martedì 14 maggio 2013
Il Tea Party è nel mirino. Negli Stati Uniti, i militanti del movimento anti-tasse, così come tutti i gruppi conservatori che contengono la parola “patriots” nella loro sigla o le associazioni che proclamano di voler difendere la Costituzione, sono state inquadrate nel mirino della Irs, l’agenzia di riscossione delle imposte. Essere patrioti o voler difendere la Costituzione è sinonimo di evasione: motivo in più per pensare che le tasse e questo “Grande Fratello” burocratico statale siano anti-costituzionali. Persino Obama è dovuto scendere in campo per difendere pubblicamente i Tea Party.
In Italia la situazione è… molto peggiore. Nel senso che nel Bel Paese non c’è una Costituzione che garantisce la proprietà privata come un diritto fondamentale, ma la inquadra fra i diritti economici, laggiù in fondo, nel Titolo III, limitata e limitabile da leggi ordinarie che ne devono assicurare la “funzione sociale”. Da noi, chi difende la Costituzione “più bella del mondo”, vuole (o voleva, fino pochi anni fa) sopprimere la proprietà privata. Di sicuro, a quasi nessun politico verrebbe in mente di difenderla dall’ingerenza dello Stato. Salvo poi constatare che l’elettorato è inferocito da tasse troppo alte. Nelle elezioni comunali c’è un problema in più: i Comuni, che riscuotono le tasse ai cittadini, poi le devono versare alle casse di Roma, dello Stato centrale. Quindi si è venuta a creare un doppio strato di imposizione: del pubblico sui privati cittadini e dello Stato centrale su tutte le periferie.
A Lodi, alla periferia dell’Impero, capoluogo di provincia della Lombardia meridionale, il Tea Party Italia appoggia la campagna elettorale di un suo aperto sostenitore alla carica di sindaco: Andrea Dardi, sostenuto dalle liste di Fratelli d’Italia e Pensionati. In questa tornata di elezioni amministrative, è il primo candidato sindaco vicino al Tea Party. Lunedì ha firmato il pledge (“promessa) “Una firma contro le tasse”, un impegno solenne a votare contro ogni aumento della tassazione locale, a votare contro ogni aumento della spesa pubblica locale e a battersi per la maggior autonomia fiscale possibile del proprio Comune. “Una firma contro le tasse” è un’iniziativa italiana, ma è direttamente collegata con il mondo anti-tasse statunitense: la patrocina l’Americans for Tax Reform di Grover Norquist, la più potente lobby in difesa dei contribuenti in tutto il mondo, in grado di far cadere la testa anche al presidente Bush (padre) quando non ha rispettato la sua promessa.
Qui non si parla di presidenti (che non possono essere eletti direttamente), ma di sindaci. Ma nel suo piccolo, un comune può fare molto. Può dare l’esempio. Come mai Fratelli d’Italia e Pensionati lo sostengono e non il PdL? Dardi corre come “unico autentico centro-destra”, perché il PdL presenta, quale sua candidata (assieme a Lega Nord e altre liste civiche) Giuliana Cominetti. Cioè il vicesindaco uscente di Lodi… di centro-sinistra. Quindi, se la destra va a sinistra, il Tea Party, con Fratelli d’Italia e Pensionati, diventa l’unica destra. Un po’ come negli Usa, d’altronde, dove i candidati più statalisti e bi-partisan dei Repubblicani si sono scontrati con i candidati repubblicani tutti-d’un-pezzo sostenuti dai Tea Party, in due schieramenti opposti. «Io penso che a livello locale si sia copiato il peggio di ciò che avviene a livello nazionale – ci spiega Andrea Dardi – attualmente assistiamo a un governo-accozzaglia che, di fatto, è la prosecuzione dell’esperienza Monti. Al posto dei tecnici abbiamo politici di entrambe le parti. È un’esperienza che, a mio avviso, non avrà un futuro e farà il male del nostro Paese. Allo stesso modo, qui a Lodi si è cercato, da parte del PdL e della Lega, di agganciare quella che era una persona di sinistra, vicesindaco uscente, che per 13 anni ha vissuto nell’ambiente di centro-sinistra, più volte candidata dal Pd. PdL e Lega credono che questo sia il cavallo vincente per conquistare il Comune. Compiendo così un errore clamoroso. La candidata attuale ha aumentato le tasse per le famiglie: essendo titolare della delega alle politiche sociali, per esempio introducendo i ticket al servizio del doposcuola. All’improvviso c’è una sorta di conversione e questa signora è saltata al centro-destra». Come mai, una realtà di produttori lombardi, in un periodo in cui il governo stesso si mostra sensibile sul tema della tassazione troppo esosa, il centro-destra propone una candidata di centro-sinistra? «In particolare il PdL ha avversato certe battaglie che avevo portato in Consiglio Comunale, già in tempi non sospetti. Per esempio la mozione anti-Imu del Tea Party: il capogruppo del PdL non ha voluto proporla. Quel partito che nel nome porta la “Libertà”, di libero ha ben poco, ormai. Se non nulla. Con questa esperienza di governo si sta dimostrando il partito dello statalismo». A proposito di Imu, cosa si intende fare? «Quel che un sindaco può fare è unirsi ad altri sindaci per rendersi promotore di una battaglia sul gettito dell’Imu, che attualmente è diviso fra un 50% che resta sul territorio e un altro 50% che va allo Stato centrale. Il comune finisce per essere l’esattore per conto di Roma. Come sindaco (anzi: come sindaci) dobbiamo condurre una vera e propria campagna. Che va al di là delle differenze geografiche, di Nord e Sud: dobbiamo far pesare la nostra voce a Roma, perché tutto il gettito dell’Imu resti nei comuni. Questo sarebbe solo un primo, ma importante, passo, verso l’autogoverno fiscale. A livello nazionale, troviamo tanti politici disposti a parlare di federalismo, ma che poi, nei fatti, avallano certe decisioni che vanno in senso opposto. Come l’approvazione dell’Imu, avvenuta nel 2011: così strutturata, affossa l’idea stessa di federalismo». Lei, però, non abolirebbe l’Imu? «Fosse per me, l’abolirei subito. Anche perché il mercato immobiliare ha già subito una batosta a causa della crisi economica. L’Imu, così come è stata introdotta, sulla prima casa e sulle altre, ha dato il colpo di grazia. Noi, a livello comunale, vorremmo ridurre le aliquote Imu sulle famiglie, dunque sulla prima casa, sia sui negozi adibiti a botteghe artigianali e commerciali. Le risorse andrebbero reperite con uno stock di privatizzazioni, poiché il comune di Lodi è presente in alcuni settori (come, ad esempio, quello delle farmacie) dove l’attore pubblico non ha più senso. Oltre a una vera cura dimagrante, che tagli studi e consulenze esterne e cerchi di sfruttare al massimo le risorse umane che già lavorano nella macchina comunale. L’obiettivo finale, compatibilmente con le risorse disponibili, è e resta l’abolizione totale dell’Imu. E nel frattempo, cercheremo di muoverci, a livello regionale (e possibilmente nazionale) per tenere le risorse sul territorio».
di Stefano Magni