Un Paese inaffidabile senza legge elettorale

mercoledì 4 settembre 2013


Sul tema oscuro della legge elettorale, nel cui orizzonte non si intravede una proposta minimamente condivisa, c’è una questione di fondo che l’attuale teatrino della politica sembra sottovalutare. Mi riferisco al grado di affidabilità che un Paese indebitato fino al collo come l’Italia può offrire all’esterno, non riuscendo a riformare in modo efficace un sistema elettorale che non garantisce assolutamente la governabilità. In soldoni – perché soprattutto questi contano per rifinanziare un leviatano pubblico che spende il 55% del Pil e che ha accumulato un debito che oramai sfiora il 130% dello stesso Pil – l’idea che chiunque occupi la stanza dei bottoni non possa adottare le necessarie misure, soprattutto in caso di emergenza, a causa di una legge elettorale inadatta a determinare maggioranze solide rappresenta un forte elemento di perplessità, disincentivando ad investire nello Stivale.

E da questo punto di vista va segnalata la retromarcia di Grillo e del suo movimento pentastellato. Pur avendo, infatti, inserito nel suo surreale programma la necessità improrogabile di cambiare il cosiddetto porcellum, fatti quattro conti, il comico ligure e le sue truppe cammellate hanno virato a 360 gradi: tenersi una legge impresentabile che crea un evidente squilibrio tra Camera e Senato è l’ultima trincea dei rivoluzionari armati di scontrini. Ovviamente, onde giustificare un così imbarazzante voltafaccia, Grillo ha spiegato al popolo che puntando al 100% dei suffragi il problema della governabilità verrà risolto dalla schiacciante vittoria del M5S nei due rami del Parlamento.

Bubbole, naturalmente, ma che contribuiscono a distogliere l’attenzione sul tema molto delicato dell’affidabilità di un sistema che, anche per questo, ad un osservatore estero appare sempre più irriformabile. E se per ora i tassi d’interesse sui nostri titoli pubblici sembrano tornati a livelli quasi sostenibili, una crisi politica repentina che conducesse ad elezioni anticipate senza aver superato il citato porcellum avrebbe conseguenze a dir poco catastrofiche sul piano finanziario. L’esplosione del famigerato spread rappresenterebbe l’esito finale per un Paese che, pur trovandosi da tempo sull’orlo del baratro, continuasse a caratterizzarsi come la democrazia dei gattopardi, pentastellati o meno.


di Claudio Romiti