Le spese folli dell'euro burocrazia

mercoledì 11 settembre 2013


I bandi sono tanti, milioni di milioni. E quelli europei vogliono eccellere per qualità. L’anno era cominciato con un paio di questi benedetti milioni per bandi e progetti capaci di stimolare la cittadinanza europea, questa sconosciuta. Un’altra manciata se ne è poi andata per gemellaggi, festival, banchetti e brindisi, essendo comunque il grosso riservato alle direzioni generali di Bruxelles ed alle nuove agenzie, composte per la bisogna.

 Non è certo un dato acquisito, la cittadinanza europea. Non costituisce nemmeno un obiettivo lontano da raggiungere. Semplicenmente non c’è, perché non le si accompagna nulla che possa qualificare come cittadinanza. Non ha confini fissi e proprio quest’anno Copenaghen ha detto ciao ciao al trattato di Schengen. Non ha una polizia se non per strani raccordi e comitati, ma se spesso si sente parlare di Interpol, l’Europol ricorda più che altro le scommesse sul football. Non ha un esercito (e perché dovrebbe averlo, c’è la Nato) anche se il Giappone non ha smesso di essere nazione anche senza forze armate. Non ha una diplomazia, ha solo una baronetta inglese che cerca col look di far dimenticare a tutti di essere tale. Anzi ha tantissime diplomazie, soprattutto organizzate per combattersi l’una contro l’altra.

Quest’anno si è raggiunto l’acme di servizi inglesi e francesi intenti a disfare le gioiose primavere arabe tessute da due anni senza neanche il coraggio di chiedere scusa ed accettare la reprimenda da apprendisti stregoni. E non ha una carta d’identità. I 24mila sbarcati in Italia quest’estate lo sanno tanto bene che nessuno di loro ha chiesto una green card europea. Uno dei pregi della EU citizenship, fissato nelle Carte e nei trattati che ogni europeo può contare su 28 diplomazie. E’ proprio nel momento del bisogno che si vede come ciascun Stato badi ai propri cittadini, ai propri militari, ai propri giornalisti sequestrati. Qualcuno si meraviglia dell’indefferenza per le stragi di cristiani avvenute durante le belle primavere. Meraviglia non c’è: si tratta quasi sempre di cattolici o ortodossi e l’Europa che conta è atea o protestante.

I soliti francoinglesi belligeranti pattugliano i mari della Siria, trattano da soli o per conto Usa con i russi. Lungi dai loro pensieri, i destini dei militari italiani fermi a fare la guardia ai confini libanesi. I cittadini dei 28 stati dell’Unione dovrebbero circolare e soggiornare dovunque automaticamente ma nemmeno riconoscono la segnaletica di casa propria, dove i fiamminghi hanno tolto i cartelli stradali in francese e gli altoatesini quelli in italiano.

A Bruxelles però la preoccupazione maggiore è il crollo di candidature britanniche tra gli eurofunzionari. Dicono che la colpa è la caccia alle streghe, indotta dalla crisi, contro benefit, stipendi e carriere. Mentre salpa l’ennesima consultazione pubblica, appunto incentrata sulla nuova regolamentazione della privacy, tutta glasnost e trasparenza, quanto è difficile scoprire che sono 55mila gli eurofunzionari di tutte le istituzioni ed agenzie dell'UE distribuiti tra Bruxelles, Strasburgo, l’Aja, Francoforte e Lussemburgo ed altri ameni luoghi d’Europa. Un angoscioso memo (11/907) di 2 anni fa vantava tagli alle retribuzioni degli eurocrati per €8 miliardi, effettuati con le riforme della politica del personale del 2004 (risparmio di 3 miliardi) e del 2011(5 miliardi entro il 2020).

Prometteva di ridurre il personale di 2500 unità; poi con invidiabili capacità contrattuali, difendeva i redditi degli eurocrati scesi del 4,2% tra 2004 e 2010 quando i burocrati nazionali avevano perso solo l'1,8% della paga. Respingeva con sdegno “storie e miti attorno al fatto che il personale dell'UE non paga imposte”, spiegando che paga anche il 45% “all'eventuale parte di reddito mensile imponibile che supera gli € 6938,39. Fino agli € 1938,92 paga l’aliquota dell'8% (sic). Da nessuna parte è detto chiaramente che la spesa amministrativa UE è di quasi 10 miliardi, di cui più della metà va a retribuzioni e pensioni degli eurocrati. Ecco, 6 miliardi distribuiti tra più di 50milafunzionari, per una media individuale di € 110mila l’anno, praticamente esentasse, al netto di altri incarichi e benefit già incoraggiano. Prima del 2004 erano 9 miliardi.

Ora si stanno riavvicinando a tale cifra, perché purtroppo, anche se è stata applicata una miniriforma Fornero (soglia di età di pensionamento anticipato a 58 anni, età pensionabile a 65 anni e persino a 67 su richiesta). Fatti salvo i magnifici 80 che all'anno in tutte le istituzioni vanno in pensione anticipata a trattamento intero. Nulla fa cittadinanza quanto una burocrazia segreta, arida, avida e incapace. E’ pero una burocrazia particolare, cui non si possono dare colpe per mancate autorizzazioni urbanistiche, per rotonde d’asfalto a ripetizione, per discariche cervelottiche, per autobus lussuosi e vandalizzati, scarsi e fuori orario. L’eurocrazia non si occupa delle quisquilie del corpus amministrativo, delle residenze, dei buoni pasto, degli asili, dell’edilizia scolastica, dei diritti politici e sociali.

Si tratta, dice l’Europa con voce votante di “un personale di alto livello che produce e gestisce importanti politiche UE con impatto positivo diretto sui cittadini”. Uno stadio di calcio pieno di diplomatici in feluca, che guardano con dignità le mazzette per l’importo di 6 miliardi che coprono tutto il prato verde. Ah ecco. Quali sono questi compiti vitali dagli impatti positivi? Fare direttive, regolamentazioni, dossier e consigliare gli Stati nazionali. O meglio indire gare perché soggetti della più varia natura scrivano quelle direttive, leggi e regole. Nel settennato appena trascorso, 2007-2013, si sono contati 37 filoni di bandi europei, con un budget fornito dall’Unione di 17.612 miliardi, 2510 miliardi l’anno.

Questi macrosettori hanno avuto come beneficiari, in 21casi, le PA\Ong ( ed in parte le Imprese), 9 sono stati dati al PQ, 9 alle Imprese (di cui 4 nell’ambito istruzione), 6 all’Istruzione\Giovani. L’insieme dei bandi europei vale più di 17mila miliardi di cui il 46% per i trasporti, il 28% per la PA e le Ong, il 26% per l’Università. 8mila miliardi ad enti pubblici e Ong per le reti di trasporti ed energia. 4538 miliardi alle università. Meno di 11 miliardi per il mercato unico, di cui 5 per le Pmi: quote minime ma vincolate (metà alla finanza, un quarto al sociale, 17% a interni e giustizia, i resti a lavoro e cultura. Come è giusto che sia l’eurocrazia gira i soldi ad altre burocrazie. Non ci si crederà ma l’Europa ha speso molto per i flussi migratori, quasi 2 miliardi tra diritto d’asilo, formazione ed aiuti. Nulla rispetto ai 40 miliardi per la cooperazione allo sviluppo o per i meccanismi di preadesione. Anche nel caso lacrimevole dell’immigrazione, ha però rivelato un proprio taglio, il proprio stile.

Non prevenire o curare ma lavoro burocratico di gestione e registrazioni dati dati; nello specifico a a Varsavia, dove, l'agenzia FRONTEX, di aiuto al coordinamento della cooperazione tra gli Stati per la sicurezza delle frontiere, ha dato tante preoccupazioni per l’obbligo di stipendi troppo bassi, legati al tenore di vita locale. Mentre ci si prepara ad elezioni nazionali ed anche a quelle europee, e si sorride davanti alle richieste dei sindacati italiani di 50 miliardi per risollevare l’occupazione o dei 250 ipotizzati dal sindacato europeo, forse c’è un modo di ridare senso alla mortificata cittadinanza europea. Basta restituirle 2500 miliardi annui di bandi, call, tender europei. Ridarle 10 miliardi regalati ad una burocrazia di polizia che non arresta, di traduttori che non traducono e di legislatori che appaltano anche la redazione di una normativa.


di Giuseppe Mele