È arrivato il momento: basta demagogia

giovedì 9 maggio 2013


Con il perdurare della crisi economica, si sta consolidando un sinistro schema mediatico di pseudo approfondimento politico. In sostanza, in molti talk del piccolo schermo si invitano alcuni personaggi del nostro variopinto circo politico, mettendoli a confronto con la rabbia schiumante di gruppi di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro o che sono in ballottaggio per perderlo. L'intento di chi organizza un simile spettacolo è ufficialmente quello di aiutare questi ultimi, quasi obbligando i rappresentanti del popolo in studio a dare una risposta soddisfacente. Ma in realtà i vari Santoro, Iacona, Formigli, Del Debbio, Gruber, Paragone e compagnia cantante cercano solo di aumentare il proprio odience, cavalcando nel modo più spregiudicato la comprensibile ansia di chi rischia di finire nel mondo dei disoccupati.

E considerando la situazione generale del Paese, tutto ciò non può che aggravare la tensione crescente all'interno della società, alimentando sbagliate e pericolose aspettative in un popolo eccessivamente incline ad aspettarsi dalla politica la soluzione di ogni problema. Per questo motivo continuo, pur nutrendo un certo pessimismo di fondo, a ritenere fondata l'idea di una grande coalizione quale strumento privilegiato per superare le false contrapposizioni del passato, assumendo collegialmente un duro ma necessario atteggiamento di piena responsabilità. E sotto questo profilo, tornando al tema iniziale, sarebbe auspicabile che gli esponenti dell'attuale maggioranza cominciassero a parlar chiaro soprattutto sul fronte del rilancio economico e dell'occupazione. Dato che non esiste una leva di governo per influire direttamente sullo sviluppo e sulla creazione di nuovi posti di lavoro -a meno che non vogliamo ripetere la catastrofe dei piani quinquennali di staliniana memoria- , l'unica strada che l'attuale esecutivo ha per migliorare le cose è quella indiretta.

Ovvero, esso dovrebbe gradualmente ma significativamente ridurre il perimetro dello Stato -quindi meno spesa, meno tasse e meno burocrazia- onde consentire alla tanto bistrattata mano invisibile di riprendere fiato. Solo in questo modo la libertà d'iniziativa, vero motore dello sviluppo, troverebbe le risorse ed un terreno assai più favorevole per una ripresa equilibrata. Ma per ripartire da questo principio occorre smetterla con la sinistra tentazione di promettere nel campo dell'occupazione interventi salvifici da parte della politica, come -ad esempio- ho sentito fare dalla talentuosa ragazzotta del Pdl Lara Comi nel corso del pollaio mediatico condotto da Corrado Formigli. Costei, infatti, rispondendo alle urla ed alle invettive di alcune operaie di una fabbrica decotta del grossetano -rigorosamente targate Cgil- ha cercato di calmarle, promettendo un suo diretto interessamento come parlamentare europeo.

Ovviamente la Comi, da diligente apprendista di una politica che mira da sempre alla ricerca del consenso, si è sostanzialmente mossa sulla falsariga di uno schema ben collaudato. Uno schema il quale, però, una volta finiti i soldi degli altri non può più essere utilizzato per raccontare favole a chi pretende, in buona sostanza, che lo Stato si faccia garante del proprio stipendio, sotto la mascheratura del diritto costituzionale al lavoro. Forse la giovane rappresentante del Pdl non sarà stata l'esponente politica più adeguata allo scopo, ma è comunque indubbio che pure in quel di "Piazzapulita" si è persa l'ennesima occasione per raccontare al popolo dei telespettari una verità diversa sullo sviluppo e sull'occupazione.


di Claudio Romiti