Il Pd e la sinistra di governo in Italia

venerdì 27 settembre 2013


Quanto è accaduto la scorsa settimana, durante l’assemblea generale del Pd, nel corso della quale si sarebbero dovute introdurre alcune modifiche allo statuto, per evitare che il segretario del partito sia anche il candidato Premier, rende bene e aiuta a capire quanto profonde e laceranti siano le divisioni al suo interno tra le correnti. Infatti, per mancanza del numero legale e la larvata opposizione di alcuni esponenti di primo piano, questa modifica allo statuto del partito non si è riusciti ad approvarla.

Così come è tuttora incerta la data del giorno in cui si dovranno tenere le primarie, per scegliere il futuro leader del centro sinistra, e quella del congresso. Pare, secondo le recenti dichiarazioni rilasciate dal segretario Epifani, che l’otto dicembre si dovrà svolgere l’assise congressuale. La discussione infinita sulle regole e sulla data entro la quale svolgere sia le primarie sia il congresso del partito democratico, non deve trarre in inganno e distogliere l’attenzione dai problemi politici dinanzi ai quali si trova il principale partito della sinistra italiana. In primo luogo, le candidature alla premiership di Matteo Renzi, il sindaco di Firenze circondato da un ampio e vasto consenso e sostegno nel popolo della sinistra, e quella di Gianni Cuperlo, già collaboratore di D’Alema, indicano che vi sono nel partito visioni tra di loro profondamente diverse sul piano culturale e politico. Gianni Cuperlo, che nella sua gioventù ha guidato la federazione dei giovani comunisti, prima della svolta di Occhetto, è un dirigente politico che proviene dalla sinistra storica.

 Infatti, in base a quanto si può dedurre dalle sua riflessioni e dai suoi scritti, ed a quanto sostiene, ogni volta che avverte il bisogno di rivolgersi al popolo della sinistra, appare evidente che Cuperlo è convinto che la proposta politica dei democratici debba essere all’insegna della innovazione e del cambiamento. Non vi può essere una sinistra senza che coincida con una idea di cambiamento della società. In più di un caso Cuperlo, in obbedienza alla tradizione storica della sinistra da cui proviene, ha posto l’accento sul dramma sociale legato agli effetti della crisi economica, responsabile delle gravi diseguaglianze, che hanno fatto precipitare il ceto medio nell’abisso doloroso della precarietà e povertà nel nostro Paese.

Su questo punto specifico, e sul rapporto tra sinistra e riformismo nel nostro Paese, molti osservatori hanno polemicamente fatto notare al giovane dirigente del Pd che nelle maggiori democrazie liberali si tende a privilegiare l’idea della eguaglianze delle opportunità per tutte le persone, e non quella, illusoria ed ingannevole, di un egualitarismo di maniera intriso dei vecchi ideologismi. Occorre considerare, viste le premesse culturali della proposta politica di Cuperlo, che sempre più viene accreditato come l’alternativa più convincente a Matteo Renzi nel PD, che la sinistra nel nostro Paese è una minoranza, come dimostra la storia degli ultimi venti anni.

Matteo Renzi, un leader in ascesa e capace di esercitare una grande seduzione sulla pubblica opinione, delusa e che invoca il rinnovamento della classe dirigente, non ha, per il suo percorso biografico e politico, alcun legame con l’apparato e la storia della sinistra italiana. Renzi sogna e vagheggia con grande realismo un Pd che sia in grado, con una proposta di governo moderna e innovativa, di attrarre gli elettori che in questi anni si sono riconosciuti nelle posizioni del centro destra, dalle quali non è derivata la promessa e disattesa rivoluzione liberale, di cui in Italia c’è bisogno.

Infatti in questo nostro Paese, se non si supererà l’eccesso di burocrazia, se non si ridurrà la spesa pubblica, che ha raggiunto livelli e proporzioni enormi, se non si riuscirà ad attenuare la pressione fiscale sulle imprese e le famiglie, sarà molto difficile che si concluda la fase dolorosa e terribile della crisi economica e si abbia la crescita e lo sviluppo. È fondamentale che nella dialettica democratica del nostro Paese, accanto ad un centro destra Europeo e liberale, vi sia una sinistra di governo, in grado di proporre e realizzare le riforme strutturali, di cui si parla invano da molti anni.

Matteo Renzi, per la linea politica e culturale che sta seguendo, sembra volere creare in Italia una sinistra di governo, per modernizzare il Paese e rinnovare la sua classe dirigente, visto che la disaffezione dei cittadini verso la politica alimenta la spinta populista e fa crescere il partito della astensione. Oltre a evocare due percorsi politici e culturali diversi e due idee di società, fra loro inconciliabili, le candidature di Renzi e Cuperlo alla premierschip del Pd hanno un riflesso ineluttabile sul futuro e sulla sorte del governo Letta. Infatti ogni giorno il sindaco di Firenze non perde occasione per riaffermare la sua convinzione che il governo Letta deve continuare la sua azione, finché è nelle condizioni di produrre atti di governo utili al Paese, in vista del superamento della grave crisi economica e sociale.

 Cuperlo, molto più attento al ruolo esercitato dal Presidente Napolitano, cui si deve la invenzione del governo delle larghe intese, su questo tema è apparso più cauto e prudente. Sicuramente, accanto al ruolo nel Pd dei due giovani dirigenti, vi è quello di Enrico Letta, che, avendo guidato il governo delle larghe intese con il piglio e la competenza dello statista consumato, e avendo conquistato ampi consensi nel paese, può legittimamente aspirare a divenire il candidato premier del Pd.

 Se è interessante capire come si sta configurando il dibattito nel Pd, in vista del congresso e prima che si tengano le primarie per la scelta del Leader di questo partito, vi è un problema politico, che riguarda la identità di questo partito. Secondo il famoso discorso del 2008 pronunciato da Walter Veltroni al Lingotto, al momento della fondazione del Pd, partito nel quale dovevano confluire i diversi riformismi inscritti nella vicenda storica italiana, fondamentale era esprimere una proposta capace di rendere possibile la sua vocazione maggioritaria, in cui far convivere la sinistra radicale e quella riformista, come avviene negli altri Paesi Europei.

Purtroppo, come ha notato lucidamente Antonio Polito sulle colonne del Corriere della Sera, non si è avuta in questi anni una chiara percezione della funzione che il Pd intende esercitare nella vita democratica del Paese. Il correntismo, dietro il quale si nascondono lotte di potere non sempre commendevoli, non è stato capace di promuovere un confronto sui grandi temi del nostro tempo nel PD, ad esempio sulla questione della crisi della rappresentanza del mondo del lavoro nell’epoca della globalizzazione, sulle nuove povertà mentre tramonta il modello dello stato sociale novecentesco, sull’ideale Europeo per ridare un senso ed una speranza alle giovani generazioni, smarrite in un tempo in cui non vi sono le certezze ideologiche del passato, sul rapporto tra sviluppo e salvaguardia ambientale, sul tema dell’etica pubblica nella vita democratica ed istituzionale.

 Forse, la delusione dei militanti di sinistra, che spiega la diminuzione degli iscritti al Pd, è dovuta al fatto che il gruppo dirigente del maggiore partito della sinistra italiana si è diviso spesso sulle regole e sulle procedure per gestire sia le primarie sia il congresso, e meno sulle grandi questioni del nostro tempo, dinanzi alle quali si prova inquietudine e smarrimento. Vedremo come si concluderà la lotta tra i diversi candidati alla premiership del Pd e su quali basi culturali verrà ridefinita la sua identità politica.


di Giuseppe Talarico