martedì 14 maggio 2013
L’ex segretario del Pd, erede del Pci, Bersani, ha ceduto il posto al nuovo leader, Guglielmo Epifani, eletto l’11 maggio con circa l'86% dell'assemblea del partito. Con Epifani è come se i postcomunisti avessero eletto a capo un Ottaviano del Turco, il segretario aggiunto Cgil, esponente minoritario dei socialisti craxiani della maggioranza sindacale Pci tra il’70 e l’86. Il Psi divideva la presenza sindacale tra Uil e Cgil, non sapendo decidersi tra socialdemocrazia e frontismo. Del Turco stava a Luciano Lama come Epifani lo è stato dei comunisti Trentin e Cofferati, di cui tra ’93 e ’02 fu il “socialista” aggiunto Cgil. Se Del Turco fu uno degli ultimi segretari del Psi craxiano, così è stato detto che Epifani fu nel 2003 il primo segretario socialista della Cgil dopo Buozzi nel ’44.
In realtà sia Del Turco che Epifani pilotarono la dissoluzione della propria parte, partecipando della schiera dei socialisti dell’oblio. Se si vuole trovare qualcosa di socialista in Epifani, bisogna risalire molto negli anni, fino alla tesi di laurea di filosofia incentrata su Anna Kuliscioff. Se Del Turco aveva ancora un seguito ed un partitino (lo Sdi di Boselli), Epifani non ha nemmeno questi. Acquiescente, anodino, è uno pseudosocialista che ha seguito i mal di pancia dei postcomunisti, così come le pietruzze seguono l’anda e rianda dell’acqua della battigia. Quando è servito, ha aperto gli occhi alla parola “riformismo”, il cui significato è aleatorio, non essendoci più rivoluzioni da fare, né riforme che non smantellino il pesante welfare odierno, difeso dai sindacati come un fortino, nell’incertezza dei risultati di un dibattito aperto.
Lo strano soggetto politico Epifani che potè comiziare da segretario Cgil per le elezioni sindacali in Telecom Italia dentro l’azienda, grazie all’antico legame di partito con l’Ad Bernabè, è perfetto però per l’attuale stato confusionale del Pd. Questo, numeri alla mano, ha vinto le elezioni. Proprio per questo ha cacciato il suo ex segretario. Se avesse perso le elezioni, Bersani sarebbe ancora al suo posto. Il Pd, partito nato nella società modernizzatrice globalizzata, fatta di Internet, di supericchi, di competitività, di freddo legalismo togato, di buroEuropa, non poteva accettare la semplice vittoria. All’indomani del voto, ha subito parlato dell’inesistente concetto di non-vittoria. O si vince o si perde; magari si pareggia. Il Pd le elezioni le ha vinte, ma non come avrebbero voluto i suoi dirigenti. Questi, come i figli di papà, che sdraiati nel lusso, parlano di giustizia sociale, avrebbero accettato solo la vittoria dell’utopia: Montezemolo e Chavez assieme al comando. Una vittoria schiacciante che permettesse loro di imporre un regime contraddittorio, stile Emilia o Toscana; un regime capitalisto-dirigista, dove pochi capi postsocialdemocratici destri in nome dei proletariati e lavoratori, sostengono il postcapitalismo finanziario ambientalista grazie ad una lunga pratica liberticida che ha distrutto ogni opposizione.
Bersani è stato, tra gli Errani, i Chiti, i Chiamparino, il migliore di questi destri capitalsociali dirigisti, eredi di D’Alema e della cinica visione berlingueriana di lotta e di governo; ma fuori dalle isole delle regioni rosse è naufragato. Il Pd, partito costruito, come il Pci, per stare all’opposizione, non ha perdonato a Bersani di essere il primo, l’unico, ex-postcomunista che abbia vinto con il voto delle urne. Lo ha cacciato, sostituendolo con due psudoesponenti di cattolici e socialisti, popoli elettorali esistenti solo nelle teste di chi mastica partitica. Due non-rappresentanti di non-gruppi. Lo ha sostituito con lo pseudoDc Letta junior, premier del governo e con lo pseudoPsi Epifani alla guida del partito. Letta ed Epifani, loro, potranno gestire l’esistente, potranno governare nella Grossekoalition con l’impresentabile centrodestra, potranno nei fatti, ricostituire il pentapartito laicocattolico non comunista che dirigeva l’Italia prima di Mani Pulite. Lo potranno fare perché non essendo stati comunisti, postcomunisti ed ex comunisti, non sporcheranno la memoria dell’ex Pci. Si comporteranno esattamente come ci si attende che facciano degli exDc ed exPsi, cioè male.
Saranno equivoci, compromissori, traditori, voltagabbana come veniva detto dei nenniani da parte dei comunisti. La tradizione berlingueriana comprende solo una gestione umbratile della realtà, nei sottotraccia degli enti locali, delle imprese parapubbliche e pubblicistiche; ma non ammette l’accettazione dell’odiata realtà alla luce del sole. Che lo facciano altri, i corrotti suballeati cattolici e socialisti. Chi spera in una scissione Pd, resterà deluso. I compagni batteranno sul tasto dell’unità, elogiando la conquista, in qualche modo, di Palazzo Chigi e dando le colpe ai traditori in pectore, Letta ed Epifani. L’elettorato dal 30% è già sceso al 20% ma il governo val bene una messa. Nel frattempo anche la mina Renzi, postdemocristiano che minacciava di decomunistizzare la sinistra italiana, è stata neutralizzata. Letta ed Epifani sono carte false ma coprono lo spazio politico del sindaco fiorentino. Da Palazzo Chigi e da Sant'Andrea delle Fratte, sede Pd, intanto verranno avanzate ed attuate politiche di destra, le uniche ormai, condivise da tutti: eliminazione del finanziamento pubblico, meno tasse, ritorno alla direzione pubblica unitaria del’industria, magari il presidenzialismo. Le ministre nere resteranno lì a fare colore. Perché meravigliarsi? Gli elettori dei gruppi di riferimento di Letta ed Epifani, cattolici e socialisti votano a destra già da “illo tempore
di Giuseppe Mele