E' il taglio della spesa l'unica soluzione

giovedì 11 luglio 2013


A quanto risulta, nel primo trimestre del 2013 la propensione al risparmio degli italiani è passata da un meno 0,4% ad un più 0,8%. Un piccolo dato nella direzione di una tanto auspicata ripresa che, tuttavia, molti analisti considerano insufficiente per indicare una vera inversione di tendenza. Ovviamente, perdurando l'emergenza economica, il tema dell'occupazione continua a rappresentare un banco di prova per l'attuale governo della larghe intese. Non a caso il premier Letta non perde occasione per gettare sul tappeto lo spinoso problema, promettendo il massimo impegno del suo esecutivo per contrastare la preoccupante carenza di posti di lavoro.

Tuttavia, a parte qualche suggestiva proposta -tra cui la surreale staffetta generazionale- e alcuni provvedimenti di spesa finalizzati a sostenere il lavoro giovanile, non si intravede una strada realisticamente percorribile onde, se non altro, tamponare l'emorragia in atto sul fronte dell'occupazione. Ed il problema a monte è sempre lo stesso: il sistema Paese tende ad avvolgersi in una spirale recessiva determinata da un micidiale combinato disposto di fattori negativi. Sotto questo profilo la crisi finanziaria mondiale ha semplicemente dato l'innesco ad una situazione interna già potenzialmente molto esplosiva. In estrema sintesi in Italia l'eccesso di spesa pubblica, di tassazione e di burocrazia -in altri termini l'eccesso di Stato- soffoca ogni possibilità di ripresa economica, costringendo il mondo delle imprese ad operare in condizioni di estrema difficoltà. Questo non può che ripercuotersi sul lato dell'occupazione produttiva e, conseguentemente, sul piano della domanda aggregata. Poichè anche i sassi comprendono che se non si lavora o si lavora poco si è costretti a stringere la fatidica cinghia.

Ora, tralasciando la solita trita ricetta keynesiana di alimentare i consumi e l'occupazione attraverso provvidenziali iniezioni di liquidità dall'alto, mi sembra di poter dire che allo stato attuale esista una sola strada per riprendere a crescere in tempi accettabili; quella che passa per un deciso processo di abbattimento della insopportabile pressione fiscale e, contestualmente, dell'altrettanto insostenibile fardello burocratico. Ma per raggiungere questo obiettivo titanico occorre mettere mano al capitolo più ostico e impopolare per il sistema politico: il taglio della spesa e la significativa riduzione del perimetro pubblico. Ciò, con uno Stato finalmente dimagrito, consentirebbe di ridurre i costi fiscali e burocratici che tendeno a comprimere lo spazio economico delle imprese e, a caduta, il tasso complessivo di occupazione. Solo riportando la quota di risorse controllate dallo Stato entro limiti economicamente compatibili con la crescita -ben al di sotto dell'attuale, stratosferico 55% del Pil- si può sperare in una ripresa complessiva, con la creazione spontanea di nuovi posti di lavoro finalmente stabili. Al di fuori di questo orizzonte c'è solo un inesorabile declino.


di Claudio Romiti