sabato 12 ottobre 2013
E’ trascorsa solo una settimana dalla tragedia di Lampedusa, e nella giornata di ieri altri 500 profughi sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia. Gli sbarchi di migranti sulle coste siciliane sono inarrestabili, soprattutto si sono esponenzialmente incrementati dalla fine nel Nord Africa delle “dittature militarmente protette” . Gli ultimi arrivati (i cinquecento profughi di ieri) sono stati soccorsi da alcune navi mercantili, e la Guardia Costiera è ormai stremata. Invece due giorni fa è toccato soccorrere due grandi gommoni, l’uno con a bordo 109 migranti e l’altro con 101: in entrambi i casi era stato lanciato un Sos con telefono satellitare mentre si trovavano ancora in acque libiche.
Ed altri 118 profughi sono stati tratti in salvo dalla nave Atlantic Acanthus alla volta di Porto Empedocle. Ed ancora due imbarcazioni con 65 e 110 immigrati sono state salvate dalla nave Lybra della Marina Militare e successivamente dal rimorchiatore Asso 30, che li ha condotti a Siracusa. E’ una vera e propria emorragia verso l’Italia. Per gli addetti ai lavori sarebbe ormai impossibile tentare di fermare le partenze nei porti frontalieri: le “primavere arabe” hanno di fatto eliso ogni possibilità di forti accordi bilaterali sull’immigrazione. Quando Egitto, Libia e Tunisia erano nelle salde mani di Osni Mubarak, Muammar Gheddafi e Ben Ali, l’Italia intratteneva rapporti diretti con i poteri militari. Così, prima delle “primavere”, l’Italia pagava le “democrazie militarmente protette” perché nessun barcone salpasse alla volta dello Stivale.
Un servizio abbastanza efficiente, non senza lati oscuri, e certamente l’Italia non sapeva dei campi di prigionia armati da Gheddafi perché ospitassero chi usava la Libia come sponda per l’Europa: pare venissero fatti prigionieri appena oltrepassavano a piedi la frontiera col Ciad. Un sistema che, con luci ed ombre, faceva sentire l’Italia al sicuro da grandi accessi d’extracomunitari: è scontato che l’entrata di clandestini sia sempre da tenere in conto. Oggi la situazione è parecchio cambiata: in primo luogo, l’Italia non è più dotata d’un presidente del Consiglio in grado di pagare i governi nordafricani per scongiurare che salpino gommoni di disperati.
Infatti Enrico Letta non passerebbe mai regali ad un paese vicino per un simile servizio: perché mancano le risorse finanziarie e perché l’inquilino di Palazzo Ghigi temerebbe non poco di finire inquisito per corruzione. Le recenti inchieste su Finmeccanica e su Eni dimostrano che sono finiti i tempi in cui l’Italia poteva comprare i servigi esteri: e sia che si tratti di forniture italiane come anche di servigi al fine di scongiurare migrazione e altro ancora. Ma anche se ci fosse un capo del governo spregiudicato e tosto, capace di stringere accordi bilaterali coi paesi frontalieri, comunque mancherebbe la valida controparte, il Gheddafi di turno.
Chi regge i governi Nordafricani è oggi appeso ad un filo, e potrebbe cascare giù come un castello fatto di carte da giuoco. La dimostrazione c’è stata fornita dal sequestro-arresto del premier libico Ali Zeidan. Le stesse fonti della sicurezza libica lo davano prima come sequestrato da non specificati fondamentalisti, e poi come arrestato. “Sto bene, le milizie che mi hanno catturato volevano le mie dimissioni”, ha scritto ieri su Twitter Zeidan: dimostrando al mondo intero quanto fragile sia il suo potere. Il governo libico dice “non cederemo ai ricatti”: ed anche quest’affermazione testimonia come la situazione sia a dir poco purulenta e, soprattutto, non si vedano all’orizzonte referenti validi per stringere accordi che prevengano l’immigrazione.
Intanto il premier italiano Letta ha tenuto un vertice a Palazzo Ghigi, per valutare gli ultimi sviluppi in Libia: all'incontro Angelino Alfano (Interno), Emma Bonino (Esteri) e Mario Mauro (Difesa), oltre ai i vertici dei Servizi. C’è da credere che in coro lo abbiano dissuaso dal tentare di parlare del problema migranti con Zeidan, perché ingolfato dai problemi interni. Il premier libico è stato avvocato per i diritti umani a Ginevra, ha ricoperto un ruolo chiave nel convincere l'allora presidente francese Nicolas Sarkozy a sostenere le forze contro Gheddafi. Dopo la rivoluzione era rientrato in Libia per assurgere a parlamentare. Un tipo tranquillo e colto, felpato quanto il nostro Letta. L’immigrazione continuerà, inarrestabile e nemmeno tanto lenta.
di Ruggiero Capone