sabato 6 luglio 2013
“La Comunità de L’Opinione”, con la sua prima riunione a Roma, ha varato un “topolino”! Incluso Oscar Giannino, i vari interventi sono stati incentrati sulla necessità di “riforme” parziali e di settore. L’unico che è sembrato intonare un acuto solitario è il direttore Arturo Diaconale, che ha incentrato il suo intervento sulla necessità impellente di agire sulla causa principale di tutti i nostri mali: la Costituzione italiana. Nata da quel compromesso di culture, comunista da una parte e popolare dall’altra, che dal dopoguerra a oggi ha interagito costantemente sul nostro quotidiano in maniera negativa, rigida e pressoché irriformabile. “È come un “burqa”, dice Diaconale: un velo che copre tutti i numerosi problemi di struttura”.
Certamente della Costituzione e di una sua eventuale revisione non se ne può, né se ne deve parlare: ancora oggi è simbolo del nostro affrancamento dalla dittatura e, d’altra parte, i valori espressi nella prima parte possono essere ancora considerati di riferimento collettivo! D’altra parte, però, l’esperienza 5 stelle continua a dimostrare che bisogna cavalcare la strada della “demonizzazione del sistema e della sua distruzione”, che è quindi da considerare come il mezzo di maggior richiamo per la stragrande maggioranza degli italiani, uniti da una sola costante: malessere e disaffezione perché “saturi” delle negatività offerte dal sistema. A differenza dei 5 stelle, Fare per Fermare il Declino (Fid) propone soluzioni concrete che potrebbero essere dunque considerate come lo strumento per arrivare a quella Riforma della Costituzione auspicata da Diaconale come “un reale e concreto percorso riformatore che passi attraverso l’abolizione di questo burqa ormai diventato lo strumento di difesa di chi punta a non cambiare nulla!”. C’è a mio avviso qualcosa in più da considerare, che potrebbero meglio inquadrare l’opportunità di una Riforma integrale della nostra Carta Costituzionale: i cambiamenti del quadro internazionale e l’evoluzione (o involuzione) dell’Unione Europea nel corso dell’ultima decade. Gli Stati Uniti mostrano oggi un deficit di bilancio che cresce sempre più verso il 110% del Pil.
Il che in termini numerici significa più di 17mila miliardi di dollari. La costituzione statunitense “impone” tagli al bilancio automatici e questo innescherà un fenomeno recessivo, cui il Federal Reserve Board cerca far fronte attraverso l’ordine dato alle Banche americane, incluso JP Morgan Chase and Goldman Sachs, di accantonare più capitale da impiegare come cuscinetto contro le perdite, aprendo la porta per un insieme di regole più severe per le più grandi istituzioni finanziarie del paese (too big to fail!), con Ben S. Bernanke che ha sottolineato come le nuove norme in materia di riserve di capitale significano che le banche “saranno meglio in grado di resistere a periodi di stress finanziario”. Non è niente! Non bisogna dimenticare, infatti, che la “bolla” finanziaria immobiliare è esplosa proprio negli Usa nel 2006 e che, sino a oggi, grazie all’ampia sovrapproduzione di dollari Usa da parte della Fed a vantaggio delle banche, gli esiti negativi si sono riversati sulle altre economie mondiali, in particolare Europa e Cina. Sino a quando gli Usa non dimostreranno di aver risanato la propria economia (primo sintomo è portare il debito sovrano al di sotto del Pil) la crisi non avrà compiuto il suo corso! In Europa, ogni nazione ha attuato la propria “ricetta” per tenersi fuori dall’effetto dirompente dell’onda d’urto statunitense. Grazie all’avvento di Mario Draghi, la Bce ha potuto rigenerare il flusso bancario con moneta fresca Bce (fondo salva stati).
E già la Bce! Attenzione non l’Europa! Si può, infatti, parlare di Europa e dei valori espressi nella sua carta costitutiva, tra cui brilla per eccellenza la solidarietà? Possiamo paragonare quanto accaduto in Germania nel 1991, quando la Germania Occidentale e quella Orientale sono diventate un tutt’uno e di colpo l’economia di base dovette conglobare più di 16 milioni di persone e inventarsi una politica economica e industriale anche per loro, con la solidarietà espressa dall’Unione Europea nel suo insieme nei confronti della Grecia? E se questo rapporto lo facciamo al nostro interno per analizzare quanto ancora oggi è il contributo che lo Stato centrale fornisce annualmente alle economie Regionali, lì dove (Sicilia, Calabria, Campania, ecc.) le stesse sono in perenne “rosso”, viene spontanea la domanda: ma dov’è l’Europa, o meglio ancora che cosa è questa Unione Europea, cui i nostri politici fanno riferimento. Guardando poi la politica estera dell’Ue, secondo la cui Costituzione dovrebbe essere autonoma e indipendente, ci si rende conto che l’Unione Europea è meramente ridotto a strumento di “meditazione” (ogni riferimento a Fid è meramente casuale!).
Guardando a quanto (non) fatto dall’Italia, tra mancato intervento nella creazione di una politica Estera Europea, l’abbandono dell’attività di cooperazione Europea, la completa assenza nel dialogo interculturale con i popoli nei Paesi nord Africani oggetto di rivoluzioni (nel caso particolare della Tunisia l’Italia addirittura ha messo a suo tempo in atto la “politica dei respingimenti”), il contemporaneo pedissequamente allineamento alla politica statunitense, il grande tonfo della guerra in Libia (su cui la Farnesina ancora si sta chiedendo cosa sia successo), il caso dei due marescialli del Battaglione San Marco sequestrati in India di cui stiamo ancora aspettando il tanto pubblicizzato “li riporteremo in Patria”, le continue “vittime del mare” (clandestini) per l'inesistenza di una visione un po' meno fosca sulle relazioni con i paesi rivieraschi, i sequestri sotto minaccia dei nostri pescherecci avvenuti in acque internazionali, la non giustificata ma completa assenza dei nostri rappresentanti nei Paesi del nord Africa alle riunioni mensili organizzate dal delegato UE per il coordinamento delle attività e, per ultimo ma non a caso, la nullità del contributo dell’Italia nella formazione di un atteggiamento “comunitario” nel complesso gioco di Potenze in Siria, la politica estera italiana appare nella sua completa nullità senza remora alcuna! In Tunisia, paese dove vivo da più di dieci anni, la dicotomia sulla politica estera Ue e Italia si è manifestata sempre più con il passare del tempo.
Nel mese di marzo, con la drammatica uccisione del capo dell’attuale “opposizione” al governo filo islamista, il Ministro degli Esteri Francese ha letteralmente commentato: la Tunisia si va sempre più avviando verso una “dittatura islamica”, mentre l’Ambasciatore Benassi ha continuato a ribadire il pieno supporto dell’Italia al “processo di democratizzazione in corso” in Tunisia. E, in Afghanistan? Qualcuno è in grado di dire come mai i Francesi si sono ritirati già da più di un anno, mentre l’Italia, la Germania e l’Inghilterra continuano a dare pieno supporto agli Usa e ai loro interessi meramente “energetici” nell’area? Ma, qualcuno in Europa ha mai posto in essere il quesito di dove sta andando il mondo dopo il discorso di Obama del febbraio 2009 sull’apertura ai “fratelli” Musulmani del mondo arabo e alla nuova visione di un Mediterraneo allargato sotto la silenziosa e nascosta egida ideologica dell’Arabia Saudita? Che cos’è il nuovo ordine mondiale cui Obama si è sempre riferito dal discorso del Cairo? L’Egitto di questi giorni, andando ben contro quanto profilato e pienamente appoggiato dagli Usa di Obama e finanziato dal Qatar, lo sta dimostrando apertamente.
L’Europa come si sta manifestando in questo contesto, oltremodo vincolante anche dal punto di vista equilibri economici mondiali? Da buoni italiani possiamo consideraci parte integrante di questa Europa; possiamo dire di aver ben compreso che cos’è l’Unione Europea? Tutto questo dovrebbe essere motivo d’imbarazzo, ma in quest’Italia sconquassata dall’oscurantismo politico degli ultimi anni, poco interessa quanto continuano a (non) fare i rappresentanti della politica estera italiana. Tutto questo va ad aggiungersi alla sconcertante défiance subita dal processo di unificazione dell’Unione Europea a causa della bocciatura dei referendum sulla Costituzione dell’Ue, da parte del popolo francese, belga e Paesi Bassi. Dal 1° dicembre 2009 i burocrati di Bruxelles hanno ufficializzato Il così chiamato Trattato di Lisbona approvato dal Consiglio Europeo (Capi di Stato e di Governo), che non rappresenta altro che la cancellazione di ogni possibilità di avere una “Costituzione” e introduce una sorta di Testo unico, in cui sono solo recepiti e riordinati testi giuridici preesistenti, con poche vere innovazioni e senza alcun trasferimento di sovranità da parte delle Nazioni Costituenti. Ragione per cui ne hanno potuto prendere spunto nazioni “forti” dal punto di vista sia sociale che politico-economico: la Francia (in particolare per la politica estera) e la Germania (per la politica economica).
Ecco quindi che la realtà di oggi mostra un bisogno impellente di una nuova visione di Governare l’Italia, che possa dunque contemplare questi due nuovi riferimenti. Se da una parte emerge chiaramente la necessità di confrontarsi a livello internazionale con un’unica entità: l’Unione Europea, dall’altra prende il sopravvento la mancanza di fiducia nelle Istituzioni e nel Sistema politico italiano. C’è bisogno dunque di un qualcosa che rivalorizzi la potenzialità espressa dalla società civile che comunque si rifaccia alle nostre radici culturali, che si sono forgiate nel tempo dando origine a quei valori essenziali che hanno caratterizzato fino a qualche anno fa la nostra identità. Quando il manifestarsi al mondo come “italiano”, comportava identificarsi agli occhi degli altri in quell’insieme di comportamenti che hanno fatto della storia e del retaggio italiano un riferimento comune per il mondo intero. Possiamo essere siciliani, napoletani, romani, milanesi, veneziani, ma il processo d’integrazione culturale cui noi tutti siamo andati soggetti nel corso dei duemila anni di storia italiana, ci ha caratterizzato al punto tale da assumere una “diversità”, viva Dio, tutta italiana. La stessa diversità che ci differenzia dai francesi, dagli inglesi, e dai tedeschi, ma proprio per questo è da considerare come nostro punto di forza per la formazione di radici comuni in Europa. Certamente gli ultimi decenni hanno notevolmente interagito nel nostro essere “italiano”.
La globalizzazione, l’internazionalizzazione dei mercati e soprattutto la costituzione dell’Unione Europea hanno modificato i valori di fondo della nostra società, allargando i nostri orizzonti su altre culture e tradizioni che nel loro insieme hanno dato origine a quella che oggi sempre più va insistendo sul termine identità europea. Un’Europa dunque senza frontiere nel vero senso della parola. Ecco quindi che “Fid”, così come ogni entità politica che si ispiri al cambiamento, inclusa “La Comunità de L’Opinione”, dovranno esaminare anche la nuova dimensione di un’Italia immersa nel nuovo contesto Europeo, con annesse problematiche di cittadinanza (europea) e integrazione. Il progetto unitario dovrà, dunque, abbracciare obiettivi politici. La matrice culturale italiana, se veramente si sente degna di questo nome, non potrà fare a meno di ancorare il proprio futuro alla difesa dei valori dell’identità europea e a una innovativa proposta di un “Consiglio Europeo Costituente”, che possa degnamente ridisegnare il complesso etico, giuridico e sociale del quadro geografico e istituzionale di una nuova Europa-Stato (Federale, alla maniera Svizzera?), senza più paure di accentramento di alcuni poteri a livello centrale Europeo. E se risulta difficile ipotizzare un Consiglio Europeo Costituente a 28 nazioni, perché non esaminare l’eventualità di un ritorno alle origini? La Comunità Economica Europea fu creata nel 1957 grazie alla volontà comune manifestata dai primi sei Stati che firmarono il trattato di Roma (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi). Si potrebbe anche ipotizzare uno start-up degli Stati Uniti d’Europa limitato a queste sei nazioni o, volendo, al massimo allargato agli Stati dell’Eurozona.
di Fabio Ghia