, infine, la questione Roberto Benigni che ha registrato le nuove letture dantesche con le quali aggiungerà altri 4 milioni dopo i 6 presi per la serata sulla Costituzione e le nottate sulla Divina Commedia di Dante. E in Rai arriva anche Cristina Parodi con un programma condotto da Al Bano Carrisi.

Su tutte queste vicende la Rai è nell’occhio del ciclone del popolo Internet. Il deputato Maurizio Gasparri ha chiesto un dibattito in commissione sulla trasparenza dei contratti milionari. Indaga anche la Procura di Roma dopo le denunce di Pietro De Lorenzo.


di Sergio Menicucci