Dobbiamo emarginare gli opposti estremismi

sabato 11 maggio 2013


Nonostante le prospettive del Paese restino alquanto oscure, con lo spettro di una giustizia politicizzata che rischia di far saltare l'attuale, fragile governabilità, è comunque indubbio che la svolta delle larghe intese rappresenti una grande opportunità per i due blocchi che da vent'anni si contendono il governo del Paese. Una occasione la quale se andasse sprecata consegnerebbe l'Italia al peggiore, irresponsabile qualunquismo, con tutta una serie di catastrofiche conseguenze. Sotto questo profilo, sebbene io spesso non ne condivida alcune sue recenti posizioni nel campo dell'etica, debbo dare ragione a Giuliano Ferrara quando esorta il Pdl a non sprecare l'occasione di uscire dalla lunga, quanto sterile, contrapposizione basata sull'antiberlusconismo militante.

Una contrapposizione che ha strutturato nel tempo due agguerriti eserciti di tifosi in lotta, contribuendo con ciò a determinare nel sistema un sostanziale stallo sul piano delle riforme. In pratica, al pari di ciò che accadeva durante la prima Repubblica, si è vissuta una lunga guerra di religione tra buoni e cattivi, lasciando però che il sistema proseguisse la sua inesorabile deriva verso il fallimento. In una sorta di bipolarismo del nulla, in cui ad una economia praticamente ristagnante ha fatto da contraltare una crescita costante della spesa pubblica e della pressione fiscale. Tuttavia, la citata contrapposizione tra buoni e cattivi ha nei fatti impedito che ci si concentrasse sui veri nodi da sciogliere, evitando di adottare quelle impopolari ma necessarie riforme di sistema. Ed ecco che a qualche passo dal baratro economico e politico, con il fiato sul collo di un grillismo in apparente reflusso, si presenta per l'appunto l'opportunità di rifondare lo stesso bipolarismo su una base finalmente civile, con una sinistra e una destra che si confrontano essenzialmente sul piano delle riforme medesime. Ma ciò implica che, soprattutto in questa delicatissima fase, i talebani dei due schieramenti vengano emarginati, dando spazio a chi vuole uscire, nell'interesse del Paese, dalla vecchia contrapposizione centrata sulla figura del Cavaliere.

Per questo motivo sulla questione spinosa dell'Imu, divenuta una sorta di scivolosa linea del Piave, sarebbe un grave errore che prevalesse la linea oltranzista, cercando di capitalizzare nel modo più spregiudicato l'attuale, evidente difficoltà del Partito democratico. Solo che in questo modo si rinforza nel fronte opposto la fazione dei cosiddetti falchi, ostacolando non poco la sviluppo di una sinistra finalmente civile che abbandoni a loro destino di pura testimonianza le fazioni massimaliste, da sempre intente a cavalcare qualunque forma di protesta. D'altro canto, nello specifico, il tema fondamentale dell'eccesso di tassazione, il quale sta letteralmente strangolando l'intera economia, andrebbe affrontato su un piano sistemico, evitando di focalizzare l'attenzione su una singola imposta, soprattutto se la sua eliminazione non fosse seguita da una pari riduzione della spesa corrente. Sotto questo profilo, Imu o non Imu, occorre assolutamente evitare di eliminare una odiosa gabella in deficit o, ancor peggio, sostituendola con altre tasse. Se il governo delle larghe intese vuole veramente imprimere una svolta al Paese, dovrebbe abbandonare una volta per tutte il gioco fiscale delle tre carte, avendo il coraggio di spiegare agli italiani che la politica della botte piena con moglie ubriaca è finita per sempre.


di Claudio Romiti